Il villaggio nella città Samsun, un porto del Mar Nero ancorato tra due strade della Berlino turca |
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Biliardo oggi o elettricista domani Apo e Fatih hanno visto la vera Samsun solo sulle vetrine delle agenzie di viaggi tra la Reichenberger e la Manteuffelstr. Non sono ne' turchi ne' tedeschi, non hanno la licenza media, ne' lavoro e neppure la ragazza. E adesso? |
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La firma di Fatih e l'entrata al cortile del centro Chip. Le altre foto |
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A qualsiasi ora del mattino del pomeriggio e della sera, davanti al centro giovanile sulla Reichenbergerstr un gruppetto di ragazzi tra i tredici e diciott’anni, dai capelli scuri e gli occhi neri se ne sta lì sulla recinzione dell’aiuola colorata solo dalle lattine di birra vuote, a parlare un mix di tedesco e turco, con una gestualità animosa estranea a qualsiasi altro ragazzo berlinese. Questi ragazzi sono la "terza generazione" studiata dai sociologi, perché, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sta meglio, né è più integrata della seconda. Quando
visitano le case dei nonni per le vacanze, i parenti rimasti in Turchia
chiamano questi ragazzi “deutschlaender”. Ma loro non si
sentono esattamente così. “Ma
a che serve studiare, tanto poi non trovo un posto” racconta Apo.
Di un’intera annata di ragazzi che hanno preso quest’anno
il diploma nella scuola professionale del quartiere vicino di Neukoelln,
ad esempio, solo uno ha ottenuto un posto da praticante, primo passo
verso il mondo del lavoro. Lo conferma il direttore del centro giovanile,
Wolfram Englert: “Uno su ottanta”. Tra
quelle due strade, dove si può anche vivere senza sapere una
parola di tedesco, Apo passa gran parte del suo tempo, in gruppo con
gli amici. Ogni pomeriggio nel centro giovanile, nel caffè
con le pareti spoglie e il pavimento di linoleum grigio, giocano a carte
o a biliardo. Oggi invece incontra il suo amico Fatih.
Quando ho lasciato la scuola, spiega, voleva solo “trovare un lavoro”. Un’idea più precisa di come dovesse essere la sua professione non l’aveva. “Volevo solo cominciare a portare a casa dei soldi, anche i miei erano d’accordo”. Per ora di stipendio non se ne vede neppure l’ombra. Forse Fatih frequenterà uno dei corsi speciali per imparare un mestiere, messi a disposizione dalla città per permettere a ragazzi come lui di qualificarsi. Intanto ha richiesto la nazionalità tedesca, che dal ‘99 si conferisce a chi è nato in Germania. Amici tedeschi non ne ha, ma, dice, con un passaporto made in Deutschland lo tratteranno meglio. Anche Apo vuole fare un tentativo. Ha cominciato un corso di un anno, per prendere il diploma di scuola media. Poi dovrebbe frequentare una scuola di formazione professionale, per diventare imbianchino o elettricista. Finora i corsi di questo tipo dell’ufficio di collocamento e le numerose iniziative della Lega turca Berlino e Brandeburgo (TBB), che vanno dall’orientamento al lavoro alla riqualificazione professionale, non hanno variato le statistiche tragiche della disoccupazione e della criminalità giovanile. Ma Apo è ottimista, “il quartiere è come una prigione” dice, e vorrebbe uscirne, anche se, gli amici, dopo i parenti, sono l’unica cosa su cui contare. Innanzitutto bisogna prendere il diploma, racconta. E non è cosa da poco: si tratta di presentare entro la fine dell’anno 16 ricerche su vari argomenti delle principali materie di studio. “Non ci crederete – dice sorridendo, ma facendo roteare occhi e mani - tutte e 16 per iscritto!” |
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