Il Cisam di San Piero a Grado
PISA – Le acque del canale dove intorno al 1600 navigavano i navicelli, carichi di prodotti da vendere nei mercati di Pisa e Livorno, oggi si mischiano con le acque che, alle spalle della Seconda Guerra Mondiale, raffreddavano le barre di uranio del reattore del Centro di applicazioni militari dell’energia nucleare, il Camen di San Piero a Grado. Nel canale dei Navicelli, collegato con il Mar Tirreno, sono stati riversati oltre 700mila litri di acqua radioattiva decontaminata, proveniente dalla piscina di raffreddamento del reattore di ricerca che per diciassette anni, dal 1963 al 1980, ha fornito energia agli esperimenti militari sull’impiego del nucleare. Esperimenti segretati dal Ministero della Difesa e di cui ancora non si conoscono tutti i particolari, cessati dopo la firma del Trattato di non proliferazione nucleare e poco prima del referendum che ha determinato il graduale spegnimento di tutti i reattori italiani.
Passata in un primo momento in sordina, l’operazione ha destato la preoccupazione dei cittadini di Pisa e, soprattutto, di Livorno solo quando era a un passo dalla fase finale. Si sono mobilitati comitati cittadini e partiti, chiedendo pareri di periti nucleari e ponendo interrogazioni parlamentari. Vista la situazione, il Centro interforze Studi per le Applicazioni Militari, quello che una volta era il Camen oggi ribattezzato Cisam, ha deciso di aprire le porte e rendere il più trasparenti possibile le proprie attività di decommissioning.
Quella in atto può essere definita la seconda delle grandi operazioni di dismissione dell’ex reattore. Il costo complessivo è stato stimato intorno ai 30milioni di euro, a carico del Ministero della Difesa. La gara d’appalto per il trattamento delle acque della piscina e la messa in sicurezza dei fanghi di materiale radioattivo, prodotti dall’operazione, se l’è aggiudicata la ditta spagnola Lainsa, per 4 milioni di euro. “Mi sono occupato personalmente della scelta del metodo che ho ritenuto il più efficace e il meno dispendioso – ha dichiarato l’ammiraglio Domenico De Bernardo, ispettore capo Cisam fino al marzo scorso e responsabile delle operazioni – Il nostro è un progetto blindato e trasparente”.
La prima fase del decommissioning è iniziata a metà degli anni Ottanta, con il trasferimento dell’uranio usato nell’impianto di Saluggia, e conclusa nel 2002 con l’invio del combustibile nuovo in Francia. Cinque anni dopo è stata smantellata una parte secondaria dell’impianto e avviate le procedure per trovare i fondi necessari a terminare tutto lo smantellamento, che dovrebbe concludersi nel 2020. Le operazioni nel canale dei Navicelli sono iniziate il 15 novembre 2013, dopo il via libera di Enea, l’ente pubblico nazionale che si occupa di studi e ricerche su energia, ambiente e nuove tecnologie e che aveva effettuato analisi su un primo campione di 30 metri cubi d’acqua, sottoposta al trattamento. L’iter preventivo per l’autorizzazione ha coinvolto la Provincia di Pisa, che ha la responsabilità diretta sulle acque del canale, e lo Stato Maggiore della Difesa, organo competente al rilascio dell’autorizzazione al decommissioning. Dal momento che quello di San Piero Grado era un impianto militare l’iter previsto è diverso rispetto agli altri. Ulteriori pareri sono stati chiesti a Ispra, l’organo competente per le istruttorie tecniche di decommissioning degli impianti nucleari civili, e Arpat. Ottenuti i via libera, a cadenza regolare di 30 metri cubi a settimana, le acque sono state fatte passare direttamente dalla piscina a un impianto della Lainsa, posizionato sotto l’edificio del reattore, che ha effettuato la decontaminazione tramite evaporazione sottovuoto. Da qui trasportate con delle autobotti fino al canale e rilasciate. Dalla prima all’ultima tappa, ci sono tutta una serie di operazioni intermedie, che prevedono ulteriori controlli di tutti gli enti coinvolti.
L’esperienza del Cisam, che di per sé sembra un’operazione trasparente e attuata nel rispetto delle normative, solleva la questione più ampia dello smaltimento dei rifiuti nucleari, per la quale il nostro paese è ancora in cerca di una soluzione. E non solo il nostro paese.