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"Così li facevo ridere nel lager"

“Quel giorno i tedeschi entrarono in fabbrica all’improvviso. Ci fecero salire sui camion. Lungo il tragitto tutti cercavano un foglietto da lanciare alle donne di Cornigliano. Io feci appena in tempo a scrivere: Emma, mi portano in Germania, abbi cura del bambino”.
Novantaquattro anni, una vita da raccontare.
Mario Magonio
è uno dei 1200 operai genovesi deportati a Mauthausen il 16 giugno del 1944. Non prigionieri politici, ma operai specializzati di Ansaldo, Piaggio, San Giorgio. Lavoratori coatti, braccia spedite a costruire armi da guerra nella Germania nazista ormai prossima alla sconfitta. Il filo della storia si è ingarbugliato senza che le SS lo venissero a sapere. Quando Mario, un operaio dei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente, è entrato in scena, con un partner d’eccezione.
Ricorda tutto, con lucidità: “Dopo tre giorni di viaggio arrivammo a Mauthausen. Chi cercava di scappare veniva stritolato dalle rotaie o ucciso dai repubblichini che scortavano il treno. Pioveva a dirotto e molti di noi erano ancora in canottiera. A colpi di frusta ci fecero camminare nella melma fino al campo di concentramento. Entrammo in un salone completamente vuoto, con file di tubi forati sul soffitto. Ci fecero ammassare nudi. Pensavamo che da lì sarebbero usciti i gas. Invece ci venne addosso una forte scarica di acqua gelida che immediatamente dopo divenne bollente”.
Le notizie dall’Italia sono frammentarie, confuse.
La notte si dorme sulle panche, a gruppi di tre perché le coperte non bastano. Si mangia cibo per uccelli, nessuno osa fiatare per la paura. Mario, però, se la cava e stringe i denti. E’ già stato prigioniero. Classe 1909, l’infanzia tra un collegio e l’altro, impara a trasgredire nell’orfanotrofio di Sant’Olcese dove le guardie regie lo sbattono a sei anni per sottrarlo al degrado dei vicoli. Così, nello squallore del lager, il lampo di genio: “Una sera decisi di rompere quel silenzio. Mi sono tolto una calza, l’ho inguantata come se fosse un burattino e ho recitato a braccio il mio primo spettacolo: - Compagni! Non piangete! Sono io... Baciccia! Tutto questo finirà e presto torneremo a casa. Se Genova sarà distrutta ci rimboccheremo le maniche e la ricostruiremo, più bella di prima. Ma vedrete che la Lanterna la proteggerà! - Non ci fu un applauso ma sentii una voce strozzata dal pianto che gridava: bravo Baciccia!”.

Ifg Urbino - aprile 2004