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LE CANZONI

La storia di Stella Rossa
I cantori del "201 Volante"
La Resistenza a Macerata
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Le note dimenticate dei partigiani maceratesi

Fiungo, quattro case arroccate sopra Fiastra, stretta tra il monte Rotondo e il monte Fiegni, in provincia di Macerata, è stata una terra “ribelle” dopo l'8 settembre 1943. Era la sede preferita dei partigiani del gruppo "201 Volante", uno dei più imponenti nel maceratese per numeri e per azioni. E anche l'unico nelle Marche che avesse una propria canzone. La cantava una "staffetta" di 15 anni che oggi, tornata sui monti del maceratese dopo una vita passata altrove, la canta ancora per ricordare i suoi compagni.

Nunzia Cavarischia ora ha 81 anni, due occhi vivi, che nonostante l'età, tornano quelli di allora appena può cantare le gesta del suo gruppo, e va orgogliosa del nome che un suo compagno le aveva segretamente dato, incidendolo sul mitra: Stella Rossa. Nata a Roma da genitori maceratesi, finita la guerra si è trasferita a Genova, ma è tornata a vivere nelle Marche, ad Acquacanina.

“Ero a Fiungo, dove è nato il gruppo: facevo il fattorino, portavo lettere o armi agli altri compagni - ricorda Nunzia - Non stavo però sempre con loro: ero lì ogni tanto. Una volta mi chiamano: 'Nunzia, vieni a sentire che bella canzone che ha fatto Livio'”. Era nata la versione partigiana di "Chiesetta Alpina".

L'inno del "201 Volante" è il rifacimento di una canzone popolare in voga, “Una chiesetta alpina”, che era stata composta solo alcuni anni prima. Spesso i canti partigiani riprendevano la musica da altri brani. La stessa cosa accadde in questo caso.

Il nuovo testo della "Chiesetta” fa spesso riferimento alla casa e agli affetti familiari: "Tutti abbiamo una casa familiare che è pur lontana\Dove attende e prega ancor la nostra mamma che tanto amiamo(...) Allora noi liberi sarem e a casa in pace tornerem". “Nelle canzoni fasciste invece - nota "Stella Rossa" - ci sono sempre morti, feriti: c'è odio. Le nostre no, sono malinconiche”.

Altre strofe sono invece legate a Borgianello, un altro paese dell'entroterra maceratese. "Stella Rossa" ricorda benissimo Borgianello, dove il gruppo si rifugiava specialmente negli ultimi giorni della resistenza maceratese: era primavera e il gruppo era notevolmente cresciuto. “ I compagni stavano un po' sparsi dappertutto nel paese: c'era chi puliva le armi, chi parlava coi prigionieri (avevamo catturato alcuni tedeschi) o c'era chi mangiava”. E spesso qualcuno, per alleggerire la tensione, cantava: “C'era chi magari cominciava a strimpellare la chitarra e noi compagni poi, uno dopo l'altro, ci univamo, facendo il coro”.

In uno di questi momenti di “calma” è nata una serie di stornelli (“Ogni volta che andavo a trovare il gruppo c'era una strofa nuova”, ricorda "Stella rossa"), che con la "Chiesetta" fa parte del lascito musicale del "201 Volante".

Anche questa ballata prende spunto da una canzoncina famosa durante il fascismo: Nunzia se la ricorda da quando era bambina, quando ancora abitava a Roma e Fiungo era solo il luogo delle vacanze, dove andava a trovare i nonni d'estate. Alcuni stornelli non li ha più presenti, molti però li ha scritti su un foglietto a quadretti, che conserva gelosamente.

Sono stornelli "goliardici" in rima, sfottò per tirare su il morale e prendere in giro il nemico ("E qui a Fiungo zona ribelle ai fascisti faremo la pelle\ di tanto in tanto la nera brigata viene a suonare, rimane suonata"), o testimonianze di vita della resistenza maceratese (“Intorno a Borgiano un enorme fossato per la difesa i tedeschi han studiato\ Cari nemici, ne avete di acume, se già vi fate la fossa in comune”). Altri invece erano stornelli politici, visto che molti combattenti del "201 Volante" erano membri del Partito Comunista (“Quando in montagna cade un fratello, mettiam per croce la falce e il martello”).

Nunzia è tornata a vivere nelle Marche. Dal 1997 è diventata ospite fissa dell'Anpi di Tolentino e nella sede capitava spesso di ritrovare i vecchi compagni: “Quando ci incontravamo si cantava. Ora no, siamo rimasti in pochi”. E pochi ricordano le canzoni del "201 Volante".

Nelle Marche la musica popolare di lavoro è seguitissima (sono diversi i gruppi di canto che rifanno canzoni che rimandano ai mestieri e alle origini contadine di questa terra) ma non resta molto dei canti di resistenza. Neanche Giovanna Marini, uno dei massimi esperti italiani sulle canzoni di lotta, le conosceva: “Mentre ci siamo occupati dei maggi maceratesi e dell'appennino marchigiano, dei canti partigiani nessuno mai ci ha parlato. Né noi, come gruppo di ricerca abbiamo mai chiesto”.

Un primo motivo della scomparsa delle ballate del gruppo Nunzia se lo spiega con la partenza di moltissimi compagni a guerra finita: “Ognuno ha preso la sua strada: chi è andato in Francia, chi in Argentina o in Svezia: è mancata l’occasione di parlare, di rincontrarsi. Ora, divenuti vecchi, in occasione di particolari ricorrenze alcuni tornano e a volte cantiamo. Siamo rimasti in pochi però. Qui nelle Marche sono entrate le altre canzoni, come Bella Ciao, le canzoni di tutti. Ma delle nostre non ne ho sentito più parlare”.

“Il ricordo, specie quello legato ad eventi traumatici, sopravvive se viene a costituirsi una casta che decide di tramandarlo - spiega Marcello La Matina, docente di Filosofia del linguaggio e Storia della Musica greca all’Università di Macerata: "Dopo la resistenza non c’è stato più il bisogno strutturale nella società marchigiana di mantenere in vita sotto forma orale questi prodotti. Perché la musica è sempre il linguaggio più deperibile”.

“Le musiche dei partigiani – continua La Matina – si trovano in molti posti, non solo nelle Marche. Ma questi testi vengono spesso conservati in forma poetica, servono cioè come documento per la memoria”. Ma non si è ritenuto di tenere la melodia, vuoi “perché erano talvolta rifacimento di altre musiche – e questo potrebbe essere il nostro caso - o anche perché è mancata la pluralità: se sono l’unico che la ricorda, difficilmente resta, serve sempre qualcuno a cui io possa cantare”.

Ma anche la natura prevalentemente contadina del maceratese e il suo legame forte con la campagna ha inciso sulla parziale perdita di questa memoria. Come diceva Giacomo Leopardi, il piceno è un'unica "città" che abbraccia tante piccole città nella stessa area, da Macerata a Recanati. La città si integra così con la campagna, sua fonte di sostentamento. Le tradizioni contadine, anche dopo l'industrializzazione, sono rimaste prevalenti, anche a scapito di tradizioni minori, come le canzoni di lotta partigiana.