Fotogalleria/Pranzo domenicale da uomini soli
Pubblicato il 13/04/2012
Domenica pomeriggio, corso Giulio Cesare: Kabir ha organizzato un bel pranzo in un coloratissimo ristorante turco. Si pranza tardi, in tanti sono andati a vedere una partita di calcio nel campo del quartiere. Sono tutti uomini, solo un paio di loro guadagnano abbastanza per potersi permettere il lusso di vivere qui con la loro famiglia. Arrivano in tanti e hanno voglia di raccontare: le storie si somigliano e si confondono. Quel che interessa a tutti è il lavoro, che non è mai abbastanza. E tutti si lamentano della difficioltà più grande con cui si scontrano ogni giorno: una lingua, l’italiano. Che non è facile da imparare, soprattutto se non c’è nessuno che te lo insegna. Siddil, Hussain, Mohammed, Hasan, Hossin e Mohammed: sei uomini, sei storie.
Siddil Miah
Siddil, 26 anni, parla molto bene italiano e sceglie le parole con cura: “Sto bene qui e non voglio andare via”.
Ha un buon lavoro: aiuto cuoco in un ristorante del centro. Il merito, dice, è dei suoi colleghi che l’hanno aiutato a imparare, correggendo i suoi errori. Vive a Torino da quattro anni e gli piace molto: non la cambierebbe con nessun altra città.
Mohammed Rafique
Mohammed, 45 anni, ha un sogno: “Abbiamo bisogno di più corsi d’italiano per stranieri”.
Mohammed lavora da dieci anni come metalmeccanico e racconta di quando il suo primo datore di lavoro gli ha promesso un contratto e poi l’ha lasciato a casa senza dire nulla. E’ molto felice di essere riuscito a portare qui la sua famiglia.
Hasan Kamrul
Hasan, 44 anni, studia per diventare il primo mediatore culturale: “Bello poter usare la laurea presa in Bangladesh”.
Di giorno il lavora, la sera studia: ha un posto in fabbrica e la certezza di potercontare su busta paga. Ma ora è preoccupato, negli ultimi anni i costi aumentano, mentre lo stipendio rimane sempre lo stesso.
Hossin Akhter
Hossain, 23 anni, è scappato dalla guerra in Libia: “Ora ho bisogno di trovare un lavoro in Italia”.
Arrivato a Torino un anno fa con 200 connazionali, è in attesa di ottenere lo status da rifugiato. Nel frattempo il Comune gli garantisce vitto, alloggio e un corso d’italiano. Non sa ancora cosa farà, ma gli piacerebbe poter restare qui.
Mohammed Momen
Mohammed, 26 anni, è qui da appena un anno ed è molto timido: “Non so ancora molto bene l’italiano, ma voglio imparare”.
Non ha bisogno di conoscere molte parole per spiegare quel che sta cercando: il permesso di soggiorno e un lavoro. Senza lavoro, niente permesso. Sarà difficile, ma lui assicura di non avere nessuna intenzione di rinunciare.
Hussain Shahadat
Hissain, 37 anni, ha paura: “Non trovo lavoro da molto tempo, questo non è un bel momento per me”.
Per ora vende le rose la sera e sbarca così il lunario, ma se non si sbriga a trovare un impiego con un contratto regolare non gli verrà rinnovato nemmeno il permesso di soggiorno.
Articoli correlati:
Rose rosse e quotidiani, il difficile mestiere della sopravvivenza