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“Il
lacrosse
è la sintesi di rugby, basket e calcio”. Venerdì mattina.
Peter si è appena seduto in mensa. Non ci sono cornetti, nè
caffè all’italiana. Nel piatto pane e affettati. “Serve
il coraggio, quello dei rugbisti; la tattica e l’uno contro uno
del basket; non ultima, la visione di gioco di un calciatore”. Peter
sa quello che dice. Del resto, come contraddire un inglese su rugby e
calcio. Certo, al di là della Manica non eccellono nel basket.
Peter, però, è un ex cestista. E oggi allenatore. In Italia,
dove vive da 20 anni. Per amore, come nelle più classiche delle
storie.
Peter Hodkin ha lunghi capelli, a coda. E’ alto
e magrissimo. I suoi 42 anni si rivelano nel viso segnato, e nel bianco
che appare nella sua chioma. “Questi ragazzi sono fantastici. Neanche
si rendono conto di quanto è importante il fatto che si trovino
qui – racconta mentre spalma della marmellata su una fetta biscottata
– ma un giorno, quando anche in Italia si giocherà a lacrosse
– i suoi movimenti sono sempre più bruschi e frenetici, il
tono accelerato – potranno dire di esserne stati i fondatori. I
primi giocatori della nazionale – scandisce le lettere - e a soli
15-16 anni. E il prossimo anno, non ancora maggiorenni, parteciperanno
ai campionati europei”. L’appuntamento, infatti, è
per la prossima estate. A Praga.
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