DEL SEGNO E DEL SUO VALORE
Di Kay Khusraw


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Da queste parti è tutto un gran vociare autocompiaciuto di progresso, tecnologia, servizi e libertà; ma quale libertà, poi? Potrebbe dipendere, tutto sommato, dal tuo portafoglio, servizi compresi. Perfino il lavoro che puoi trovare dipende da quanto hai le spalle economicamente coperte!

Progresso? Ma quale progresso? Cosa c’entra saper usare un pc con la propria coscienza di sé e degli altri? Checché se ne dica, progresso tecnologico e crescita interiore non sembrano andare per nulla a braccetto!

Di crescita interiore, qui da noi, non c’è traccia: le uniche crescite che sembrano interessare perfino moltitudini di diseredati sono quelle azionarie.

E hanno un bel daffare le pubblicità a promettere miracolose specificità individuali ai prodotti che vengono da loro spacciati! Questa ossessiva ripetizione del concetto di individuo - individualità in una forma di comunicazione quale quella pubblicitaria, che agisce sui desideri frustrati, non fa che ricordarci, suo malgrado, che non siamo individui, bensì una massa amorfa di produttori-consumatori di merce, divisi in fasce di target per età, censo o capacità produttiva.

Comunque, massa unica, equivalente, equipollente, equidistante (ovvero lontanissima in toto) dal Potere e dalla sua gestione […..]

Ma allora perché vi occupate di questo argomento?

C’è forse qualcosa che non vi va proprio giù, anche dopo un simpatico digestivo? Avete la sensazione che il programmino affibbiatovi produci-consuma-crepa vi stia un po’ strettino? Vi siete forse accorti che il vostro divertimento, la naturale propensione dell’essere umano al gioco, sia diventato un modo altrui per fare soldi a buon mercato sulle vostre spalle?

Ebbene, non sarà certo un piercing a espandervi la coscienza; a conti fatti, però, potrebbe aiutarvi….Così come è servito d’aiuto a un’innumerevole schiera di persone in tutto il mondo da chissà quanti millenni a oggi. E non solo agli uomini.

Si potrebbero già paragonare i segni incisi nella pelle degli animali alla stregua di forme di scarificazione che raccontano del loro status sociale, della loro vita passata, dei loro combattimenti o della capacità di sfuggire a un predatore.

Questa tipologia di segni ci riporta a un aspetto bellico della modificazione corporea, […] e mostra come questa sia intimamente legata all’istinto umano.

Tuttavia l’uomo non vive solo degli elementari istinti di sopravvivenza comuni agli altri mammiferi; egli vive anche della sua complessa attività corticale associativa e, quindi, nel mondo simbolico al di là del Segno stesso, nei modelli riorganizzati del mondo naturale.

Non è difficile identificare quale emozione, sensazione, desiderio, muove le nostre azioni e i nostri pensieri più profondi; è sicuramente il Piacere. E allora, da sempre la ricerca di ciò che provoca o evoca timore e rispetto è stata affiancata da ciò che provoca o evoca stupore e meraviglia. Se da un lato, dunque, si possono considerare le forme di modificazione corporea come funzionali a un rapporto simbolico tra individui e tra gli stessi e la Natura basato su un complesso linguaggio "amplificato" del corpo", dall’altra questo stesso linguaggio ci rimanda a una dimensione psichica imprescindibile al Segno stesso. Ovvero: Le modificazioni sono segni evidenti di appartenenza a Clan, tribù e altre tipologie sociali, ma oltre a questo testimoniano il grado di crescita spirituale dell’individuo , ne marcano il percorso della sua vita psichica.

La carne è segnata perché lo spirito stesso è stato segnato dall’esperienza. Nella cosmologia arcaica la persona è la sua totalità, l’unione, appunto, di corpo e spirito.

Noi occidentali rampanti abbiamo promosso da un paio di millenni una cultura schizzoide nei riguardi del rapporto uomo-natura. Abbiamo delegato (relegato) la nostra "anima" in altre mani, sbarazzandocene. Del corpo ancora peggio: infamato e infangato, l’abbiamo costretto dentro una rigida armatura teologica come fonte di peccato e mezzo d'espiazione, ma ancora peggio abbiamo reso il copro merce di eccellenza nella sua forma-lavoro e ricondotto i suoi bisogni in consumi basilari di sopravvivenza.

Non siamo più padroni del nostro corpo; come un’automobile a nolo dobbiamo restituirla integra al legittimo proprietario, sia esso Stato o Dio. La nostra anima è costretta a guidare prudentemente questa vettura per le vie della terra, cercando di svolgere la commissione affidataci, cioè redimerci da un fantomatico peccato originale di cui saremo tutti indiscriminatamente colpevoli, lavorando, soffrendo e dicendo sempre di sì. Poi, altrove, si vedrà.

Siamo perciò lontanissimi dalle posizioni arcaiche che considerano il cosmo come un organismo olistico di cui l’uomo è parte integrante. Viviamo oggi in concorrenza con la natura, non più in sintonia con essa.

La capacità di giungere alla mente tramite il corpo, in occidente, è stata costretta nell’ambito esclusivo della penitenza religiosa: cilici, autofustigazioni, digiuni, privazioni materiali al solo scopo di affrancare l’anima dal corpo, di aumentare a dismisura la frattura schizzoide tra noi e il mondo, tra la parte di noi che è dichiarata spregevolmente di Natura e quella che la si vorrebbe squisitamente di origine divina.

L’esatto contrario di una sinergia integrata tra uomo e natura. Ben lontana, per esempio, è la Danza del Sole Sioux da una processione di flagellanti, stillanti sangue e dolore entrambi, ma là dove l’una intende, attraverso il corpo, procurare uno stato di ex-stasi allo scopo di aumentare tutte le capacità fisiche e psichiche dell’individuo-guerriero, l’altra vorrebbe, sempre attraverso l’uso del corpo e la sua conseguente ex-stasi, liberare l’anima dal corpo rompendo, appunto, l’equilibrio dell’individuo stesso a svantaggio della sua organicità. Può sembrare una sottile distinzione, ma gli esiti sono in completa antitesi tra di loro. […]

C’è dell’altro da aggiungere per quello che riguarda le modificazioni corporee come segni: prima ho dato a tali pratiche la definizione di "linguaggio amplificato del corpo" e poiché in ogni amplificazione si ottiene un irrobustimento del segnale, anche in questo caso avremo un segnale forte, inequivocabile. […] E in tempi come i presenti, nei quali la prassi della comunicazione è nelle mani di chi "impiega le parole per dissimulare i pensieri", un segno forte sarà necessariamente catalogato come "politicamente non corretto" e, quindi, schedato come pericoloso per il sistema di valori attualmente vigente.

Diamo un’occhiata a questi segni forti: il tatuaggio intorno alle labbra delle ragazze Ainu dice che sono diventate adulte, quelli sul viso dei Maori sono paragonabili a certificati di nascita e di livello sociale, l’orecchino all’ombelico presso gli antichi egizi era una prerogativa reale. E poi, insomma, come non accorgersi della poesia che vive in un tatuaggio che segna il corpo come le costellazioni il cielo? Come sarebbe il cielo senza le stelle?

Può avere la stessa forza e la stessa coesione, dal più intimo interno al più pubblico esterno del nostro essere, quel segno vago ed effimero che è la cravatta o un taglio di capelli alla moda? O lo è forse un cronografo da polso multicolore?

E’ tutto materiale intercambiabile su superficie necessariamente neutra. […]

Un piercing, un tatuaggio, come altre modificazioni corporee, rimangono invece azioni forti, che rimandano a forme di pensiero forti contro un orizzonte di deboli velleità, di desideri frivoli e, possibilmente, a buon mercato. Queste pratiche ricordano senza mezzi termini che il corpo e la mente di chi le compie, e quindi il suo agire e il suo pensare, appartengono sempre e comunque alla persona stessa, e sono inalienabili.

Troppi modelli culturali diversi dal nostro ci rimandano, da molteplici angolazioni, l’immagine sclerotica e riduttiva del pensiero occidentale, ancorato a un rifiuto d’un qualsiasi dialogo con l’alterità se non per fini legati a un secco profitto economico, a una replica del proprio potere sull’altro.

Avere o non avere un piercing, comunque, non basterà certo da solo ad aprirvi la testa o a favorire chissà che cosa; conosco persone che mai e poi mai se ne faranno uno, che però hanno ben chiara la valenza del segno. Al contrario, gente ben segnata esternamente, è rimasta, ahimè, dentro di scarse vedute. E’ il vecchio problema dell’arco: ci puoi compiere tante azioni utili per tutti, come andare a caccia, usandolo insieme a un altro bastoncino ci puoi accendere un fuoco; se però lo rivolgi contro un tuo simile, eh be’, allora saranno guai….

Ricordatevi di aprire delle brecce nella vostra mente, oltre che sulla vostra pelle, altrimenti l’avrete fatto solo per emulazione modaiola, buona per una stagione e così sia!

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Kay Khusrae

Scrittore eclettico e solitario, Kay Khusrae ha sempre rifiutato la ribalta mass-mediatica preferendo riservatezza e intimità al grandeur del jet-set globale. Esperto di antiche culture medio orientali, ha vissuto a lungo tra la mezzaluna fertile e l’estremo oriente, pubblicando saggi e articoli sulle modificazioni corporee sotto vari pseudonimi, diventati famosi suo malgrado.

Le notizie attorno alla sua figura sono poche e vaghe; sembra far parte di una non meglio identificata "società segreta" persiana che si rifà ad antichissimi testi filosofici, anche se egli preferisce considerarsi un "taoista errante a cui piace giocare a biliardo".

Da alcuni anni è costretto a una vita raminga per nascondersi e sfuggire a una pesante taglia posta sulla sua testa da una multinazionale, contro la quale aveva ideato dei sabotaggi cibernetici.

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