FAKIR MUSAFAR


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Fakir Musafar ha l’aspetto di un comune uomo d’affari americano, e infatti è account executive di una grande agenzia pubblicitaria. Al contempo, però, è anche il capo spirituale di quel movimento che egli stesso ha definito "Modern Primitives". Il nome l’ha preso da un vero fachiro indiano vissuto nel XIX secolo che, si racconta, vagò per 18 anni portandosi spade e lance infilzate nella pelle e cercando di trasmettere i misteri del corpo e della psiche. E proprio per seguire in toto le orme di questo santone, Fakir ha deciso di sperimentare su di sé le deformazioni corporali al fine di esplorare gli stadi profondi del dolore fisico e scoprire l’estasi mentale che questo può provocare.

Una simile tendenza nel manipolare e mettere a dura prova il proprio corpo, si manifestò in lui fin da bambino. All’età di 12 anni, infatti, Fakir diede inizio all’esplorazione sistematica delle varie deformazioni e mutilazioni corporali e dei riti iniziatici praticati dall’uomo sin dai tempi antichi. Prendendo spunto da una fotografia di un guerriero Ibitoe della Nuova Guinea - la cui attaccatura del busto, stretta giorno e notte da una rudimentale cintura, era stata deformata per sempre dopo anni di atroci sofferenze - il giovane Fakir decise di indossare una stretta fascia alternata a un corsetto speciale da lui costruito. L’esperimento è durato per più di trenta anni e ancora oggi, a 55 anni, il suo giro vita vanta misure da record!

A 13 anni, Fakir si praticò il primo piercing al pene, mentre i primi tatuaggi, sempre da solo, se li realizzò al liceo, spinto dal desiderio irresistibile di marchiare il suo corpo indelebilmente.

E’ Fakir stesso a spiegare che cosa sia realmente il dolore fisico e come ci si possa separare dal proprio corpo con la concentrazione: "Attraverso il dolore, la prima cosa che impari è che puoi separare la coscienza dal corpo, vale a dire la parte di te che pensa e sente può distaccarsi dalle sensazioni corporee. Sarà così possibile prendere un ago e infilarlo nella pelle perché non sei tu a sentire il dolore ma solo il tuo corpo, mentre la mente osserva il corpo che prova le sensazioni e le registra. A quel punto non si tratta più di dolore. Se impariamo a separare la nostra coscienza e la nostra attenzione dal corpo, potremo fargli provare quasi tutto senza provare dolore. Basta focalizzare l’attenzione su un determinato punto del corpo o su un punto esterno al corpo e concentrarsi. Questo si chiama "stato di alterazione".

Secondo la filosofia di Fakir, l’uomo non possiede realmente il suo corpo, poiché esso è della natura: è come una casa che abitiamo, ma di cui non siamo proprietari. Per viverci meglio siamo liberi di modificarla, abbellirla e decorarla, ma questo è tutto. Si tratta di un concetto in cui alcuni popoli, come gli aborigeni australiani, hanno sempre creduto, ma che è invece estraneo a noi occidentali.

Fakir Musafar si è sottoposto alla pratiche più estreme della body art: dal letto di chiodi al restare appeso per ore e ore a degli uncini infilati nel petto, dal restringimento del giro-vita all’allungamento del pene. Secondo la sua filosofia, "alle culture moderne sembra mancare un’intera parte di vita. Dilaga l’alienazione e la gente ha perso il contatto con le cose e con se stessa. Serve un rimedio, e il principio base può essere sintetizzato così: gioca con il tuo corpo e fanne ciò che vuoi. A mio avviso la gente ha un disperato bisogno di questi riti, ecco perché rinascono il piercing e il tatuaggio. In un modo o nell’altro, c’è bisogno di una cultura tribale".

Musafar è anche il curatore di "Body Play", una rivista specializzata su quanto di più strano è possibile fare con e sul proprio corpo: una rivista di culto unica al mondo.

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