il Ducato » social media http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » social media http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Gif, video ‘muti’ e poco testo: così i giornali conquistano gli adolescenti http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/gif-video-muti-e-poco-testo-cosi-i-giornali-conquistano-gli-adolescenti/71071/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/gif-video-muti-e-poco-testo-cosi-i-giornali-conquistano-gli-adolescenti/71071/#comments Sat, 18 Apr 2015 18:32:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71071 PERUGIA – Per conquistare i millennial non basta andarli a cercare su social network e app di messaggistica. Alcuni grandi gruppi editoriali – Channel 4 nel Regno Unito e la Repubblica in Italia – stanno sviluppando piattaforme dedicate ai lettori più giovani nati intorno all’anno 2000. La televisione britannica ha creato 4newswallla homepage, pensata per essere fruita da mobile, è totalmente priva di testo: composta da Gif animate nelle quali le parole del titolo si succedono una dopo l’altra. Cliccando sulla Gif si accede a una breve notizia, che spiega il fatto in poco più di dieci righe. I temi coperti sono i più disparati: esteri, politica, alimentazione, curiosità.

Chris Hamiltonil direttore social media della Bbc News , tra gli speaker al Festival internazionale del giornalismo di Perugia per il dibattito “Mobile e Millennial: Chat Apps, Emoji, nuovi format video”, ha parlato anche di Instafax: l’esperimento short video della Bbc. L’idea è quella di produrre video-notizie che possono essere fruite anche in momenti e luoghi ufficialmente “vietati” come le lezioni scolastiche. Cioè senza audio. “È stata una buona idea perché non sempre gli utenti possono ascoltare l’audio – ha commentato – quindi è il testo a illustrare il contesto delle immagini. Non ero convinto della riuscita di questo progetto, al contrario ha riscosso un grande successo”. Attualmente la BBC News produce in media 20 video di questo genere ogni giorno.

safe_image

Uno dei post di 3nz.it

A raccontare l’esperimento italiano c’era Alessio Balbi, coordinatore dell’are social del gruppo Espresso. “Nel 2013 un articolo sull’incidente mortale di Paul Walker – l’attore protagonista del film Fast and Furious ndr – condiviso sui social ha generato, da solo, più traffico rispetto a tutta la home page del sito Repubblica.it, abbiamo capito che avremmo dovuto sperimentare nuovi linguaggi. Così abbiamo pensato un nuovo sito web, destinato al mondo virale, trasmesso principalmente tramite Facebook”.

3ndz è nato così: il sito che contiene notizie ed elementi virali. Il 90% dei contenuti è video, il resto è composto da quiz, notizie di costume e classifiche. La piattaforma è nata il primo ottobre del 2014 e su Facebook è seguito da 80mila utenti. Repubblica.it è anche l’unico sito di informazione in Italia, ad ora, a inviare le notizie via Whatsapp. I lettori possono iscriversi scegliendo quali tipi di notizie vogliono ricevere, ma si deve memorizzare il numero della redazione altrimenti la notizia finisce nello spam.

13782386

Il disegno di Chérif Kouachi pubblicato su L’Obs

Il settimanale francese L’Obs ha puntato invece sulle curiosità, così sia la redazione web che cartacea collaborano per trovare storie esclusive. “Su Facebook abbiamo 2,4 milioni di followers, ha Aurelien Viers, direttore digital news – il segreto per avere successo sta in un buon titolo e in una buona preview”. I social network sono importanti, ma non sono tutto. Ciò che più conta è l’integrazione tra cartaceo, sito, social e mobile. Una delle storie più condivise è quella di Chérif Kouachi che tre giorni prima di compiere l’attentato a Charlie Hebdo con suo fratello, ha fatto un viaggio in BlaBlaCar da Remis a Parigi. Le Plusla sezione video del giornale, al momento formata da otto redattori, già conta due milioni di visitatori al giorno.

Nonostante le diverse scelte editoriali e gli esperimenti digitali, tutti i giornalisti presenti al panel hanno infine sostenuto la stessa tesi: “La tecnologia non fa il contenuto editoriale. Se hai una buona storia, hai il 90% del lavoro”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/gif-video-muti-e-poco-testo-cosi-i-giornali-conquistano-gli-adolescenti/71071/feed/ 0
Il nuovo algoritmo di Facebook: via le foto, lunga vita ai video http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/il-nuovo-algoritmo-di-facebook-via-le-foto-lunga-vita-ai-video/66180/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/il-nuovo-algoritmo-di-facebook-via-le-foto-lunga-vita-ai-video/66180/#comments Tue, 24 Feb 2015 16:19:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66180 URBINO – Dimenticate i bei tempi in cui bastava postare qualche immagine virale, raggiungendo migliaia di persone con ogni singolo post: la timeline di Facebook non valorizza più le foto come accadeva fino a poco tempo fa. Il nuovo algoritmo ideato dal team di Zuckerberg ha cambiato le carte in tavola, dando maggiore visibilità ai video. I social media editor delle principali testate italiane non si sono fatti trovare impreparati. E anche all’estero c’è chi, pur di sfruttare al massimo la novità, pubblica addirittura le copertine del magazine in edicola in versione video, come Time.

Dall’ultima analisi di Socialbakers (sito specializzato in analisi sui social media) su un campione di 670.000 post presi da più di 4.000 fan page diverse, è emerso che le immagini sono il contenuto meno performante in termini di reach organica (portata gratuita di utenti di ogni singolo post): se le foto raggiungono il 3,7% degli utenti e il 2,3% di fan, con i video la percentuale riscontrata è più del doppio, 8,7%, con il 5,7% dei fan iscritti. Una differenza, tra i due dati, del 135%:

Se per status e link la percentuale resta costante, il predominio assoluto dei video è testimoniato anche da questa tabella relativa alle interazioni generate dai post:

Il social media editor. Come hanno reagito i social media editor alla luce di questi dati? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti del settore: Alessio Balbi, responsabile social media del gruppo Espresso, Carola Frediani esperta di social network ed ex social media editor de La Stampa, e Fabiano Medugno, social media editor del sito fantagazzetta.com.

“La strategia di Facebook è stata chiara sin dal principio – racconta Balbi – noi ci siamo già attivati in questo senso, aumentando i contenuti video rispetto al passato. L’importante è non abusarne. Bisogna trovare il formato giusto per il proprio target di riferimento”.

Un pensiero condiviso anche da Carola Frediani: “Il cambiamento c’è stato, ma non solo sui social network. Il web si sta spostando sempre più verso i contenuti video, una tendenza in corso già da qualche tempo. Noi ci siamo adeguati, senza mai strafare. L’obiettivo è trovare il mezzo giusto rispetto al contenuto da presentare”.

Sulla stessa scia Fabiano Medugno: “Sono a conoscenza del nuovo algoritmo. Stiamo preparando quasi ogni giorno dei video virali che, anche se non portano visite al sito, rientrano nel discorso di brandizzazione del marchio. Resta questo il mio vero obiettivo. Sono contrario alla pubblicazione di contenuti video ad ogni costo, preferisco creare uno zoccolo duro di utenti fedeli che conoscono perfettamente i contenuti delle nostre pagine”.

Marketing. Grande importanza, dunque, agli utenti e al target da raggiungere: “Aumentare le visualizzazioni ad ogni costo non è sempre la strada giusta da percorrere – prosegue Balbi -, va fatto con cognizione di causa. Un esempio vincente è quello delle copertine animate di Time pubblicate sui social: sfruttando il rating dei video, hanno riscosso un grande successo sul pubblico di riferimento senza sminuire il marchio.
Più interazione. Secondo i giornalisti che abbiamo interpellato il nuovo algoritmo non ha fatto altro che assecondare una tendenza che era già in atto. “Facebook è una piattaforma dinamica – aggiunge Frediani – la nostra équipe è sempre al lavoro per creare dei meccanismi virtuosi. L’interazione con il pubblico è fondamentale. L’algoritmo ha le sue regole, ma è un semplice contenitore. Il contenuto giornalistico non deve mai passare in secondo piano”.

“Valorizzare il brand è fondamentale – ribadisce Medugno – Fantagazzetta ha un alto numero di fan tra i 18 e i 24 anni, tutti amanti del calcio e del fantacalcio. Mi diverto a condividere i loro stati d’animo, gioco sui doppi sensi e uso spesso foto dei vari eroi della domenica, che possono essere oggetto di dibattito tra il pubblico. L’algoritmo conta, certo, ma il nostro “pubblico” vive di foto e io non posso non tenerne conto”.

C’è futuro per il social media editor? All’interno delle redazioni, negli ultimi anni si è sviluppato un dibattito su chi debba occuparsi di pubblicare le notizie sugli account social. Secondo alcuni la direzione è quella del giornalista-tuttofare. Alessio Balbi ribadisce però l’imprescindibilità del suo ruolo: “Non si può pretendere che tutti sappiano fare tutto. Chi lavora sui social deve tenere sempre sotto controllo l’universo del web. Il social media editor ha delle competenze specifiche ed è giusto che il suo lavoro resti indipendente”.

Diverso il parere di Carola Frediani, secondo la quale si va verso un’integrazione totale con la figura del giornalista: “A La Stampa i social media editor sono giornalisti. Certo, ci vogliono delle competenze specifiche per ricoprire questo ruolo. Ma ciò non vuol dire che la divisione debba essere netta. Poco a poco l’integrazione sarà totale”.

“Per la mia esperienza lavorare a stretto contatto con la redazione è fondamentale – conclude Fabiano Medugno – un bravo social media editor deve essere prima un acuto giornalista, nel senso più ampio del termine: capire le tendenze, guardare le apparenze, scoprire la notizia anche tra i commenti di un post. Il ruolo del giornalista è in evoluzione, c’è il pericolo di una possibile scomparsa della mia figura. Non credo, però, che succederà nel breve periodo. Per le grandi testate il nostro continua ad essere imprescindibile”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/il-nuovo-algoritmo-di-facebook-via-le-foto-lunga-vita-ai-video/66180/feed/ 0
Edizione straordinaria: sono scomparse le notizie dalle prime pagine dei quotidiani http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/#comments Wed, 19 Feb 2014 10:23:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57300 Analisi, commenti, approfondimenti, inchieste, opinioni politiche, previsioni economiche: se si apre un quotidiano nazionale (ma anche internazionale) si trova tutto questo (e anche di più). Ma le hard news, le notizie vere, quelle che una volta gli “strilloni” divulgavano agli angoli delle strade e facevano correre i cittadini a comprare il giornale, dove sono finite? Dall’altra parte dell’oceano atlantico la scomparsa delle notizie dalle prime pagine dei quotidiani è una questione molto dibattuta.

Proprio qualche settimana fa la public editor del New York Times,  Maragaret Sullivan, su segnalazione dei lettori, aveva “scoperto” che tra i sette titoli principali del suo giornale solo uno si poteva considerare hard news e aveva polemizzato col suo stesso giornale.

Ma esiste in Italia un problema di questo tipo? “I ritmi dell’informazione non sono più compatibili con la carta stampata – spiega Paolo Mancini docente di Sociologia della Comunicazione all’università di Perugia – già nel 2006 Travaglio aveva scritto un libro intitolato La scomparsa dei fatti. In Italia i giornali, ma anche i telegiornali, sono abituati a dare spazio alle dichiarazioni, si raccontano opinioni non fatti. I giornali sono costretti a fornire commenti e analisi perché le notizie le danno altre fonti”.

Noi abbiamo deciso di fare la stessa verifica fatta dalla Sullivan su 6 quotidiani italiani in tre giorni scelti in modo casuale:

Le analisi e gli approfondimenti hanno più del 50% dello spazio in prima pagina e le notizie sono difficili da isolare. Accanto al racconto della notizia infatti c’è sempre qualcos’altro e le cose si fanno ancora più chiare se si analizzano le prime pagine dopo un evento politico rilevante, come il vertice tra Renzi e Letta del 12 febbraio e il probabile avvicendamento tra i due alla guida del governo.

Ecco alcuni titoli:

– Pacco di coalizione (Marco Travaglio editoriale)
IL FATTO QUOTIDIANO

– La partita di Matteo (analisi di Claudio Tito)
LA REPUBBLICA

– Lo scontro fra due velocità (analisi di Mario Calabresi)
LA STAMPA

– Giochi pericolosi (analisi di Ernesto Galli della Loggia)
CORRIERE DELLA SERA

– Il retroscena: la notte del leader, conta da evitare ma stacco la spina
IL MESSAGGERO

– Enrico e Matteo, divorzio con sgambetti
IL MESSAGGERO

– Il grande imbalsamatore (cucù di Veneziani su Renzi)
IL GIORNALE

– Attento Matteo fare flop è facile (di Vittorio Feltri)
IL GIORNALE

Sono tutti esempi di notizia-analisi: la notizia c’è, ma si dà per scontato che il lettore già la sappia perché la televisione, la radio, i siti di informazione o i social network l’hanno già data prima. Così si passa direttamente allo step successivo, quello dell’approfondimento. Stessa cosa succede ai giornali il giorno successivo, quando le indiscrezioni sulla staffetta Renzi-Letta sono diventate una realtà.

– Dentro la crisi: 4 approfondimenti ( Matteo ai suoi “no ai brindisi qui si rischia” L’esecutivo che spaccò il centrodestraVecchi alleati e nuovi patti per la svolta– Domenica già possibile l’incarico)
CORRIERE DELLA SERA

– Renzi si nomina premier (Il Pd licenzia Letta che si dimette. Nasce il governo del segretario. La nuova era politica parte col trucco. E riserverà colpi di scena)
IL GIORNALE

– “Ambizione smisurata” ma Renzi quanto dura?
IL FATTO QUOTIDIANO

– La forza di un gesto e le sue incognite (L’analisi di Carlo Fusi)
IL MESSAGGERO

– L’eterna anomalia italiana (di Cesare Marinetti)
LA STAMPA

– L’azzardo dell’acrobata (di Ezio Mauro)
LA REPUBBLICA

Nei quotidiani apertamente schierati come Il Fatto Quotidiano e Il Giornale la ricerca della notizia è una partita persa in partenza, o comunque molto difficile da giocare perché anche quando le notizie ci sono stanno talmente nascoste dietro l’editoriale del direttore, o il pezzo analitico di qualche firma illustre che sono quasi impossibili da vedere. Ma in realtà “tutti i giornali per non morire devono spostarsi sull’approfondimento e l’analisi – spiega il professor Mancini – anche quelli meno schierati come il Corriere della Sera. Poi il lettore sceglie in base ai suoi gusti ma sa già quello che troverà”. Come dire che la notizia sul giornale c’è ma deve essere condita da qualcos’altro che piaccia agli utenti (notizia e analisi della notizia, approfondimento sulla notizia stessa o commento illustre sempre restando nei “pressi” della notizia).

Questa “commistione di genere”, tratto caratteristico del giornalismo italiano, ha radici profonde: “Il modello mediterraneo, ripreso dal giornalismo in Italia, è un tipo di giornalismo indirizzato a pochi educati che fornisce approfondimenti, commenti e interpretazione dei fatti. Non è per tutti, è nato per essere elitario” spiega il professore.

Tornando alla polemica scoppiata di recente tra i lettori del New York Times, viene da chiedersi perché i cittadini americani si siano lamentati mentre in Italia la prassi è accettata e ben digerita. Probabilmente c’è anche il fatto che in Italia non c’è nessuno con cui potersi lamentare e che faccia solamente l’interesse dell’utente perché il “garante del lettore”, la Margaret Sullivan nostrana, non esiste. Ma più importante, il lettore anglosassone è abituato a un tipo di giornalismo freddo e molto più rigido del nostro (la famosa regola delle 5 W, la base del giornalismo anglosassone: who, what, when, where, why). Solo fatti, niente opinioni. Mentre “in Italia il giornalismo è sempre stato giornalismo d’opinione, qui il pubblico è sofisticato e vuole approfondimenti. Basti guardare Repubblica -  conclude Paolo Mancini – è un giornale nato per dare opinioni, non notizie”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/feed/ 0
Ducato tv speciale – Quanto è social l’informazione tv in Italia? http://ifg.uniurb.it/2013/12/03/ducatotv/ducato-tv-speciale-quanto-e-social-linformazione-tv-in-italia/52870/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/03/ducatotv/ducato-tv-speciale-quanto-e-social-linformazione-tv-in-italia/52870/#comments Tue, 03 Dec 2013 15:19:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=52870 [continua a leggere]]]>

Social network, tablet, smartphone, internet e tv: a volte anche tutti insieme. Proprio sul multitasking delle nuove generazioni stanno nascendo esperienze di web tv come quella di The stream, il notiziario di Al Jazeera English, che unisce in un ‘unica edizione giornaliera il prodotto di un’immersione quotidiana multipiattaforma, accettando gli imput provenienti dalla rete e dagli spettatori, trasformandoli in una trasmissione televisiva di grande attualità. Ma in Italia, esistono esperienze di questo tipo? Quanto gli spettatori si sentono chiamati in causa dall’informazione, quanto la tv è interattiva nel nostro Paese? Ospite d’onore della puntata è Federico Ferrazza, vice direttore della rivista Wired Italia.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/12/03/ducatotv/ducato-tv-speciale-quanto-e-social-linformazione-tv-in-italia/52870/feed/ 0
A tu per tu con “Dio”: divo su Twitter, scrittore e cameriere nella vita reale http://ifg.uniurb.it/2013/05/11/ducato-online/a-tu-per-tu-con-dio-divo-su-twitter-scrittore-e-cameriere-nella-vita-reale/46447/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/11/ducato-online/a-tu-per-tu-con-dio-divo-su-twitter-scrittore-e-cameriere-nella-vita-reale/46447/#comments Sat, 11 May 2013 12:31:02 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46447 [continua a leggere]]]>

La Homepage di Dio su Twitter

URBINO – Una volta le catechiste raccontavano ai bambini che per parlare con Dio bastava fare il gesto del telefono con la mano e lui ascoltava. Ora per parlare con Dio, basta avere un account su Twitter.

Dio” è un ragazzo di Foligno sulla trentina, barba incolta, laurea in filosofia (forse perché quella in teologia ce l’ha di diritto), ma soprattutto capacità di essere ovunque, almeno sul web. In una scena del film “Una settimana da Dio”, Jim Carrey, neo-assunto a interim alla carica più alta del Paradiso, capisce quanto sia frustrante dover ascoltare tutte le preghiere del mondo, come una Babele sonora che risuona nella sua testa. Anche @Iddio (questo il suo tag), è vittima di centinaia di “preghiere” ogni giorno. Tweet e menzioni a cui dover rispondere, perché Dio, come insegnavano le catechiste negli anni ’90, ascolta tutti e, a suo modo, risponde.

Dopo aver fatto discendere la sua luce sul Festival del giornalismo culturale, Dio torna nella città ducale per Branding 2.0, convegno organizzato dalla Facoltà di Sociologia sull’E-commerce e il co-working. Il suo tweet “Urbino, spianati, è Dio che lo vuole!”, fa capire che le salite di via Saffi e via Raffaello non gli vanno a genio. E’ seduto in un banchetto di un buio corridoio dell’Università di Urbino che potrebbe assomigliare tranquillamente a un confessionale, anche se, stavolta, è Dio a confessarsi.

Dio, come e quando è nata l’idea di iscriversi a Twitter? E’ stato prima o dopo il Papa?
Prima. Il profilo nasce quasi due anni fa, a maggio del 2011, quando ancora Twitter era un fenomeno poco conosciuto in Italia. Fu per gioco, perché di questo si tratta ancora.

Ma oltre a twittare follemente, come si mantiene l’onnipotente?
Dopo essermi laureato in filosofia avrei voluto insegnare ma ho perso le speranze. Al “concorsone” in cui si sarebbero dovute assegnare 11.000 nuove cattedre non sono andato. Ho fatto bene perché con la nuova legge sul lavoro chi sarebbe dovuto andare in pensione non c’è andato e dei giovani non è stato assunto nessuno. Ora scrivo per Leonardo.it e ho un programma su La3Tv, dove tengo una rubrica settimanale in cui racconto le mie migliori battute. D’estate lavoro nei catering. E’ un lavoro che mi piace perché tengo libera la mente e ho più tempo per pensare, magari osservando la gente. Sì, Dio fa anche il cameriere».

128.000 followers sono tanti, ma sono comunque meno di One Direction e Justin Bieber. Un po’ pochino per Dio.
Una volta ho superato Justin Bieber tra le persone più influenti sul social network. Youtube era primo e Alberto Savino secondo. Justin Bieber era saldamente in terza posizione e ogni tanto, dopo il suo, appariva il mio nome. È partita una campagna mediatica e tra menzioni e tweet, per un breve momento, il gradino più basso del podio è stato mio.

Era presente al Festival del giornalismo culturale di Urbino. Cosa le è piaciuto? Cosa si potrebbe migliorare?
L’unico appunto che posso fare è stato la mancanza di internet durante i dibattiti. Ho dovuto elemosinare wi-fi un po’ qui e un po’ li. Per il resto è stato un bellissimo evento. Il giornalismo culturale è molto sentito in Italia e c’è bisogno di promuoverlo. Lella Mazzoli ha detto che in Italia c’è più voglia di andare a sentire uno scrittore piuttosto che leggersi un libro. Se c’è Saviano che parla moltissima gente che magari non ha letto Gomorra vuole ascoltare quello che ha da dire. Poi forse dopo l’evento, va in libreria e se lo compra. Per questo sono importanti manifestazioni come questa. Con la cultura si mangia!

Dio, pensa che la cultura in Italia sia un po’ troppo elitaria? I social network possono aiutare i giovani a riavvicinarsi?
L’Italia ha sempre avuto una classe intellettuale gelosa del proprio ruolo. Raramente ci si è posti il problema di insegnare e diffondere il sapere a tutti. Internet e i social network non sono la soluzione. Twitter e Facebook non abituano alla lettura, anzi. Al massimo possono suggerire.

Qual è stato il tweet più ritwittato? E la domanda più strana in cui l’ hanno taggata?
Il tweet più ritwittato è sempre quello giusto al momento giusto. Quest’estate, quando l’Italia perdeva la finale degli Europei contro la Spagna, scrissi ‘Non possiamo perdere contro gente che da quattrocento anni non riesce a capire che Don Diego De la Vega è Zorro’. Furono 2000 i retweet. A chi mi obiettava che Zorro era ambientato in California dovetti spiegare che si trattava sì della California, ma durante il dominio spagnolo. La domanda più strana invece me la fece un ragazzo che mi chiese: “Dio, ma qual è il tuo primo ricordo? Essendo eterno come fai ad averne uno?”.

Progetti per il futuro, visto che anche quello è eterno?
Sto scrivendo un libro che spero uscirà presto. L’altro mio libro, scritto insieme al mio dirimpettaio, ‘Il Diavolo’ (anche lui su Twitter), ‘Iddiozie e diavolerie’, una raccolta delle nostre migliori battute il cui devoluto serve alla ricostruzione di una scuola in Emilia, non ha avuto il successo che speravo. La gente non ha fiducia, neanche se ci metti la faccia, come ho fatto io. È forse questo il danno culturale peggiore dell’Italia: la fiducia di un popolo compromessa.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/05/11/ducato-online/a-tu-per-tu-con-dio-divo-su-twitter-scrittore-e-cameriere-nella-vita-reale/46447/feed/ 0
Ap detta regole per l’uso dei social media. Necessario proteggere le fonti http://ifg.uniurb.it/2013/05/09/ducato-online/lap-detta-le-regole-per-luso-dei-social-media-imperativo-proteggere-le-fonti/46210/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/09/ducato-online/lap-detta-le-regole-per-luso-dei-social-media-imperativo-proteggere-le-fonti/46210/#comments Thu, 09 May 2013 08:20:37 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46210 Vietato mettere in pericolo le fonti. Ieri l’Associated Press, l’agenzia di stampa internazionale con sede negli Usa, ha aggiornato le linee guida sull’uso dei social network e del crowdsourcing per i giornalisti. La novità sta nelle regole per il trattamento delle persone che forniscono notizie mentre sono in situazioni di pericolo, come dopo un omicidio di massa, una calamità naturale o una guerra.

I consigli sono a cura del Social media editor Eric Carvin e dello Standards Editor Tom Kent, e vanno dalle più semplici regole di educazione ai suggerimenti per la sicurezza delle fonti:

  • Agire come un osservatore: se qualcuno sta condividendo delle notizie mentre si trova in una situazione pericolosa, inizialmente è meglio monitorare i posts senza chiedere di più. Si può pensare di contattarlo quando sarà più al sicuro;
  • Cercare foto o video: bisogna evitare di chiedere alle fonti in pericolo di creare materiale per Ap. Piuttosto, il reporter deve chiedere il permesso di utilizzare quello che la persona già riesce a produrre;
  • Entrare in contatto: mai stressare le fonti. Se ci si rivolge a qualcuno, bisogna ricordagli di agire in situazione di sicurezza e non spingerlo a mettersi in pericolo. Se possibile, è sempre meglio parlare per telefono che sui social network;
  • Invece di chiedere, offrire: il giornalista non dovrebbe twittare “Avete delle foto per Ap?”, ma piuttosto “Sono un reporter dell’Ap. Se vuoi parlare con me di quello che stai vivendo, contattami in privato”;
  • Adattare il proprio istinto al digitale: “Se questi consigli ti sembrano poco concreti, c’è una buona ragione: la maggior parte di queste decisioni devi prenderle caso per caso” concludono Eric e Tom. “Molti di voi hanno molta esperienza. Il trucco sta nell’adattare questi istinti al mondo digitale”. Sui social network, infatti, c’è poco spazio per scrivere e non si può modulare il tono della voce.

Tra gli altri aggiornamenti delle linee guida, l’Ap spiega ai suoi giornalisti come possono utilizzare siti personali e blog per condividere il loro lavoro. Consiglia inoltre di evitare la diffusione di voci non confermate attraverso tweet e post, e offre suggerimenti su come gestire gli scoop che appaiono sui profili di personaggi pubblici.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/05/09/ducato-online/lap-detta-le-regole-per-luso-dei-social-media-imperativo-proteggere-le-fonti/46210/feed/ 0
“Meydan”, una web tv della gente contro il regime dell’Azerbaijan http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/meydan-la-web-tv-di-emin-milli-contro-il-regime-dellazerbaigian/45725/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/meydan-la-web-tv-di-emin-milli-contro-il-regime-dellazerbaigian/45725/#comments Mon, 06 May 2013 17:43:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45725

Emin Milli, fondatore di Meydan tv

Meydan” in lingua azera vuol dire piazza. Quella piazza che è stata troppo spesso soffocata dal regime del presidente Ilham Aliyev, ma che non ha mai smesso di respirare con i suoi polmoni digitali.  L’ultimo tassello di questo mosaico è la web tv ideata dal giornalista, blogger e scrittore Emin Milli, un azero di 33 anni imprigionato nel 2009, probabilmente a causa di un video satirico sulla presidenza di Aliyev.

Dopo 16 mesi di carcere, Milli ha costruito il suo progetto dall’Europa, dando vita alla prima emittente che sul web diffonderà critiche e attacchi al regime. Il flusso di contenuti sarà trasmesso da Berlino sul sito Meydan tv, per poi passare su un canale satellitare da metà maggio.

Milli potrà contare su uno staff di uomini e donne collegati dal filo rosso della dissidenza e dalla sete di democrazia, da declinare soprattutto come interazione collettiva e possibilità di espressione offerta a tutti. I loro nomi? Zuzu, Caroline, Jamal Ali, Qurban, Araz, Habib e Fardi.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Chiunque, come spiegato da Habib nel video di presentazione della Meydan tv, può comunicare dinanzi a una telecamera o decidere di realizzare un servizio su qualsiasi argomento. Il tutto sarà poi valutato dalla “redazione” diretta da Milli sulla base di un solo criterio: un livello qualitativo adatto alla messa in onda. Un principio vago e indefinito, questo, che potrebbe rivelarsi il tallone d’Achille del progetto, ma che per il momento si erge a speranza di libertà per molti azeri.

L’Azerbaijan, secondo l’ultima stima dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, offre una garanzia delle libertà civili nettamente peggiore a quella di dieci anni fa. Si tratta di un paese in cui è vietato manifestare e dove il bavaglio all’opposizione è legittimato dalle istituzioni; per averlo violato in nome della libertà d’espressione, nove giornalisti sono in prigione dal 2012.

Ayan, 14enne azera sostenitrice di Meydan tv

Tra gli azeri emigrati, molti sono fieri di contribuire alla realizzazione della Meydan tv. Una di loro è Ayan, 14 anni, residente a Magonza e con 20 euro da donare al progetto. Perché quello che Milli e la sua squadra hanno voluto precisare è il marchio di autosufficienza della neonata piattaforma.

“Non vogliamo dipendere da nessuno, non vogliamo che qualcuno ci etichetti come servi di una certa propaganda ideologica”, sottolinea Habib nel video di presentazione, che su youtube ha avuto quasi 18.000 visualizzazioni. Milli ricorda che anche “solo uno o cinque euro sono un grande aiuto”, come piccoli finanziamenti di questo centro di protesta in cui ogni azero “possa sentirsi responsabile del proprio destino”, afferma Qurban.

Un sentimento di responsabilità che sicuramente anima la partecipazione di Zuru, azera arrivata a Berlino dalla Norvegia per frequentare uno stage di musica elettronica e che, inaspettatamente, in Germania è tornata ad accarezzare una delle sue debolezze, “un qualcosa di molto intimo”, come quell’Azerbaijan lasciato da bambina.

Dall’Azerbaijan verso la Scandinavia se ne sono andati in molti, e dalle punte più a nord dell’Europa i sostegni alla Meydan tv arrivano già da qualche mese, come le 4800 corone svedesi (575 euro) donate dagli azeri che vivono a Linkoping, oppure la torta preparata da Tamara in occasione della presentazione del progetto nella cittadina svedese di Goteborg .

La Meydan tv è una cassa di risonanza, una voce di protesta che vuole scuotere non solo la realtà azera, ma anche tutta la comunità internazionale. È un progetto di crowdsourcing, come già altri se ne sono visti nel mondo della dissidenza: ad esempio, nel 2010, Natalia Sindeeva fondava in Russia la tv Dozhd, l’unico canale che ha mostrato le piazze ribelli e aperto le dirette delle manifestazioni contro Putin. Natalia ed Emin hanno avuto lo stesso coraggio, ma in tre anni le sorti del giornalismo sono cambiate. Il crowdsourcing era un bozzolo oggi diventato maturo, un bozzolo che oggi affatica e facilita allo stesso tempo la ricerca della verità.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/meydan-la-web-tv-di-emin-milli-contro-il-regime-dellazerbaigian/45725/feed/ 0
Le Marche la regione più ‘social': prima per coinvolgimento dei fan http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/le-marche-la-regione-piu-social-prima-per-coinvolgimento-dei-fan/40774/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/le-marche-la-regione-piu-social-prima-per-coinvolgimento-dei-fan/40774/#comments Thu, 04 Apr 2013 06:59:27 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40774 URBINO – Nella battaglia all’ultimo follower, dopo Urbino anche la Regione Marche raggiunge la vetta della classifica nazionale come località più ‘social’. Con la pagina Marche Tourism le Marche sono le prime in Italia, superando di oltre sei punti Abruzzo, Toscana e Veneto, per  “Indice medio di user engagement“, ovvero il rapporto tra il numero di “fan” e le loro interazioni all’interno della pagina (like, commenti, reattività di risposta e condivisioni).

Il merito del successo va a Social Media Team Marche , un gruppo di 6 esperti di comunicazione, nato nell’agosto 2012 all’interno della Fondazione Marche Cinema Multimedia di proprietà della regione e presieduta da Neri Marcorè. Il team ha il compito di occuparsi della promozione turistica del territorio sulle principali piattaforme social: i profili  “Marche Tourism”, “Marche Turismo” e “Discovery Marche” (in inglese) sono su Facebook, Twitter, Flickr, Pinterest, Foursquare, Instagram, Google+ e Youtube e sono fra i più cliccati.

“Oggi oltre l’80% dei turisti si rivolge al web e in particolare ai social network per scegliere la meta del viaggio – afferma Sandro Giorgetti, capo progetto di Social Media Team Marche – quindi è essenziale che gli enti pubblici facciano promozione e siano presenti nel mondo digitale”. Secondo Giorgetti, i dati dell’engagement su Facebook sono importanti perché “se il numero di follower è significativo,”ancora di più lo è la viralità, ovvero le reazioni che si creano in seguito alla diffusione di un determinato messaggio sul social network”.

Tabella di elaborazione dati a cura di Social Media Team Marche

L’arma vincente è quindi la conversazione: “Attraverso i nostri profili non ci limitiamo a fare promozione turistica attraverso una comunicazione fredda e  istituzionale – spiega Giorgetti – ma cerchiamo di creare una connessione, di  instaurare una relazione con gli utenti stimolando ad esempio interventi, domande, curiosità e iniziative”.

Il Social Media Team Marche, in collaborazione con Instangrammers Italia, ha organizzato#sestosensomarche: un concorso fotografico rivolto agli appassionati di Instagram per raccontare la cultura e la bellezza della Regione Marche attraverso immagini; le foto dei vincitori sono state esposte alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano.

Un altro contest fotografico verrà organizzato a fine mese a Urbino dallo stesso Team, in occasione della candidatura della città ducale a “Capitale Europea della Cultura 2019“: passeggiando tra le vie della città i fotografi potranno promuovere il territorio del Montefeltro attraverso foto scattate con dispositivi digitali (tablet e smartphone) poi caricate su Istangram e sui vari social network. “Un modo per portare sul luogo reale l’esperienza digitale”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/le-marche-la-regione-piu-social-prima-per-coinvolgimento-dei-fan/40774/feed/ 0
La folla nelle redazioni: nuove app e strumenti sul giornalismo dal basso http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/#comments Tue, 26 Mar 2013 12:02:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40237 crowdsourcing offre ai reporter nuovi strumenti per verificare e raccogliere le notizie. Tra nuovi software e app, molti dei quali legati ai social network e ai telefoni, il futuro dei media prende sempre nuove forme]]>

il crowdsourcing consente di attingere alla folla come fonte

Crowdsourcing: un neologismo composto tipicamente all’inglese, una crasi delle parole crowd (folla) e outsourcing (esternalizzazione di una parte delle proprie attività). Ed è, come dice la fusione dei due significati, la tendenza a utilizzare i contributi  di una folla per raggiungere uno scopo. E’ una tecnica aziendale, grafica, architettonica, e dal 2013 anche musicale. Ma anche una nuova frontiera del giornalismo, capace di scardinare la tradizionale comunicazione top-down (dall’alto in basso) per passare a un sistema bottom-up (dal basso in alto).

Un giornalismo dal basso, insomma, dove le fonti sorgono e crescono senza la consapevolezza di esserlo, nei social network e nelle piccole realtà locali.

Il 27 febbraio il dj Avicii lanciava “X You”, il primo brano al mondo che ha unito le note di 4.000 musicisti sparsi in 140 paesi. Lo stesso giorno, Italia2013 concludeva il suo esperimento. E’ stata l’unica, e anche la prima, redazione italiana a seguire l’intera campagna elettorale attraverso l’aggregazione di notizie raccolte dai social media. Twitter, Facebook, Instagram e Youtube sono l’eterogeneo flusso di informazioni e testimonianze che, dal 25 gennaio fino a fine febbraio, il team di Italia2013 ha passato al setaccio.

Perché la vera sfida del quinto potere non è più l’accettazione dei contributi esterni dalla redazione ma piuttosto la capacità di integrarlo con quello tradizionale. Una redazione che con un’attività continua di content curation (controllo del materiale raccolto) costruiva storie, dibattiti, gallery e video in modo che i lettori potessero avere un quadro completo di ogni candidato al Parlamento: questo il progetto avviato da Marco Pratellesi e Riccardo Luna, i due pigmalioni del sito e delle tre app corrispondenti.

Italia2013: la prima redazione online che ha raccolto post dai social media per stare al passo con la campagna elettorale

Come è stato possibile? Grazie a Seejay, il primo gestionale per il crowdsourcing dedicato alle redazioni online. Seejay  è uno strumento ideato dalla società romana Maior Labs per intrecciare in modo nuovo i fili del giornalismo, e soprattutto per semplificare il lavoro di quelle testate che accettano contributi dal giornalismo partecipativo. Non più valanghe di mail da spulciare all’alba, ma piuttosto canali tematici in cui ricevere notizie catalogate e georeferenziate: ecco la formula di questo Saas (software as a service) nato a ottobre 2012, al momento in fase beta privata ma che punta al passaggio in beta pubblica entro aprile 2013.

Gli strumenti a disposizione del giornalismo crowdsourcing sono sempre di più. Uno di questi è salito agli onori della cronaca perché, usato insieme ai social network, ha permesso di verificare una notizia diffusa dalla tv. In Pennsylvania, nella Contea di Montgomery, il 4 gennaio 2012 Andy Stettler, direttore di Main line media news, venne a sapere che il centro commerciale King of prussia era stato evacuato a causa di una bomba. Iniziando a twittare con un suo follower che si  trovava proprio lì scoprì che solo una parte del centro commerciale era stata evacuata, a differenza di quanto comunicato da alcune stazioni televisive.

E per farlo non ha usato solo Twitter ma un’altra applicazione che ha dimostrato così la sua funzione ‘giornalistica': Banjo, nato per Apple e Android nel 2010 e sbarcato in Italia solo a dicembre 2012. Banjo è in grado di aggregare e geolocalizzare i post provenienti da tutti i social network a cui siamo iscritti, in modo da ordinare gli utenti in base al luogo in cui si trovano.

Per arrivare alla “folla” il giornalista ha a disposizione sempre più app. Quelle nate dalla frenesia della socialità e dell’interazione, che il giornalismo crowdsourcing ha scoperto come utili strumenti.

Tra le app geolocalizzatrici, nel bagaglio (virtuale) di un giornalista potremmo trovare Sonar o Geofeedia. La prima, nata nel 2011, ci dice chi si trova vicino a noi e perché la sua presenza potrebbe essere importante sulla base dei legami individuati nei social network. La seconda, messa sul mercato nel 2012, permette di verificare una notizia in tempi da record, scavando tra i social media attraverso la geolocalizzazione, come Banjo.

Il giornalista ha a disposizione sempre più app per ottenere le testimonianze della folla

Dal 2012 gli avvenimenti sono crowdsourced (testimoniati dalla folla) non solo attraverso l’aggregazione delle parole, ma anche delle immagini. E’ stato più semplice con la nascita di Vyclone, l’applicazione brevettata dal figlio di Sting e che da inizio marzo è anche su Android. Vyclone è in grado di unire e comprimere in un solo video più video realizzati in una stessa occasione da telefoni diversi. La pluralità contemporanea di prospettive entra nel giornalismo per accrescere la veridicità di ogni notizia. Quella stessa pluralità alla base di Rawporter, una app che consente a tutti di realizzare foto e video per poi caricarle in un mercato online dove blog e giornali possono acquistarli. Ecco così che il crowdsourcing si unisce con il citizen journalism e  può rendere freelance chiunque.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/feed/ 0
Urbino, il Comune più social, sua la pagina Facebook più “coinvolgente” http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/urbino-il-comune-piu-social-sua-la-pagina-facebook-piu-coinvolgente-ditalia/38239/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/urbino-il-comune-piu-social-sua-la-pagina-facebook-piu-coinvolgente-ditalia/38239/#comments Wed, 13 Mar 2013 17:37:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38239

Uno dei post più condivisi della pagina Facebook del Comune di Urbino.

URBINO – Su Facebook Urbino batte Milano, Roma e Torino.
La pagina Facebook del Comune è la prima in Italia per livello di engagement, ovvero per la capacità di coinvolgimento del pubblico. L’ha rivelato uno studio di Vincenzo Cosenza, blogger di Che Futuro! e esperto di social media, insieme a Giovanni Arata, ricercatore che aveva già steso un rapporto su l’utilizzo di Twitter nel mondo della pubblica amministrazione.

Il segreto di questo successo sembrano essere le foto: sono questi i post più apprezzati, continuamente aggiornati, che offrono paesaggi particolari e suggestivi. I torricini sono arrivati a essere condivisi quasi 600 volte nell’arco di poche ore. Magari sono usate come biglietto di auguri per Pasqua o per Natale, oppure come richiamo al ricordo di una vacanza o a un soggiorno di studio. Ci sono poi i video, per i quali il Comune ha un account Youtube dedicato, in particolare quelli che mettono in luce gli aspetti più curiosi della città. Quindi non tanto la cronaca, quanto i misteri e la storia: uno dei più gettonati è stato quello dedicato a Ottaviano Ubaldini alla corte di Federico da Montefeltro. In terza posizione per popolarità ci sono le notizie pratiche utili alla vita quotidiana, ad esempio le recenti comunicazioni sull’attivazione della Ztl. I dati forniti dall’ufficio stampa del Comune di Urbino, che cura la pagina, ci dicono che dei quasi 9.000 “mi piace” attuali una media di ben 3.000 segue costantemente gli aggiornamenti e che per alcuni post il numero aumenta fino a superare quello dei fan ufficiali. Ciò rivela una notevole attenzione verso la città marchigiana generata dalla combinazione di più fattori.

I contatti unici che arrivano direttamente da Urbino, cioè le persone che hanno visitato la pagina almeno una volta in un dato periodo – nel nostro caso si riferisce alla settimana dal 3 al 9 marzo – sono oltre 4000. “Abbiamo cercato di mescolare l’aspetto più turistico a quello di pubblica utilità – ci dice Gabriele Cavalera, responsabile dell’ufficio stampa del Comune e curatore della pagina Facebook Città di Urbino – di tenere la pagina sempre viva, aggiornata e in grado di sostenere una conversazione continua con i fan. Sicuramente più immediata del sito istituzionale, da Facebook ci arrivano anche i messaggi dei cittadini, le loro domande, perché è sentito come uno strumento più familiare e informale”.

Molti studenti  utilizzano quotidianamente la pagina per tenersi informati sulle attività scolastiche e molti cittadini per avere le informazioni aggiornate sulle attività della pubblica amministrazione. Ma c’è di più. Da Pesaro sono arrivati circa 3.000 contatti, nello stesso periodo, da Roma più di 2.000, da Milano 1500 e da Bologna 1.000. Questi sono con ogni probabilità attribuibili alla natura universitaria della città che la rende interessante anche al di là dei confini regionali, creando anche un legame che va al di là della fine del corso di studi.

Dando un’occhiata oltre i confini nazionali si scopre che, accanto ai 40.000 contatti unici da tutta Italia, Urbino suscita interesse anche in Grecia, più di 1500 contatti unici, e negli Stati Uniti, circa 1300. I primi sono riconducibili alla realtà della comunità greca che si è instaurata nella città. I clic dagli Usa sono probabilmente eredità dell’Urbino press award, manifestazione che si svolge ogni anno a giugno e premia giornalisti americani che si sono distinti per la “capacità di raccontare il mondo che cambia”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/urbino-il-comune-piu-social-sua-la-pagina-facebook-piu-coinvolgente-ditalia/38239/feed/ 0