1. Da Santa Maria...

Nel campo di Santa Maria gli ospiti ebrei lavoravavano, pregavano, discutevano, facevano di tutto per dimenticare gli orrori del nazismo. Per ritornare a vivere.Zivi Miller gestiva una piccola lavanderia, un lavoro che poteva servire a fare qualche soldo e magari sgombrare anche la mente dai suoi foschi ricordi. Di lui, gli abitanti di Santa Maria e i suoi stessi compagni, sapevano poco.

Non che Zivi Miller fosse uno particolarmente schivo di carattere, anzi. Aveva imparato in fretta l'italiano, dopo tuto non tanto diverso dalla sua lingua madre: il rumeno. Anche per questo nel campo fu dal principio uno degli ospiti più benvoluti. Ma del suo passato non parlava con nessuno. O quasi.

C'era qualcuno che era riuscita a a smuovere un po quel muro che Zivi aveva costruito tra sè e il suo passato. C'era qualcuno con cui Zivi riusciva a parlare. Era Giulia My, la sua giovane vicina di casa. Occhi svegli e fisichino gracile, Giulia era una dei 15 figli di un pescatore di Santa Maria. Zivi l'aveva assunta per avere un aiuto in lavanderia ma lei seppe dargli molto di più.

Solo a Giulia, Zivi era riuscito a raccontare della sua vita a Bukarest. Di Olga, la sua bellissima moglia che gli aveva da poco dato anche un bambino, Leon. A lei aveva anche racconato di Auscwitz, di come la sua famiglia gli fosse stata strappata da quelle mani crudeli. Solo a Giulia Zivi raccontò di come i nazisti gli avano ammazzato le due persone che amava di più.

Ma Giulia non riuscì solo ad aprire il cassetto dei ricordi di quel giovanotto rumeno. Fece breccia anche nel suo cuore. Così, mentre nel Displaced person camp n°34, molti dei profughi ebrei cominciavano a ritornare faticosamente a vivere, Giulia e Zivi organizzarono una delle "fughe" d'amore più brevi che si ricordano da queste parti. A Giulia bastò una notte attraversare la strada ed entrare "ufficialmente" nella vita di Zivi Miller.

(continua...)