C’è una parte di Villa Adriana che non è aperta ai visitatori. Si tratta dell’Accademia, una zona privata che appartiene alla famiglia Bulgarini. Per visitarla occorre un permesso speciale da parte della Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio, dalla quale Villa Adriana dipende, ma la famiglia apre volentieri le porte agli studiosi e agli archeologi.
Dove si trova. L’Accademia è situata nella zona più alta e isolata di Villa Adriana, alle spalle del Canopo. È una enorme spianata, coperta ora dagli ulivi. Alcuni hanno ipotizzato che fosse sistemata a mo di giardino e che servisse all’imperatore per fare passeggiate. Altri hanno immaginato che fosse una riserva di caccia, lo sport preferito da Adriano.
A sud arrivava fino agli edifici dell’Accademia e dell’Odeon mentre a nord terminava con la cosiddetta Roccabruna, della quale rimane solo la parte inferiore. Era sormontata da una rotonda panoramica con un tempietto colonnato alla quale si poteva salire grazie ad una rampa che c’è ancora oggi. Proprio grazie al suo panorama, secondo alcuni studi, era l’edificio dal quale Adriano amava guardare le stelle. Dalla Roccabruna si accedeva alla spianata dell’Accademia. Oggi, invece, i turisti non possono proseguire oltre. Vicino alla Rocca, c’è ancora il muro di contenimento che serviva un tempo a proteggere e a rendere ‘inaccessibile’ l’Accademia e che arriva fino alla proprietà dei Bulgarini. Oggi, sporgendosi dal muro, si vede un cancello. Uno dei tre che si incontrano sulla via che porta alla loro casa.
Cosa si nasconde nell’Accademia? A 300 metri da Roccabruna si estende l’area dell’Accademia, una delle meno conosciute della villa. Il primo rudere che si incontra è un Padiglione di ingresso di cui rimangono in piedi tre dei quattro pilastri originari, che in passato probabilmente sorreggevano una cupola. Proprio qui furono trovate le statue dei Centauri di Aristeas e Papias, oggi conservate ai Musei Capitolini.
Dal Padiglione si entrava poi nel grande giardino interno dell’Accademia, circondato da un portico. Era probabilmente un giardino chiuso, segreto: gli alti muri che lo circondano dovevano forse ripararlo dai venti. Sul un lato del giardino c’era un doppio portico, affacciato su una terrazza con una vista panoramica. Su un altro lato del giardino si sono conservati tre ambienti che oggi sono stati trasformati in un fienile con una torretta. In uno di questi tre si trova ancora oggi l’originario soffitto in stucco.
Il Tempio di Apollo è uno degli edifici meglio conservati dell’Accademia ed è anche uno dei più importanti. È una grande sala circolare, di oltre 12 metri di diametro, della quale è rimasta in piedi circa la metà. Aveva un piano inferiore e un piano superiore. Quest’ultimo aveva delle nicchie dentro le quali probabilmente erano contenute delle statue. Accanto al tempio, intorno al 1700, fu trovato il mosaico delle Colombe, oggi ai Musei Capitolini.
Una sala absidata detta Zooteca si trovava a sud del tempio, di cui rimangono i resti delle pareti. Le piante antiche del Piranesi indicano la presenza nella zona di un impianto termale e dipassaggi sotterranei anche sotto al portico centrale dell’Accademia.
Ancora più a sud si trovano i resti dell’Odeon, il teatro dell’imperatore Adriano. Moltissimi scavi furono fatti in questa zona e durante uno di questi furono portate alla luce le statue delle Muse, oggi al museo del Prado di Madrid. La cavea è completamente interrata mentre, nascosti dalla vegetazione, si vedono i muri del fronte scena e la pavimentazione in mosaico bianco.
Nell’Accademia si trova anche uno degli edifici più singolari e mai completamente indagati: il ninfeo degli Inferi. Era una ex cava di tufo con l’accesso alle estremità a due grotte. Da queste si arrivava, tramite un intricato sistema di vie sotterranee, sia all’Odeon, sia al Grande Trapezio. Quest’ultimo è un altro luogo affascinante che nasconde l’Accademia. È un sistema di vie sotterranee lungo quasi 4 chilometri, con soffitti alti quasi 4 metri. A forma di trapezio, i tunnel consentirebbero oggi il passaggio di due macchine vicine proprio come una vera autostrada sepolta. Ma a cosa servivano? Gli studiosi ipotizzano che fossero ambienti destinati agli schiavi che in tutta la villa si muovevano solo sottoterra, e che loro li utilizzasseri per trasportare gli approvigionamenti. Altri, invece, hanno dato un’interpretazione quasi ‘simbolica’ a tutto l’insieme di gallerie: Adriano le avrebbe fatte costruire, insieme al ninfeo degli Inferi, per rendere omaggio al culto dell’aldilà.
Nascosti dalle piante si trovano i resti dell’acquedotto che probabilmente alimentava i giochi d’acqua di tutto il complesso. Tutta la Villa Adriana sfruttava le pendenze del terreno per facilitare lo scorrimento dell’acqua quindi è probabile che questa zona fosse una specie di riserva idrica. L’acquedotto, riportato su un incisione di Penna, forse era collegato a uno dei grandi acquedotti pubblici che trasportavano l’acqua da Tivoli a Roma.