Africa e Cuba
sorgenti
del suono


L'onda sensuale del latin sound



Cocktail di stili
Contaminati
e contenti


Danze e ritmi
Il mondo balla etnico



Globali e flessibili

Note senza frontiere



L
e vie della musica sono infinite, oggi più che mai. E ascoltare una canzone può significare incamminarsi per un viaggio etnico-sonoro attraverso i cinque continenti. A patto che si tratti di "worldmusic". Musica dal mondo, appunto, o più esattamente dall’altro mondo. Perché la miscela ibrida di nuove sonorità arriva da porzioni del pianeta mai solcate da nessun pioniere discografico
prima degli anni ’90.

 
S
e è vero che la worldmusic esiste da sempre, è anche vero che il fortunato neologismo ha cominciato a circolare in tempi più o meno recenti. Nel 1987 alcuni discografici londinesi coniarono il termine per rendere più appetibili sul mercato tutti quei dischi di musica africana e latinoamericana che rimanevano invenduti sugli scaffali dei negozi.


Nel frattempo leggendarie rockstar si riproponevano in veste di attenti ricercatori delle espressioni musicali più distanti. Il precursore è stato Peter Gabriel con la sua Real World Records , etichetta che in dieci anni di attività ha venduto tre milioni di dischi stanando voci e generi dal Tibet alla Lapponia, dall’India alla Cina, dal Congo di Papa Wemba fino al Pakistan di Nusrat Fateh Ali Khan. E come Gabriel, anche l’ex leader dei Talking heads, David Byrne, affascinato dal panorama ritmico e melodico cubano, ha prodotto con la Luaka Bop una serie di compilation dei migliori artisti dell’isola. Alla ricerca del sound etnico, si sono mosse poi anche la World Circuit ,che ha dato voce agli stessi protagonisti del progetto Buena Vista Social Club, e la collana Hemisphere della Emi.









La musica senza frontiere è diventata la colonna sonora del villaggio globale profetizzato da Marshall McLuhan scavandosi una nicchia prima nelle metropoli: Londra, Parigi, New York. Il crogiuolo di razze ha dato i suoi frutti "contaminando" prima la moda di strada: kefiah, berretti africani, borse iraniane e chador sono diventati espressione del melting pot culturale. Poi è stata la volta dell'ondata tribale di tatuaggi, piercing, branding e scarification, forme di incisione e scrittura del corpo molto poco occidentali. Sul fronte più propriamente musicale, invece, la worldmusic deve molto all’esordio della new age music sul finire degli anni '70.


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