Il villaggio nella città Samsun, un porto del Mar Nero ancorato tra due strade della Berlino turca |
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Tra i banchi senza futuro Cartelle, ragazzini, urla e scherzi: una scuola come un’altra, la Eberhard Klein di Kreuzberg. Eppure c'è una differenza: qui di ragazzini tedeschi ce ne sono pochi, neppure l'ombra di un biondino. |
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La scuola "Eberhardt Klein". L'edificio è del 1886, in mattoni rossi, con decorazioni in terracotta, nello stile dello storicismo tedesco. In più qualche graffito. Le altre foto |
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I genitori che si preoccupano di assicurare ai figli una buona educazione non li spediscono in questo istituto. “Dieci anni fa la metà dei nostri scolari era tedesca. Oggi il 95 per cento sono stranieri” spiega Joachim Klein, condirettore della scuola, che integra le medie con le professionali, in un quartiere con la più alta percentuale di stranieri, ma anche con punte drammatiche di disoccupazione e criminalità giovanile. Qui vanno invece a studiare i ragazzini che crescono nell’angolo di Samsun; ogni mattina, salvo le frequenti “assenze ingiustificate”, attraversano la Reichenbergerstr., passano sotto il ponte di ferro della metropolitana sopraelevata, la linea verde U1, e percorrendo un tratto della Skalizerstr, arrivano a scuola, al numero 55. “I
politici hanno permesso che si costruisse un ghetto – dice il pedagogo
– e ora gli insegnanti si trovano a combattere una partita persa
in partenza”. I ragazzi, spiega, parlano turco a casa e per le strade,
e fin dalle elementari neppure a scuola vengono a contatto con madrelingua
tedeschi: è naturale che abbiano problemi linguistici. Quasi tutti
hanno bisogno di corsi di sostegno: aggiungono alle quattro ore settimanali
di tedesco, due ore di Daz (Deutsche als Zielsprache,
tedesco come obiettivo). Sadettin Birkan e Musa Oezdemir insegnano alla Eberhardt Klein il turco come lingua facoltativa. Il livello linguistico è di molto inferiore alle scuole turco-tedesche di Ankara, dice Birkan, per esperienza personale. Nessuno di questi ragazzi è bilingue. Piuttosto, spiegano entrambi, il fenomeno più diffuso è quello di un doppio analfabetismo: non sanno esprimersi bene ne’ in turco, ne’ in tedesco. Anche il progetto di insegnare nella loro madrelingua ai bambini nelle prime due classi delle elementari, rimane solo un progetto; un’idea che si somma a quella per la fusione di queste scuole con quelle dei quartieri vicini. Un altro progetto, in perenne fase iniziale per mancanza di fondi, è quello di rivalutare le competenze multiculturali di questi ragazzini, di vedere come una ricchezza la loro diversità dai bambini tedeschi. A vederli così scherzare e giocare in cortile, sembrano vivaci, allegri. Ma una di loro, una ragazzina di appena dieci anni, quando vede la macchina fotografica, si avvicina e, chiede con tono aggressivo: “Perché fotografi la nostra scuola, che vuoi? Sei scema? Ti pare tanto bella?"
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