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"Noi
disabili, prigionieri dell'ignoranza"
L’ambientazione
della scena è una trattoria tipica friulana, a pochi passi
da Udine. La cameriera porta davanti a Sergio Cechet un piatto
di “Fagottini alla San Daniele”. "In mezzo al piatto
- gli spieghiamo - c’è la pasta, e ai bordi, come decorazione,
ci sono delle carote". "Delle carote? Ottime, fanno
bene alla vista!". In questa battuta c’è tutto Cechet,
il suo carattere, quello che gli ha consentito di reagire
alla sfortuna, di tentare e centrare i record di immersione
e di impegnarsi in prima persona per dare voce ai problemi
dei disabili. |
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"Con
le mie imprese sportive - dice Sergio - voglio dimostrare che anche
un grosso incidente non necessariamente blocca una persona, ma gli
lascia il modo di migliorare, di uscire, di fare qualcosa per continuare
a vivere. Anzi, per me l'handicap è un valore aggiunto".
Cechet è impegnato da anni nei corsi sub per disabili, dove, oltre
a fare da “cavia”, insegna ai futuri accompagnatori tutti gli accorgimenti
per poter aiutare un disabile ad andare sott’acqua. In particolare
insegna la comunicazione con i nonvedenti, che avviene vocalmente
tramite degli interfonici, ma soprattutto manualmente tramite dei
segnali convenzionali codificati da uno standard dell’Hsa (Handicap
Scuba Association) Italia. Inoltre il ronchese organizza e partecipa
a convegni sul rapporto tra handicap e sport, portando avanti il
suo personale slogan “Handicap, prigioniero dell’ignoranza” rivolto
sia ai disabili che ai normodotati. Racconta il suo modo di considerare
la sua condizione, dalle prime paure, dal desiderio di morire al
modo in cui ha saputo reagire al destino avverso.
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"Ai
disabili voglio dire che non bisogna autoghettizzarsi, bisogna
trovare il coraggio di combattere. Lo so che non è facile,
soprattutto non è facile superare lo shock iniziale. Io
all’inizio pensavo intensamente al suicidio, nei momenti
di crisi mi sentivo solo e abbandonato. L’enorme pancia
che mi ritrovo deriva da quel nervosismo che non ho mai
potuto sfogare appieno. Ma di là non si sa cosa c'è,
quindi, ho pensato, è meglio andare avanti".
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"Sono
passati vent’anni da allora e sono volati. Certo, i momenti di crisi li
ho avuti e anche adesso vorrei prendere la macchina e andare a fare un
giro, ma non posso". Cechet punta il dito anche sui normodotati,
in particolare sulle persone che circondano il disabile e che, a suo dire,
forse per troppo amore, finiscono per fargli del male, tenendolo per esempio
chiuso in casa, senza dargli la possibilità di fare neanche le cose più
elementari. "Le barriere più difficili da superare sono quelle mentali.
Il disabile può diventare diversamente abile o handicappato a seconda
dell’aiuto o meno delle persone e della tecnologia. Può essere un peso
per la società o un faro nel buio dell’ignoranza: in quest’ultimo caso
ne ha tutte le potenzialità. Per cui bisogna saper accettare la diversità.
L’eliminazione delle barriere architettoniche è solo un livello superiore
e va attuata pensando che siamo tutti dei potenziali disabili. Ce ne sono
migliaia di nuovi ogni anno, in Italia. E, come è successo a me, basta
un attimo, una frazione di secondo per diventarlo, in un incidente di
lavoro o stradale". E’ duro, Cechet, quando dice queste parole, ed
è forse per questo suo essere paladino della diversità che spesso è osteggiato
nelle sue iniziative personali, che hanno costi elevati e necessitano
di sponsorizzazioni che invece non arrivano. Emblematico il caso della
“Città dei pesci”. Era un progetto studiato assieme al gruppo di attività
subacquee “Full Immersion” di Sistiana (Trieste). Nel tratto di costa
triestina, nei pressi del famoso Castello di Miramare, c’era la possibilità
di costruire in una zona fatta di piccoli anfratti, delle “casette” dove
alcune specie marine potessero proliferare. Dovevano essere cinquanta.
Dieci dovevano restare come monumenti all’handicap superato, le altre
quaranta vendute a prezzo di offerta, col ricavato che doveva servire
a finanziare i corsi di sub per disabili. Nessuno ha voluto finanziare
questo progetto, e non se n’è fatto niente. |