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E’
un sabato come tanti a Roma. Di fine estate. Le tre del pomeriggio e il
sole che illumina la terra e i ciuffi d’erba giallastri del Circo
Massimo. Un paio di cani scorrazzano. Sembrano inseguire due ragazzi che
si divertono su e giù con le loro mountain-bikes. Non lontano un
ragazzino è seduto a terra. Si infila un paio di pantaloncini.
E’ biondino, secco, la faccia imberbe. Tira fuori le scarpe e una
maglietta dallo zaino, che ora butta via. Poi, la mazza e una pallina.
Gli altri non sono ancora arrivati, a parte Robert.
Ma Giovanni Assettati, romano, non ancora diciottenne,
è già pronto per allenarsi.
“Noi la squadra di lacrosse?
Beh, in un certo senso...”, risponde con un certo imbarazzo. Lentamente
arriva anche Gabriele Franchi, il più piccolo di tutti, con i suoi
15 anni. Poi Edoardo Capizzi, Aimone Ferrario Bonanni e Saverio Bersani,
coetanei di Giovanni. Si rivedono per la prima volta dopo le vacanze.
Sorrisi, scherzi e qualche battuta sulla scuola che sta per cominciare.
Salteranno un paio di giorni, almeno. Forse tre, con un buon lavoro di
convincimento a casa.
C’è anche il padre di Saverio. Vuole essere rassicurato sul
viaggio. Come non capirlo. Suo figlio è stato da pochi mesi trascinato
in questo sport. Come tutti gli altri, del resto. Si fatica a parlare
di squadre, campo, attrezzature. Ma spunta fuori un torneo internazionale,
un viaggio a Salisburgo. Ascolta il programma, osserva i ragazzi che riprendono
confidenza con gli sticks.
Poi lascia a Robert la quota per il viaggio. E si allontana.
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