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Un'occasione
da prendere al... volo
Sulla
statale che collega Monfalcone, e quindi le acque regionali, a Udine,
a un certo punto ci si imbatte in una sedia di legno alta una decina
di metri. Siamo a Manzano, il centro friulano famoso nel mondo per
essere leader mondiale nella produzione delle sedie. A pochi chilometri
da Manzano c’è un piccolo paesino, Premariacco. Lì c’è la scuola
di volo “Fly and Joy” che fra un po’ di tempo sarà famosa perché
sarà la prima in Europa ad aver preparato un nonvedente ad ottenere
un brevetto di volo. |
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“Quel”
non vedente è Sergio Cechet. "Io sono fatto così - ci dice
mentre lo accompagniamo all’ultima prova di volo prima del corso
effettivo - ho in me un continuo senso di sfida verso il mio corpo,
verso l’handicap. Voglio sempre tentare di andare oltre le mie possibilità,
perché è bello farcela ma anche semplicemente tentare, senza pensarci
più di tanto. E per carattere, devo sempre essere diverso. Per questo
ho anche pensato ai record". I piccoli ultraleggeri, aerei
da turismo biposto che possono volare sia a motore acceso che spento,
già ci volano sulla testa. Sergio li guarda: "La sensazione,
corporea e mentale, che si prova lassù è la stessa che si prova
sott’acqua: la totale libertà, l’assenza di barriere, l’assenza
di peso che ti dà una bellissima emozione, specialmente quando scendi
in picchiata o sei nel bel mezzo di una virata". La passione
di Cechet per l’aria e gli aerei, come dimostra la sua storia personale,
è nota, ma l’idea di entrare in una cabina di pilotaggio, per lui,
nonvedente e con una grave mutilazione al braccio sinistro, come
è nata? "Per caso, due anni fa. All’annuale fiera “Hobby &
Sport” di Udine, c’era lo stand del volo ultraleggero. Per scherzo
ho chiesto al responsabile se mi potesse fare il brevetto, e lui
mi ha risposto “perché no?” dandomi un buono per il volo d’orientamento".
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Il
responsabile è il comandante Italo Scarpa, 40 anni, che assieme
all’altro istruttore Giuseppe Agostino, dirige dal 1997 la “Fly
and Joy”, scuola ufficiale dell’Aeroclub Italia, l’ente morale
che gestisce l’aviazione civile e sportiva nel nostro Paese. Gli
diamo appuntamento in ufficio dopo il volo di Cechet, che comincia
a prepararsi, “indossando” la sua speciale protesi, che gli consente
di tenere la cloche direzionale anche col braccio sinistro.
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"Proprio
la protesi mi ha bloccato nei primi tempi - racconta Cechet -
la prima che ho avuto mi dava noia, ora ne ho un'altra modificata
ma c’è voluto tempo". Infilata la protesi, la tuta dove si
intravedono i gradi di tenente (pari ruolo di Scarpa, anche lui
congedatosi come tenente dall’Arma Aeronautica) e il casco, si
può partire. Cechet sale sull’ultraleggero a fianco di Scarpa,
che gli rinfresca la memoria sui comandi dell’aereo e soprattutto
sulle strumentazioni di bordo. La pista è in erba, il decollo
è leggero, il volo dura una ventina di minuti. Da terra si possono
vedere le virate, il velivolo sorvola la scuola e il paese. Dopo
dieci minuti c’è il “touch and go”: l’aereo atterra sulla pista,
vi scivola per alcune centinaia di metri, poi riprende quota senza
fermarsi. Al termine della prova, Cechet è soddisfatto: "Ho
provato le solite, bellissime sensazioni. Ma anche un leggero
mal di stomaco durante le virate, si vede che ero fuori allenamento!
Comunque sono pronto per iniziare il corso: non vedo l’ora".
Si entra in ufficio, il comandante Scarpa, gentile e disponibile,
sorride e fa i complimenti a Sergio che ricambia, facendo qualche
annotazione sull’aspetto fisico dell’istruttore che replica: "Eh!
Il volo rende giovani dentro, ma fuori ti mina!". Mentre
Cechet si cambia, Scarpa torna serio quando gli chiediamo cosa
si prova a cimentarsi in quella che per entrambi è un impresa:
per Sergio imparare a pilotare, per lui insegnare a pilotare a
un nonvedente. "Sono sincero e non voglio fare del populismo
- risponde guardandoti dritto negli occhi - non c’è nessuna differenza.
L’impegno e le indicazioni sono uguali, cambiano le esigenze dell’allievo
ma non la metodologia addestrativa. A bordo, poi, devo semplicemente
essere un faro, i suoi occhi. Gli dico solo, “un po' più a destra,
un po’ più a sinistra” ecc. Poi fa da solo: Sergio è una persona
in gamba". Un’esperienza unica nel suo genere: a quanto risulta
ufficialmente, solo in Giappone i nonvedenti sono impegnati nel
volo, ma in quello di parapendìo. Sono seguiti e istruiti via
radio. La “Fly and Joy” ha invece alle spalle un’altra esperienza
importante nell’addestramento disabili: ha infatti istruito Willy
Del Negro, affetto da nanismo distrofico. "Gli abbiamo costruito
su misura l’abitacolo: sono stati dei momenti incredibili, che
ci hanno fatto capire come tutto sia possibile". Cechet usa
invece un modello comune, lo “Storch” ad ala alta, realizzato
anch’esso in Friuli, precisamente dalla “Fly Sinthesys” di Gonars.
"L’unico problema che deriva dalla menomazione di Sergio
- chiarisce Scarpa - riguarda gli standard medici che devono essere
rispettati per ottenere il brevetto. Sergio non vi rientra per
la vista, non per quella all’avambraccio. Ma noi lo faremo lo
stesso, poi lo proporremo all’Aeroclub Italia, che dovrà approvarlo
e certificarlo. E noi speriamo che capiscano che si tratta di
un’occasione unica. Anche perché tutte le altre norme di sicurezza
sono rispettate e le ore dedicate all’insegnamento (da circolare
ministeriale: 12 ore di volo e 23 di teoria in aula in 3 mesi)
saranno molte di più dei valori minimi". E una volta ottenuto
questo brevetto? "Ho due cose in testa - risponde sicuro
Sergio Cechet - il paracadutismo oppure lo slittino, se sarà presente
alle Paraolimpiadi di Torino 2006. Ma adesso ho fame, andiamo
a mangiare".
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