Scalate a banche, finanziarie misteriose e offerte milionarie
Pubblicato il 25/04/2012
Sette novembre 2011. Alla Confederazione del lavoro Sanmarinese, il più grande sindacato della repubblica, arriva uno strano fax. Sono tredici pagine gonfie di rivelazioni scottanti su un banca, la Banca Commerciale Sanmarinese (Bcs), che tiene in custodia i fondi pensione degli iscritti. C’è anche un avvertimento: la banca è al collasso, gli operai devono stare in guardia se ci tengono alla pensione. In calce al fax c’è un firma: è quella di Francesco Agostinelli. Mentre lo invia si trova agliarresti domiciliari per possesso di armi e droga.
Venticinque febbraio 2012. La Bcs è stata comprata daun’altra società, Asset Banca. Il giorno successivo le redazioni dei giornali della piccola Repubblica vengono prese d’assalto da un fiume di email con foto di documenti e raccomandate. Raccontano che c’era stata un’offerta alla fine del2011 per comprare la Bcs. Un’offerta di 23 milioni, superiore a quella fatta da Asset Banca. Ma la generosa proposta, denuncia l’autore della mail, non è stata nemmeno presa inconsiderazione. L’uomo che ha offerto 23 milioni e che ha mandato quella mail è sempre lui: Francesco Agostinelli. Una settimana dopo sarà arrestato su richiesta del sostituto procuratore Enrico Cieri della Dda di Bologna con l’accusa di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
Due scene per raccontare l’impresa più misteriosa di Francesco Agostinelli. Il tentativo di un colpo gobbo multi-milionario nel momento più improbabile della sua vita. Non sono in molti a prendere sul serio quell’offerta. Prima tra tutti la Banca Centrale di SanMarino che non si prende nemmeno la briga di rispondergli. David Oddone, dell’Informazione di SanMarino, è il primo a ricollegare la firma di quelle mail arrivata nel febbraio 2012 al personaggio arrestato un anno prima. Lo stesso scetticismo lo dimostra anche Roberto Galullo, del Sole24ore, che in quei giorni intervista Agostinelli.
Difficile dare torto alla Banca centrale e ai due giornalisti. Incerto patron di un’impresa vicina al fallimento, agli arresti domiciliari, una solida tradizione di cause e protesti alle spalle, Francesco Agostinelli non rappresenta il ritratto ideale del raider finanziario dotato dei capitali necessari per acquistare una banca. Non ha alcuna proprietà intestata. Anzi: alle spalle ha il pignoramento di alcuni immobili a Cagli, in provincia di Pesaro-Urbino. E’residente nella casa del suocero, in un quartiere residenziale di Pesaro. A suo nome non si trovano leasing né per barche, né per ville, né per macchina costose. La sua azienda (entrata in fallimento nel 2012), la Magnolia Srl di Pesaro, aveva un capitale sociale di appena 30mila euro. Il patrimonio della ditta consisteva in dodici appartamenti a Giussago e in alcuni terreni ad Aulla. Il loro valore sommato si aggira intorno ai due tre milioni di euro.
Millanterie senza fondamento, dunque. Forse. Ma a leggere con attenzione le carte dell’inchiesta Vulcano viene più di un dubbio. E si affaccia il timore che Agostinelli potesse fare sul serio. Verso la fine del 2010, un anno prima del tentativo di comprare la Banca Commerciale di SanMarino, sembra che Agostinelli abbia in mente un altro progetto simile. La società che vuole comprare è la Fincapital, una finanziaria di San Marino. La società è controllata tramite dei prestanome dal notaio Livio Baciocchi, un personaggio chiacchierato che sarà poi accusato dalla Dda di Napoli di usare Fincapital per riciclare il denaro sporco della camorra. L’acquisizione non va in porto perchè, stando alle intercettazioni, sopraggiunge un altrogruppo di Teramo e una misteriosa signora di Rimini.
Difficile stimare il valore di Fincapital. Ci si può basare sulla cifra con cui questo gruppo di Teramo avrebbe rilevato la società: 14 milioni di euro. Una cifra non molto lontana dai 23 milioni che Agostinelli avrebbe offerto un anno dopo per comprare la Banca Commerciale.
L’unica ipotesi che resta inpiedi è quella che Agostinelli agisse per conto di qualcunaltro. Un’ipotesi avvalorata dal fatto che nell’offerta di acquisto per Banca Commerciale parla di acquisire le azioni “per sé o per terzi”. Dagli atti dell’inchiesta Vulcano viene fuori che Agostinelli aveva diversi complici, legati ai casalesi: Massimo Venosa e MaistoPasquale. Gente che si accapigliava con gli altri gruppi criminali della riviera per spremere ad un piccolo imprenditore 10 mila euro, qualche rolex e qualche vestito costoso.
In realtà un’operazione simile, una banca che viene scalata dalla criminalità organizzata, era già avvenuta a San Marino. La vicenda è stata scoperta dall’inchiesta sul Credito Sanmarinese che ha portato in prigione i due dirigenti della banca nell’estate 2011. Nel tentativo di ripianare il bilancio pieno di buchi avevano, secondo la magistratura, spalancato le porte alla famiglia di Vincenzo Barbieri, ‘ndranghetista assassinato nel marzo 2011. Nelle casse del banca finiscono così 15 milioni di euro, sufficenti a salvare la banca e forse anche qualcosa di più. Secondo gli investigatori con quei soldi i Barbieri l’hanno comprata.
Agostinelli aveva delle frequentazioni con personaggi di calibro maggiore di Maisto e Venosa. Dagli atti dell’indagine viene fuori che aveva rapporti regolari con Mirko Ponticelli, autista di Francesco Barbato (a sua volta luogotenente di Nicola Schiavone, il figlio di Sandokan), con Salvatore di Puorto (fratello di Sigismondo, arresto nel dicembre 2010). Gente con un profilo criminale diverso e disponibilità di un altro calibro rispetto ai mazzieri che frequentava di solito. Gente più simile a Vincenzo Barbieri che a Massimo Venosa.
Il mistero di quei 23 milioni,però, sembra essere destinato arimanere tale. Il fatto, commes-so a San Marino, al momentonon interessa la giustizia italia-na, mentre quella di San Marino al momento non comunica di aver aperto alcuna indagine