A tu per tu
con gli squali

La pulizia delle vasche


Camilla, quasi due metri di squalo toro, guarda gli “intrusi” con occhi inespressivi tanto da sembrar dipinti. Mandillo e Piccagetta (in genovese ”fazzoletto” e “strofinaccio”), la coppia di squali nutrice, passano vicino a loro con indifferenza, presi come sono dal loro fresco “amore”.

E così i quattro addetti delle vasche dell'Acquario di Genova, bardati da sub, si possono muovere liberamente in acqua, nuotando a un palmo da quelle file di denti aguzzi e da quelle mascelle voraci.

E’ il momento della pulizia della vasche.

“Si entra in quattro – racconta Laura Castellano, biologa della sezione Mediterraneo - perché due persone lavorano e due tengono sotto controllo la situazione. Ci si muove a coppia o tutti insieme, per non sottrarre spazio agli animali”. E per tenerli lontani, nessuna gabbia, solo un bastone in pvc: “Ognuno di noi, una volta in mare, emette dei campi elettrici e gli squali li sentono – spiega Laura - e percependo l’ostacolo si allontanano”. Niente di offensivo, quindi, anche perché non servirebbe. Se gli squali volessero, potrebbero sbriciolare qualsiasi cosa con un semplice morso. “E poi – prosegue - conosciamo i loro segnali e capiamo se uno squalo è tranquillo o agitato. Quando è nervoso, comincia a nuotare in modo più sinuoso e veloce, inarcando le pinne”. Quasi come un gattone arruffato, viene da pensare. “In quel caso si sospende temporaneamente l’immersione e si esce”.

Quello che ai profani potrebbe sembrare rischioso, per la dottoressa Castellano è solo normale amministrazione. “ Certo, – spiega tranquilla – quando durante la mia prima immersione, uno squalo mi ha come “sbadigliato” davanti (in realtà ha mosso la mandibola protrattile), ho sussultato, ma niente di più. La paura nasce dal cosiddetto “effetto Spielberg”, cioè dalla non conoscenza, tanto per capirci. A cui contribuisce il mistero che da sempre evoca il mare, allo stesso tempo amato e temuto”. Stare a contatto con un altro mondo, è proprio questo ciò che Laura Castellano ama di più del suo mestiere. Tutto il resto, secondo lei, s’impara, compreso il controllo di una certa dose di paura, se c’è.

Se poi ad entrare in vasca è una persona nuova, magari un po’ agitata, lo squalo – pare - si avvicina un po’ incuriosito, ma niente di più. “A me non piace antropomizzare l’animale, trovare nello sguardo o nel comportamento qualcosa di simile all’uomo. A me piace proprio perché sono animali in tutto e per tutto. Pur essendo molto primitivi e all’apparenza tutti uguali tra loro, dopo un po’ cominci pure a cogliere le differenze: c’è quello con l’occhio da pazzo, quello più calmo, la coppietta di innamorati…Così ognuno di noi ha un motivo per cui non si vorrebbe mai veder star male l’animale di cui si occupa. Per fortuna è successo raramente, perché li curiamo molto. Ma se capita, è una perdita enorme”.

 

 
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