È chiusa ma resiste: la storia di sopravvivenza della biblioteca provinciale di Roma
Pubblicato il 19/04/2014
ROMA – Itinerante, resistente, chiusa. È la biblioteca provinciale di Roma. Un’istituzione che vanta più di un secolo di storia. Peccato che negli ultimi dieci anni gli utenti non abbiano potuto fruire dei suoi servizi.
I problemi che hanno condizionato la vita della biblioteca, dal 2003 a oggi, sono quelli che investono un gran numero di istituzioni culturali di questo tipo del nostro paese: difficoltà finanziarie che portano a una contrazione degli acquisti e dei servizi. Ma anche degli spazi.
“Non si può dire che ci sia stato un momento ben preciso di crisi – spiega Monica Sperabene, bibliotecaria alla provinciale dal 1999 – la situazione organizzativa della biblioteca è sempre stata molto difficile, per problemi di tipo organizzativo e finanziario. Abbiamo passato anni anche molto duri. Però sicuramente le grane più grandi sono cominciate quando ci hanno tolto i locali perché dovevano essere adibiti ad altro uso. Da allora sono seguite varie fasi di sistemazioni logistiche più o meno temporanee sempre a Palazzo Valentini, sede storica della biblioteca e della Provincia. A un certo punto noi dipendenti siamo stati costretti a occupare la sala lettura perché non c’era spazio per gli uffici. Era impossibile lavorare in quelle circostanze e noi stessi, nostro malgrado, chiedemmo di chiudere la consultazione perché non eravamo più nelle condizioni di procedere”.
Nel 2007 anche gli spazi rimasti nel palazzo della Provincia vengono meno e così l’intera biblioteca è costretta al trasloco. Direzione Villa Altieri, sull’Esquilino, un’ex scuola che nelle intenzioni dell’amministrazione deve diventare un nuovo polo culturale della Capitale. Ma una sistemazione momentanea. Dal 2010 cominciano i lavori di ristrutturazione dello stabile e così la biblioteca provinciale di Roma chiude i battenti in attesa di riapertura.
La peculiarità di questa istituzione è però la resistenza. Come fa una biblioteca a essere resistente nonostante la chiusura? Con la volontà di mantenersi in vita nonostante le difficoltà. E infatti se la chiusura della biblioteca è da far risalire al 2003, quella effettiva è più recente e coincide con i lavori di restauro a Villa Altieri nel 2010. In che senso? Nel senso che bibliotecari e dipendenti hanno continuato a fare lavoro di back office e a erogare servizi nel tempo: prestito interbibliotecario, orientamento nella ricerca, pubblicazioni di manoscritti inediti, attività con le scuole.
“Nel momento della chiusura – continua Monica Sperabene – c’è stata una fortissima tensione tra noi colleghi: il dialogo interno era molto infuocato. Ci chiedevano cosa fare, c’era chi diceva ‘ci incateniamo’, chi diceva ‘facciamo lotta sindacale’, chi diceva ‘denunciamo’. Alla fine ha vinto chi voleva continuare a lavorare e basta. Nonostante tutto. Per continuare a dare visibilità alla biblioteca anche se era chiusa”.
Anche perché oltre al danno ci fu pure la beffa. Quando la biblioteca chiuse i battenti nel 2003 fu approvato con delibera del consiglio il nuovo regolamento: “Ci lavoravamo da oltre un anno – racconta Sperabene – la condizione che stavamo attraversando ci aveva portato a fare una selezione del patrimonio, a chiederci quale presente e quale futuro dovesse avere la biblioteca”.
La Provinciale nata nel 1912 come supporto al consiglio provinciale, aveva perso nel tempo parte della sua anima. Il patrimonio di tipo giuridico, legislativo e amministrativo, usato e richiesto perlopiù dai consiglieri, aveva diminuito la sua importanza dagli anni ’90, quando il consiglio era diventato un organo puramente consultivo. A prevalere da allora la “seconda anima” della biblioteca, quella relativa alla storia della città di Roma.
“Quello sulla nuova fisionomia della biblioteca fu un ragionamento affatto semplice – continua Sperabene -nel frattempo avevamo fatto anche il grosso della catalogazione nel servizio bibliotecario nazionale. E così mentre apparivamo in maniera più massiccia nel mondo, quando finalmente molti studenti ci scoprivano, noi chiudevamo”.
La riapertura dovrebbe, però, ormai essere prossima, prevista al massimo nei primi mesi del 2015. Il cantiere a Villa Altieri non è ancora terminato eppure i lavori di sistemazione del patrimonio nella nuova biblioteca sono già cominciati. Patrimonio eterogeneo perché la nuova sede ospiterà la biblioteca provinciale di Roma, il sistema bibliotecario provinciale e l’archivio di Stato. Ci sarà spazio sufficiente a Villa Altieri? “Gli spazi sono un po’ stretti – dice Claudia Berni, responsabile dal 2010 delle tre componenti librarie che verranno ospitate a Villa Altieri – e stiamo portando avanti per questo motivo un processo di revisione del patrimonio. Sempre considerando la nuova fisionomia della biblioteca in relazione al territorio, l’Esquilino, e alle altre biblioteche civiche del comune e della provincia”.
In questo periodo di chiusura il patrimonio librario della provinciale è stato diviso in alcuni depositi: circa 13.500 volumi, il nucleo storico del fondo, già catalogato in Sbn e relativo alla storia locale, è stato relegato in un edificio nella zona del Trullo a Roma. Altri 50.000 libri sono stati dirottati in un deposito di Pomezia. La parte del fondo custodita al Trullo è stata già selezionata e portata nella sede di Villa Altieri.
“I volumi del deposito di Pomezia – spiega Claudia Berni – andavano, e vanno ancora oggi, selezionati e rivisti al fine di essere in parte riportati in biblioteca, se pertinenti alla sua missione, in parte ceduti ad altre biblioteche del territorio. Abbiamo già pronte circa una cinquantina di scatole per la nuova sede ma il lavoro di revisione non è ancora concluso. Poi, certo, abbiamo fatto degli acquisti, più o meno per 5.000 euro, ma non cose grandissime, abbiamo completato aggiornamenti, abbonamenti, riviste. Il problema degli spazi è una costante delle biblioteche italiane”.
Ma una parte di questo patrimonio è sicuramente stato danneggiato da tutte le traversie subite dalla biblioteca. Nei passaggi da un deposito all’altro alcuni materiali si sono deteriorati, alcuni libri sono andati al macero perché pieni di muffa.
“Finché i libri stavano all’interno di Palazzo Valentini – spiega Sperabene – e poi a Villa Altieri rimanevano in buone condizioni. Ma nei depositi qualche danno c’è stato: per esempio nel 2009 siamo dovuti andare a mettere i teloni sui libri custoditi al Trullo perché pioveva dentro le stanze. Altri deterioramenti ci sono stati poi nel passaggio tra Palazzo Valentini e l’attuale sede della biblioteca. In quel caso i libri vennero spostati in un camion che faceva avanti e dietro perché c’erano problemi amministrativi. I libri sono rimasti parcheggiati nell’atrio di Palazzo Valentini per qualche giorno sotto il sole di luglio. E poi, chiaramente, le difficoltà di budget della biblioteca anche mentre era aperta non consentivano di restaurare i libri che necessitavano di questo intervento. Non avevamo soldi. Per un certo periodo la biblioteca è sparita dal documento amministrativo interno per lo stanziamento dei fondi”.
Eppure il momento di crisi attraversato dalla biblioteca provinciale di Roma è stato occasione di ripensamento della propria funzione. Anche una biblioteca ha necessità di mettersi in discussione, di chiedersi da che parte andare e come, di capire in che modo interagire con gli utenti. E le risposte che i bibliotecari della provinciale hanno conquistato sono tutte nel senso di una struttura polivalente, aperta e accogliente, al di là dei libri che ordinati sporgono dagli scaffali.
“Alcune risposte ce le siamo date – afferma Monica Sperabene – e riguardano la necessità dell’interazione col territorio, lo sviluppo di servizi digitali, l’importanza della storia locale. Vogliamo che una biblioteca cresca in base ai bisogni dell’utenza. C’è una forte presenza multiculturale qui sull’Esquilino, siamo a due passi da piazza Vittorio. Le reti possibili da creare sono tante”.