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La nuova frontiera: il voto on line
e la new democracy

Il primo esperimento in Arizona, riuscito

Alzarsi, leggere il giornale, fare colazione e poi, ancora in pigiama, sedersi al proprio computer e "votare". Non per un concorso a premi, né per eleggere miss Internet: votare seriamente per le primarie democratiche delle Presidenziali americane. Seriamente e comodamente, senza muoversi da casa.

E' accaduto in Arizona, l'11 marzo di quest'anno, e nonostante le previsioni apocalittiche della vigilia, tutto è andato per il meglio. Tranne qualche intoppo al server per i troppi accessi, infatti, il sistema messo su in pochi mesi dal partito democratico dell'Arizona non ha rivelato falle né problemi di sicurezza: più di 37.000 elettori americani hanno quindi potuto esprimere la loro preferenza on line, mentre 20.000 hanno usato le postazioni messe a disposizione del pubblico, e altri 20.000 hanno scelto il "metodo tradizionale". Il risultato è stato quello che i democratici speravano di ottenere: un fortissimo incremento dell'affluenza alle urne, praticamente il triplo di quella registrata nel '96. E, naturalmente, l'incoronazione di Al Gore come candidato numero uno alla Casa Bianca.

Tutto è cominciato lo scorso dicembre, quando il Partito democratico dell'Arizona ha chiesto aiuto alla compagnia di voto internettiana per eccellenza, Election.com, per organizzare l'evento: il primo voto ufficiale via e-mail. In soli tre mesi sono state studiate e realizzate le necessarie misure di sicurezza, e già a fine febbraio il partito ha mandato ai suoi 843.000 iscritti un certificato di voto e un PIN. Le operazioni di "e-voto" sono durate 4 giorni, dal 7 al 10 marzo: gli elettori non hanno dovuto fare altro che andare sul sito delle elezioni, registrarsi rispondendo ad apposite domande di identificazione, e votare il loro candidato preferito. Dopo di che i loro Pin sono stati automaticamente disattivati, in modo che nessuno potesse votare più di una volta.

Nonostante la pervasiva presenza di Internet negli Stati Uniti, però, le resistenze e le difficoltà non sono mancate. Il timore che gli hackers riuscissero a far saltare in aria tutto il sistema, dimostrando ancora una volta la scarsa sicurezza e affidabilità della Rete, ha fatto tremare per giorni gli organizzatori. Mentre un'altra ombra, ancora più temibile, continua a pesare sull'avvenimento: l'accusa di aver messo in atto una consultazione razzista e diseguale da parte del Voting Integrity Project, un'organizzazione no-profit che per questo ha denunciato il Partito dell'Arizona. Il voto on line sarebbe infatti discriminatorio nei confronti dei poveri e delle minoranze, statisticamente meno "tecnologicamente avanzati" di bianchi e asiatici. Secondo gli avvocati dell'associazione il voto digitale non sarebbe altro che una nuova versione del "literacy test", usato un tempo per tenere i neri lontani dalle urne.

Ma a parte gli assalti dei pirati, e i sospetti delle organizzazioni per i diritti civili, il principale freno alla diffusione del voto via Internet è la paura di ogni partito che questo finisca per favorire l'avversario. Finché si resta alle Primarie, il problema non si pone, ma quando tutti i partiti sono in campo l'affare si fa più delicato. Chi è più on line tra democratici e repubblicani? Gli utenti internettiani sono più propensi a sostenere i tagli alle tasse o a combattere l'aborto? Gli attuali politici, eletti alla vecchia maniera, non ne hanno idea. Eper ora non hanno alcuna voglia di scoprirlo.

(20 aprile 2000)

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