Biografia Disabilità Io e l'acqua Io e l'aria

Cuba, Cile, Mar Rosso: Sergio no limits
"Quando sono sott’acqua mi si riapre di nuovo la vista, immagino tutto quello che tocco, tutto quello che ho visto fino a 25 anni". Non c’è tristezza in Sergio Cechet, quando dice queste parole, ma felicità. La felicità di aver trovato nell’acqua l’ambiente dove poter dimenticare le barriere fisiche e psicologiche che lo imbavagliano nella vita quotidiana. "Considero l’acqua l’ambiente ideale. E originario: quando vi entro mi sembra di rientrare nel grembo materno".
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"In acqua ottengo una perfetta simbiosi con la sostanza liquida e mi libero del mio peso. La pressione mi lega, mi avvolge, qualche volta mi crea panico. Ma provo una sensazione favolosa". Cechet viene da una terra dove si nasce con la passione del mare. Il golfo di Trieste è famoso per il vento, l’attività di vela è sviluppata (anche quella per disabili: la Federazione Italiana Sport Disabili in collaborazione con la Società Velica Oscar Cosulich di Monfalcone organizza ogni anno la manifestazione “Vela senza limiti” dove i disabili possono apprendere le nozioni velistiche e scendere in mare su imbarcazioni che sono l’ultimo ritrovato della tecnologia) così come quella del canottaggio. E quasi tutti hanno la barca, anche per andare nella vicina Croazia, dove l’acqua limpida e i fondali ricchi di pesci e vegetazione sono un paradiso per subacquei a poche miglia marine da casa. "Sono sempre andato al mare, fin da bambino. Semplicemente con maschere e pinne, per mancanza di soldi non avevo né attrezzature né qualcuno che mi insegnasse tecniche di immersione".
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Fino a quando ha potuto lavorare, il tempo a disposizione per coltivare i propri hobby è stato poco, poi… "Poi ho cercato qualcuno che mi potesse far apprezzare e “vedere” il mondo sommerso, ma tutte le porte sono rimaste chiuse fino al 1988 quando ho conosciuto l’H.S.A. Italia, filiale dell’Handicap Scuba Association californiana. Un istruttore, Mario Pecchiari di Trieste, mi ha spiegato come funziona quest’agenzia, e come sono stati standardizzati gli schemi subacquei per portatori di handicap. Finalmente avevo trovato qualcuno che si prendesse la responsabilità di portarmi sott’acqua. Potevo prendere anch’io il brevetto".
Il subacqueo ronchese ha fatto il corso a Trieste. L’entusiasmo e la voglia di imparare gli hanno facilitato l’apprendimento, ma gli ostacoli da superare sono venuti dopo. Il brevetto di Cechet, in quanto nonvedente, è infatti di classe C: il disabile ha cioè bisogno di due accompagnatori brevettati perché non è in grado di fornire asistenza al compagno di immersione né di provedere alla propria sicurezza in caso di emergenza. Ciò lo ha bloccato fino al’93 per la difficoltà a trovare accompagnatori. Poi, la svolta: l’incontro col paraplegico ed istruttore HSA Gino Lapucci in partenza con altri amici per Cuba. "Lì ho visto un paraplegico entrare in acqua e ho capito che nell’acqua era libero, privo di ogni limitazione. L’ho visto stare in piedi, e mi sono emozionato. Inoltre avevo sempre avuto il sogno di visitare i mari tropicali, e quando mi sono immerso ho detto: questa è la mia vita. L’attività subacquea m’avrebbe preso intimamente e fisicamente. L’acqua era caldissima, potevo toccare i coralli, le gorgogne, le enormi spugne, i pesci. Emanavo talmente tanta vitalità che i sommozzatori del luogo mi soprannominarono “El loco”, “Il pazzo”. A Cuba, poi, sono tornato altre due volte, stabilendo il mio primo record personale d’immersione di 42,5 metri. In seguito sono stato anche sul Mar Rosso, a Sharm El Sheikh, dove sui fondali ho incontrato il mortale Pesce Pietra e anche in Cile a El Guarriba. Mi ricordo la differenza di temperatura con le acque dei Caraibi: l’Oceano Pacifico è freddissimo. E anche i fondali sono totalmente diversi: ci sono alberi con alghe che sembrano enormi tagliatelle, larghe 10 centimetri e lunghe diversi metri, tra le quali sono riuscito a giocare con uno squalo pintarocha di circa 80 centimetri".