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Cronologia

Lupo Alberto compie trent'anni

Il pelo non lo perderà. E il vizio?

Dialogo semiserio tra Guido Silvestri e il suo celebre fumetto

 

Una moto da cross: sarebbe il massimo…

Alberto, che fai? Parli da solo?

No, Silver, no. E’ che, come sai, ho compiuto da poco trent'anni, ormai ho una certa età… scappare da Mosè diventa sempre più impegnativo…. e Marta è stanca delle passeggiate al chiar di luna, perciò pensavo che.. beh… sarebbe bello se finalmente mi facessi quel regalo che mi hai promesso…

La moto da cross? Ma chi te l’ha detto?

La fattoria è piccola, la gente mormora…


Accidenti e io che volevo farti una sorpresa. Adesso mi toccherà cambiare regalo. Trent’anni sono una data importante…
Guido Silvestri
Già, chi l’avrebbe mai detto che, dal Corriere dei ragazzi, quel giorno di febbraio del 1974, avrei fatto tanta strada.. Anche se poi le cose importanti non sono cambiate granchè: non un pelo bianco tra quelli azzurri, rimango il solito figo… Fidanzatissimo, ma scapolone nell’animo, eh eh eh…


Beh in effetti idealmente continui ad essere il venticinquenne di allora. Invece, quando sei nato, io non avevo neppure 22 anni: ti consideravo un po' il mio portavoce….

Già, ma adesso le tue battute migliori sono per Enrico la Talpa…


I propri personaggi si amano un po' tutti e tutti in modo diverso, come figli. Ad alcuni ci sentiamo più vicini in certi momenti, di altri si amano alcuni aspetti del carattere. Nelle vita si matura, ci si evolve, si cambia modo di rivolgersi al pubblico. Tu, Alberto, mi hai accompagnato all’inizio lungo la mia strada, ma adesso è Enrico che segue il mio invecchiamento.. ehm, intendevo la mia “maturazione”: è meno idealista, più disilluso, più disincantato, a tratti un po' immorale. E quando in casa strillo - sono un papà severo! - mi sento un pochino Mosè. Ma anche se si cambia, non si cambia nelle radici della propria formazione: insomma, si cambia pelle, ma non l’anima.

Della serie: “il lupo perde il pelo ma non il vizio”


In un certo senso

Quello che non capisco, invece, è che gusto ci trovi a disegnare animali da quasi quarant’anni


Il mio amore per il fumetto è nato dal desiderio di evadere da me stesso, da una situazione sociale, gli anni Cinquanta, gli anni in cui vivevo, che sentivo molto opprimente. Avevo più o meno dodici anni quando decisi che avrei disegnato fumetti, ma devo ammettere che ero partito con tutt’altra idea. A sette anni, guardando mia madre in cucina, mi ero convinto che avrei fatto il cuoco. Poi ho sognato anche mestieri più fantasiosi: il cow boy e l’astronauta, per non parlare del principe azzurro….

Azzurro.. come me!


Sì Alberto, ma non c’entra… Io davvero credevo di poter diventare quel principe col mantello rosso e il cavallo bianco che disegnavo copiando le figurine: ho avuto un’infanzia molto fantasiosa, mi bastava un piccolo input per cominciare a galoppare con la mente.

E adesso, invece?


Oggi mi sento un po' un capocomico, un impresario di una compagnia di teatranti che lavorano insieme da più di 30 anni. E, beh, forse i personaggi risentono un po' dell’età, ma ancora ce la fanno.

Ma i tuoi genitori che dicevano della tua inclinazione al disegno?


Non mi hanno mai ostacolato, ma forse perché le cose che dice un bambino di 12 anni non vengono mai prese troppo sul serio. Magari quando il figlio raggiunge i 20 anni, allora ci si comincia a preoccupare.
Mi ricordo che a 25 anni il mio medico, poco più anziano di me, col suo studio avviato, a volte mi chiedeva: “Tu cosa fai?”. “Faccio fumetti” gli rispondevo. “Sì, anch’io da ragazzo suonavo in un gruppo rock, ma adesso faccio il medico. Intendevo dire, che lavoro fai”. Io non capivo, ma nemmeno lui. Anche se, a pensarci bene, oggi il mio punto di vista è un po' cambiato e se un ragazzo mi dicesse “voglio fare fumetti”, tenterei di dissuaderlo. Il sogno di stare in un sottotetto con penna e calamaio a riempire di disegnini un foglio bianco, con gli editori dietro la porta che fanno la fila per acquistarli, questo ormai è veramente un sogno anacronistico. Oggi è un terno al lotto, più di trenta anni fa, e trovare spazi è sempre più difficile.

Però per te è andata diversamente…


Tanto per cominciare il fatto di essere nato a Modena mi ha collocato in un territorio molto fertile, l’Emilia, Bologna e la mia città in particolare. Poi era quello il momento in cui, sull’onda del fumetto americano underground, è nato il fumetto italiano d’autore. Era un periodo di fermento editoriale, con conseguente aumento di richieste di storie a fumetti: le case editrici cercavano collaboratori, per poter produrre di più o dedicare più tempo a cose che non fossero la normale routine.

Se non sbaglio è proprio così che sei riuscito a entrare nello studio di Bonvi


Sì, all’inizio solo per ripassare i disegni a china, tant’è che i primi tempi anche tu risentivi dell’influenza stilistica dei suoi personaggi. Solo in seguito Bonvi mi ha affidato le tavole di Cattivik, finchè nel 1973 non mi è capitata l’occasione di tirarti fuori dal cassetto in cui ti avevo riposto...
E se Bonvicini è stato per me un maestro, non solo da un punto di vista professionale, sono comunque tanti gli autori che mi hanno influenzato in gioventù. Dico subito che il primo è stato Jacovitti: mi rammarico di non averlo mai potuto incontrare personalmente, pur avendone avuto l’opportunità, perché preso da un ridicolo attacco di timor panico. Poi è venuto il turno degli americani: George Harriman con Krazy Kat, Shulz e i suoi Peanuts, l’amatissimo Pogo di Walt Kelly, cresciuto alla Disney. Per l’animazione, mio caro Alberto, non posso non citare il tuo “prozio”, Wile E. Coyote di Chuck Jones, ma anche Tex Avery e tutta una serie di autori e personaggi della Warner. E infine non posso tacere di Will Eisner.
Con le mie strisce ho sempre cerato di far divertire, mi piaceva la battuta pungente, magari molto intelligente. In questo considero Woody Allen un grande maestro. In compenso non ho mai cercato di lanciare messaggi, né di fare della sociologia: se è successo è stato solo involontariamente. O per precise campagne sociali.

Adesso rovesciamo le parti: se fossi tu un fumetto, chi saresti?


Sicuramente l’orso pasticcione del parco di Yellowstone, quello che ruba le merende dei pic-nic. Forse per il mio costante desiderio di essere un animale da letargo: a settembre o a ottobre mi piacerebbe veramente cercare una tana, riempirla di foglie secche e rimanerci fino alla primavera successiva.

Prima, però, la moto da cross..?


Vedremo…..

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Lupo Alberto