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LO STRUMENTO

LA STORIA

La testimonianza più arcaica dell'esistenza dello strumento in Sardegna ci è offerta dal bronzetto votivo dell'era nuragica (VIII-IX secolo a.C.) che rappresenta una figura maschile in atto di suonare uno strumento a tre canne, nonchè da una statuetta punica raffigurante un suonatore di uno strumento a due canne.

Interessante è pure un bassorilievo esistente nelle catacombe di Sant'Antioco (CA) che rappresenta un Gesù buon pastore che suona uno strumento a doppia canna, risalente al tardo periodo bizantino. Il primo accenno grafico lo si trova in una miniatura del 1200 di Juan Gonzales nell'opera "Cantigas de Santa Maria" ; la miniatura presenta un concertino a più strumenti, tra i quali uno ad ancia composto da tre calami. Di grande interesse è pure un bassorilievo che si trova nella chiesa di San Bachisio a Bolotana(Nu) risalente ai primi anni del XVI secolo, dove si distingue la figura di un suonatore di strumento a fiato a due canne, considerata la prima rappresentazione di un suonatore di Launeddas.

 

COME SONO FATTE


Le launeddas sono uno strumento ad ancia semplice, costituito da tre canne di diversa dimensione, di cui due, unite tra loro a formare la croba, ed una libera, detta mancosedda.

La croba è costituita da un bordone chiamato tumbu e dalla mancosa. Tumbu e mancosa sono legati tra loro in prossimità dell’imboccatura ed in corrispondenza del nodo inferiore della mancosa.

Mentre la legatura superiore (crobadura de asuba) tiene le due canne strettamente unite, la legatura inferiore (crobadura de asutta) comprende anche un piccolo segmento di canna di 1-2 cm che funge da distanziatore in modo che tra tumbu e mancosa si formi un angolo di 10-15 gradi. La legatura viene eseguita con 4-5 spire di spago impeciato, che le conferisce notevole stabilità nel tempo.

Lo strumento viene tradizionalmente conservato e trasportato in un contenitore di cuoio chiamato straccasciu.

Tumbu

E’ la componente che funge da bordone ed è accordato sulla tonica dello strumento. Non è provvisto di fori diteggiabili per cui può emettere solamente un suono. Se lo strumento è accordato ad esempio in FA, il tumbu emette la nota FA.

Mancosa

La mancosa deve il suo nome al fatto che viene impugnata con la mano sinistra (manca). E’ provvista di cinque fori(crais) di cui solo quattro diteggiabili; il quinto foro (arrefinu) che occupa la posizione più distante dall’ancia, suona autonomamente quando gli altri fori sono coperti dalle dita.

I fori sono di forma rettangolare delle dimensioni di circa 2x5 mm; questa forma consente piccole modifiche, in caso di note calanti, infatti, si può prolungare il taglio in direzione dell’ancia.

Mancosedda

E’ simile alla mancosa ma, nella maggior parte dei casi, di dimensione e di sezione più piccole (mancosedda = piccola mancosa); per queste caratteristiche produce in genere un suono più acuto.

 

 

Cabitzina

Il segmento di canna su cui viene escissa l’ancia (linguazzu) è chiamato cabitzina. Anche questa parte viene preparata separatamente, una per ogni canna: tumbu, mancosa e mancosedda. Su mancosa e mancosedda la cabitzina viene inserita direttamente perché la sezione è quasi uguale quindi si crea un incastro spontaneo. Per poterla inserire nel tumbu, invece, è necessario un altro segmento di canna lungo circa 1 cm che permette di ridurre la sezione interna.

L’imboccatura dello strumento viene modellata con cera vergine che riempie lo spazio tra le cabitzinas della croba e ricopre l’estremità delle canne, sia per evitare il contatto delle labbra direttamente sulla superficie affilata della canna sia per impedire che l’aria possa passare tra labbra e canna, provocando una diminuzione della pressione dell’aria all’interno della bocca.

Sulla superficie libera dell’ancia viene posta una piccola quantità di cera che permette l’accordatura dello strumento. La quantità di cera posta sull’ancia del tumbu è di gran lunga superiore a quella posta su mancosa e mancosedda in quanto per ottenere una nota di due ottave più bassa rispetto ala tonica emessa dalle canne melodiche è necessario appesantire notevolmente l’ancia.

 LA TECNICA DEL FIATO CONTINUO


Descrizione

La respirazione circolare, detta anche fiato continuo, è una particolare tecnica che permette di suonare uno strumento a fiato, per l'intera durata di un brano musicale, senza che vi siano interruzioni nell'emissione del fiato, legate alla necessità di respirare.
Con quasi tutti gli strumenti a fiato, sia della musica classica che di quella popolare, infatti, si è costretti ad eseguire una pausa reale, cioè un'interruzione del suono, durante l'inspirazione.

Le launeddas e pochi altri strumenti dell'antica tradizione popolare (tra i più conosciuti l'argul egiziano e il didgeridoo australiano) utilizzano questa tecnica come caratteristica propria dello strumento, anch'essa tramandata nel corso dei secoli. Contrariamente a quanto pensa chi, faticosamente, cerca di apprendere questo particolare tipo di respirazione, non sapendo suonare lo strumento, è spontaneo per chi è in grado di eseguire una melodia con le launeddas, utilizzare la respirazione circolare.
La particolare imboccatura, con le ance all'interno della bocca, permette una notevole possibilità di movimenti alle labbra, alla lingua ed alle guance, senza che vi sia alcuna difficoltà nell'emissione e nel controllo del flusso d'aria che costringe le ance a vibrare. La cavità orale rappresenta il serbatoio per la riserva d'aria, che nella cornamusa e nella zampogna è ottenuto con una sacca.

La pausa in senso musicale viene ottenuta, nel caso delle launeddas, con la chiusura dei quattro fori diteggiabili sulle canne melodiche. Non si tratta di una pausa reale ma solo percettiva, poiché la nota emessa dell'arrefinu, che continua a suonare, si fonde con il bordone.

E' difficile immaginare di soffiare dentro lo strumento, mentre si inspira; i due movimenti opposti devono essere compiuti separatamente ed alternativamente.

La respirazione circolare rappresenta la prima difficoltà che l'apprendista suonatore di launeddas deve superare e che si trasforma spesso in uno scoglio insormontabile. La maggior parte degli allievi non riesce a superare proprio questa fase tant'è che nell'opinione popolare la tecnica della respirazione viene considerata la maggiore difficoltà nello studio dello strumento. Spesso ciò è dovuto alle caratteristiche dello strumento utilizzato; ogni singola ancia richiede infatti una pressione diversa perché sia sollecitata a vibrare, ma uno strumento appena costruito, come è in genere quello di un allievo, ha le ance abbastanza rigide che mettono a dura prova i muscoli delle guance.

(testo e immagini dal sito delle associazioni culturali Cuncordia a launeddas e Sonus de Canna)

 

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