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Se le opinioni sovrastano i fatti: le vie del potere che uniscono Italia e Ungheria

di e    -    Pubblicato il 16/04/2015                 
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Marco Bracconi, giornalista Repubblica.it

Marco Bracconi, giornalista Repubblica.it

PERUGIA – Italia e Ungheria così diverse ma così uguali. In entrambi i Paesi dilaga il giornalismo di opinione a discapito del racconto dei fatti. Così la libertà di stampa si comprime sotto i colpi del potere.

Di questo si è parlato al Festival del giornalismo di Perugia durante gli incontri dedicati al rapporto tra giornalismo e potere in Ungheria e Italia. Due realtà certo difficili da raffrontare: il governo di Budapest assomiglia più alla dittatura di una maggioranza parlamentare che a un Paese democratico. Lo dimostrano i continui richiami dell’Unione Europea per lesione dei diritti fondamentali e in particolare per la contrazione della libertà di stampa. La legge che disciplina l’informazione nel Paese è molto restrittiva e impone un ampio controllo dello Stato sui media. Un esempio su tutti: in caso di violazione di uno dei 175 articoli di cui è composta i giornalisti rischiano fino a 89.000 euro di multa.

I problemi italiani. Nel nostro Paese, dove la legge non è altrettanto severa, le questioni sono altre: “La libertà di espressione ha più condizionamenti”, spiega Marco Bracconi, giornalista di Repubblica.it e curatore del blog Politica pop, intervenuto durante la conferenza Leadership, nuovi media e opinione pubblica.

“Uno è dovuto agli interessi economici ed editoriali che influenzano il modo di svolgere la professione, l’altro è dato dalla semplificazione e dall’astrazione dei concetti che ci rende meno liberi di comprendere i fatti. Un deficit che diventa quasi più grave della pressione del potere”. Un giornalismo appiattito sullo scontro politico, che si occupa dei leader e non dei programmi che vengono portati avanti. L’Italia oggi si trova al 73° posto nella classifica sulla libertà di stampa di Reporter senza frontiere mentre l’Ungheria al 65°. Scettico sulle modalità con cui vengono stilate le classifiche, Bracconi non ha dubbi: “Piuttosto che in Ungheria, rimango volentieri dove sono”.

Gergo Saling

Gergo Saling, direttore di Direkt36

La ‘dittatura’ ungherese. Non usa mezzi termini per descrivere la situazione nel suo Paese Gergo Saling, direttore di Direkt36, centro non-profit per la sperimentazione del giornalismo investigativo in Ungheria: “Gli ungheresi odiano i giornalisti – dice durante l’incontro Covering the supermajority – e penso abbiano le loro buone ragioni: la stampa non si occupa dei problemi delle persone e mischia le opinioni con i fatti”.

La situazione è peggiorata a partire dal 2010, quando Viktor Orban, leader del partito dell’Unione civica ungherese, di centro-destra, è salito al governo con una maggioranza schiacciante. “I media mainstream si sono arresi – dice Saling – diventando l’eco del potere. Ogni opposizione è stata prontamente silenziata”. Ne è un esempio il caso che ha coinvolto Saling in prima persona. Fino a giugno 2014 è stato direttore di Origo.hu, il principale sito ungherese d’informazione, curando molti progetti investigativi. Tra questi l’inchiesta sui rimborsi per le spese di viaggio di Janos Lazar, capo di gabinetto del primo ministro e suo probabile successore al governo. Due settimane dopo Saling ha lasciato la redazione a causa delle forti pressioni politiche.

L’esperienza indipendente. “A quel punto – continua Saling – ho deciso di mettermi in proprio è creare Direkt36. Per avviare il progetto ci siamo affidati principalmente alla Rete. In quattro mesi abbiamo raccolto più di 30.000 euro attraverso il crowdfunding. In questo modo abbiamo sviluppato molte nuove inchieste, continuando a mettere in evidenza la corruzione e il conflitto d’interesse degli uomini al potere”. Saling cita il caso dell’inchiesta sui fondi pubblici per le imprese di Istvàn Tiborcz, marito della figlia di Orban: “Sono già arrivate le prime intimidazioni, ma presto usciremo con nuove rivelazioni sul caso. La nostra forza sta anche nella comunità che ci supporta”.

In pochi mesi, infatti, il progetto di Saling ha avuto risultati eccezionali, riavvicinando i lettori all’informazione. “Per fare giornalismo seriamente bisogna tornare ai fatti e usare i dati, che, grazie alle norme sulla trasparenza, diventeranno sempre più accessibili”, sottolinea Saling. Il direttore poi commenta la situazione italiana: “Non conosco bene i media italiani ma da quello che ho potuto capire credo che il problema sia la preponderanza del giornalismo d’opinione”.

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