Beni culturali nella
società dell'Informazione
di
Giovanna Melandri
Ministro
per i Beni e le Attività Culturali
Italia
ed Europa possono avere un ruolo di leadership nella
costruzione di contenuti culturali fatti di spettacolo
editoria,musica,oltre che di fruizione di beni culturali.
L'apporto dei privati a fianco dello Stato sta favorendo
una più ampia valorizzazione del nostro patrimonio in
cui la fruizione diretta e mediata dalle tecnologie sono
complementari. Va però esteso l'uso delle tecnologie da
casa e vanno attivati nuovi punti d'accesso pubblici.
C'è una
considerazione da cui vorrei partire per affrontare il
tema del ruolo e della posizione della cultura nella
Società dell'informazione. Le politiche culturali del
Terzo Millennio non possono in alcun modo prescindere
dalla terza grande rivoluzione industriale; dalla
rivoluzione digitale che ha trasformato la materia in
sequenze binarie di bit.
E sulle autostrade dell'Informazione bisogna scegliere
che ruolo giocare. Se costruirle o percorrerle. L'Italia,
l'Europa per la sua storia, per la sua tradizione
culturale di millenni ha probabilmente perso la sfida
dell'hardware, può riagguantare al volo i treni del
software applicativo e dei servizi, ma ha in sé
intrinsecamente il ruolo di produttore di contenuti.
Certo in Europa operano grandi operatori delle
telecomunicazioni, ed anzi sempre più c'e' da augurarsi
in prospettiva che la scala globale dei mercati sia tale
da spingerli verso alleanze strategiche.
E tuttavia a me sembra chiara una cosa; se l'Europa ha
perso molti treni nel suo posizionamento sulle reti della
comunicazione globale - di sicuro quello dell'hardware -
può ancora giocare un ruolo dominante nella produzione
di contenuti.
L'Italia, l'Europa la sua cultura è in sé contenuto.
L'Europa può ancora giocare, anzi acquisire una
leadership strategica nella produzione di contenuti. Di
quei contenuti di cui le reti delle comunicazioni avranno
sempre più bisogno.
La rete, i nuovi media, ne sono convinta, si qualifica
per ciò che circola. E la stessa televisione, mezzo
concettualmente superato, ma duro a morire si modifica a
causa dell'apparizione della tv digitale.
In questo senso, nei nuovi canali della comunicazione
(Web-tv, pay-tv, video-on-demand, pay-per-view,) i
prodotti ad utilità immediata (sport, grandi eventi,
informazione) hanno un effettivo ed indubbio ruolo di
traino nello sviluppo di nuove reti. Ma il fattore
concorrenziale cruciali risiede nei prodotti ad utilità
ripetuta: il cinema, ma anche l'editoria, lo spettacolo,
la musica, la fruizione dei beni culturali.
Questo è il vero tesoro su cui l'Italia sta seduta
sopra, in attesa di sfruttarlo come conviene. Sia in
termini economici sia come elemento di crescita
culturale.
Solo ora lo stiamo cominciando a fare, tentando di
colmare un ritardo che vede i nostri musei, le nostre
collezioni, i nostri archivi e biblioteche ancora alle
prese con una informatizzazione e digitalizzazione
difficile e complessa.
Da questo punto di vista l'apporto del privato sia in
termini di risorse che di capacità manageriale ed
industriale è come sempre strategico. In questi ultimi
mesi, a partire dalla riforma del Ministero, i Beni
Culturali stanno lanciando una nuova stagione di alleanza
con il privato; le risorse dello stato infatti non
saranno mai sufficienti a valorizzare un patrimonio così
vasto come il nostro.
Allo stesso modo, esistono in Italia realtà industriali
medie, piccole e grandi in grado di trasferire risorse e
know-how sufficienti per trasformare anche in un fattore
di sviluppo economico l'utilizzo delle tecnologie
digitali e della Società dell'Informazione in questo
settore.
Un Cd Rom del Louvre, anche il più sofisticato, il sito
Web con la migliore definizione video, non sostituirà
mai una visita al Louvre; vedere il Cenacolo con i propri
occhi è un'esperienza che non è in nessun modo
surrogabile.
Ma non vorrei che ci perdessimo dietro comparazioni che
non giovano; non dobbiamo stabilire cosa sia meglio;
possiamo anche disquisire sulla questione "L'opera
d'arte vale per il contenuto che esprime o anche il
supporto su cui essa si mostra - quadro o libro che sia -
è parte del suo valore artistico e culturale?", ma
non credo che sia questo il modo esatto di mettere a
fuoco il nostro tema.
Stiamo parlando di esperienze diverse, non comparabili. E
non stiamo certo parlando di sostituire un modo di
fruizione ad un altro. Stiamo parlando, piuttosto, di
come allargare la fruizione.
L'utilizzo della multimedialià, della digitalizzazione
applicata ai beni culturali, ma anche ai settori dello
spettacolo, va vista come un'opportunità: l'opportunità
di estendere la fruibilità superando confini geografici,
di fare arrivare le ricchezze della nostra arte e della
nostra cultura laddove essi non arriverebbero, la
possibilità di farle conoscere e girare per il mondo
senza doverle spostare dalla loro sede.
Di spostare, dunque, il luogo della fruizione, seppure lo
ripeto di una fruizione diversa , dal luogo in cui o beni
culturali stanno al luogo in cui noi decidiamo di stare.
L'industria dei contenuti (e ci metto dentro i beni
culturali ma anche lo spettacolo ed in particolar modo il
cinema e l'audiovisivo) costituisce quindi un settore
strategico per lo sviluppo future sociale ed economico
del Paese. L'Italia deve trovare un doppio passo:
rimettere in campo una progettualità da vera e propria
industria culturale ma anche specializzarsi in offerta di
contenuti culturali "a denominazione di origine
controllata".
Questo è reso possibile dallo straordinario magazzino di
memoria culturale ed artistica presente nel nostro Paese
e dalla vitale disseminazione di esperienze e competenze.
Forze ed energie per il momento sottoutilizzate nel loro
aspetto espansivo da una concezione prevalente della
cultura come settore economico residuale.
Errore strategico da cui non è mai troppo tardi
sterzare.
Questa valorizzazione va detto , risulta incompleta,
seppur meritoria, se ad essa non sia accompagnano
politiche volte a rendere l'uso delle tecnologie
economicamente e socialmente sostenibile da strati della
popolazione molto più ampi rispetto a quella bassa
percentuale di italiani che oggi ha un computer o naviga
in rete: è inutile costruire acquedotti o elettrodotti
se poi non si mettono i rubinetti e gli interruttori
nelle case delle persone.
L'uso pubblico, la creazione di porte di accesso alla
multimedialità pubbliche e gratuite è fondamentale; in
questo senso va la creazione di piazze virtuali o di
mediateche, in corso di realizzazione anche con il
supporto di questo Ministero (penso al Caso dell'Ex Sala
Borsa di Bologna o di Santa Cristina a Milano).
Ma è solo incentivando l'acquisto e l'uso domestico di
hardware e connettività e poi l'alfabetizzazione
digitale attraverso la scuola che si renderanno questi
mezzi di comunicazione veramente di massa e, dunque,
veramente democratici.
Da questo punto di vista le politiche pubbliche hanno un
ruolo importante.
Liberare energie e risorse, valorizzare le competenze e
l'apporto del privato, ma anche costruire le condizioni
perché i prodotti dell'industria culturale abbiano un
mercato aperto e d una domanda autentica, non drogata, ma
vitale. Da questo punto di vista le indicazioni contenute
nel DPEF recentemente proposto dal Consiglio dei Ministri
in sostegno dell'uso di tecnologia da parte dei cittadini
ed in sostegno delle imprese di contenuti multimediali
vanno nella direzione giusta. Spiace dire che sono ancora
poca cosa, se comparata alla necessità che ha il nostro
Paese di fare un salto qualitativo.
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