Inspira
lentamente. Il concerto di otto campane è lì
a terra, che lo attende. E a causa di una campana la melodia è
stonata.
Chissà a cosa pensa il maestro Claudio Stucchi mentre si
avvicina lentamente con il batacchio in mano, pronto a far vibrare
i sacri bronzi.
Deve farle suonare tutte per trovare quella stonata. Una alla
volta, con tocchi leggeri: do, re, mi…
Senza esitazioni sorride e indica la terza: è quel “mi”
che non è più “intonato”, la colpa è
sua se il concerto non è più armonico.
“Senti
come cala?” dice, mentre con un gesto furtivo
afferra il diapason,
un piccolo oggetto di metallo che sta in una mano. Ora bisogna
trovare la sonorità giusta, quella che la campana, a causa
dell’usura e del tempo, ha perso.
Chiude gli occhi mentre accosta il diapason alla campana dopo
averla colpita. In questo modo sente come vibra
il bronzo: un colpetto al diapason, un altro alla campana finché
non si trova la sonorità
giusta.
"Quando siamo vicini alla nota giusta - spiega Stucchi -
il diapason appoggiato alla campana la fa vibrare. Più
dura la vibrazione, più siamo vicini alla sua nota naturale".
Poi il professore afferra un gessetto bianco e colora l’interno
del sacro bronzo, proprio lì, dove l’operaio dovrà
limare.
Ed ecco che entra in scena l'operaio che, con una lima, esegue
gli ordini di Stucchi.
Tocca poi di nuovo a quest’ultimo accostare l’orecchio
al diapason, far vibrare la campana e sentire se è “guarita”.
“Bisogna stare attenti però – ammonisce –
se si lima troppo la campana diventa irrecuperabile e
bisogna fonderla”.
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