Ha lo stesso nome e lo stesso indirizzo di casa di un imperatore vissuto più di 2000 anni fa. Adriano D’Offizi abita a Villa Adriana, all’interno della maestosa residenza fatta costruire dall’omonimo imperatore nel 132 d.C.. Non solo: ha avuto anche il destino di nascerci dentro, il compito di curarla come direttore e la missione di raccontare a tutti la sua bellezza. Ma anche la sfortuna di assistere al suo declino. Oggi, dopo 83 anni passati a contatto con la storia, osserva impotente il degrado progressivo della villa, che una volta era “il suo gioiello”.
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“Amo questo posto. È normale. Ci sono nato”: con queste parole Adriano D’Offizi inizia il suo racconto, seduto sulla sedia a dondolo della sua casa, a pochi passi dall’entrata principale della villa. “Sono venuto alla luce nella zona del Canopo, che all’epoca era solo un’immensa vallata – spiega Adriano – la nostra casa si trovava dove ora c’è il museo. Il primo ad abitarla fu mio nonno, poi mio padre con tutta la sua famiglia”. Situata vicino al secolare “albero bello”, un ulivo sotto al quale Adriano si vanta di essere nato, l’abitazione non era l’unica della zona.
“Nel territorio della villa c’erano all’epoca le case dei contadini che servivano il conte Giuseppe Fede, che nella prima metà del XVIII secolo aveva acquistato una parte del complesso. Poi, quando lo Stato acquistò la villa, dopo l’Unità d’Italia, le case dei contadini furono date in concessione ai guardiani e al personale che aveva il compito di tenere pulita Villa Adriana”. Anche la casa in cui vive oggi l’ex direttore è una casa concessa al “personale di servizio”. L’unica rimasta: le altre tre sono state tutte abbandonate, da quando i guardiani hanno smesso di abitare nella villa.
“Era bello, era bello, era bello”, così Adriano D’Offizi, in pensione da più di 20 anni, descrive gli anni passati a vivere e a lavorare nella villa. “Sono cresciuto giocando tra i ruderi, facendo gli scherzi ai guardiani e fin da piccolo ho avuto a che fare con gli archeologi che iniziavano a fare le prime scoperte”. A fargli eco c’è la moglie Assuntina, che vive con lui nella villa da quando si sono sposati: “Anche i miei figli sono cresciuti qui. Il primogenito è nato nel mio paese d’origine, Viterbo, ma la seconda è stata partorita accanto al Canopo, proprio come il padre. Ora non vivono più qui. Giuliana, però, è impiegata in un ufficio della villa e suo fratello appena può corre qui da noi. Ama questo posto”. I suoi ricordi poi si perdono tra le lunghe passeggiate con la carrozzina attraverso la villa e le sere d’estate passate alla finestra a sentire i concerti che si tenevano al Canopo. “Era un sogno”, dice Assuntina. Ma poi qualcosa è cambiato.
Adriano D’Offizi è stato direttore di Villa Adriana per 46 anni. Ora che è in pensione, il suo pensiero vola spesso a quegli anni. “Ho avuto a che fare con personalità di altissimo livello – afferma – personaggi politici e dello spettacolo, gente che da tutto il mondo veniva ad ammirare la villa”. “Una volta venne l’ambasciatore americano in visita – racconta – mi dissero che aveva solo un’ora di tempo e in quell’ora io avrei dovuto spiegargli qualcosa di Villa Adriana. Pensai: “Bhè, in un’ora posso al massimo fargli vedere il plastico. Ci incontrammo, iniziai a raccontare e rimase talmente ammaliato che volle rimanere di più. Si fermò tutto il giorno. E per ringraziarmi mi regalò un viaggio di venti giorni in America, proprio a me che non ero mai uscito da Villa Adriana!”
Non solo ambasciatori. Anche attori e personaggi politici capitarono nella villa mentre Adriano D’Offizi era direttore. “Giravano molti film qui. A volte i registi mi facevano anche delle richieste assurde come riempire le Grandi Terme di acqua. Io gli dicevo: ‘Non potete’ e loro si arrabbiavano. Ma il mio compito era difendere la villa!”. “Poi nelle sere d’estate tenevamo la villa aperta fino a mezzanotte per concerti e rappresentazioni teatrali – racconta – veniva Giorgio Albertazzi a tenere il suo spettacolo ispirato al libro “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar. La stessa scrittrice passò sei mesi nella villa, insieme a me, mentre ultimava la sua opera. Le raccontavo ogni giorno cose nuove sull’imperatore e sulla sua residenza e lei ne era entusiasta. Ci ha legati una bella amicizia, nata proprio tra queste rovine”.
Da direttore Adriano D’Offizi ebbe a che fare anche con personaggi politici. Uno in particolare, Amintore Fanfani, fu cruciale per la scoperta del Canopo. “Accompagnai Fanfani in visita a villa Adriana. Parlavamo del fatto che ci fossero zone pericolanti, lavori da fare. Arrivati al Canopo, che non era scavato, ci mettemmo ad ammirare la vallata in fondo alla quale si vedeva mezza volta. Dissi a Fanfani: ‘Sicuramente questa vallata nasconde qualcosa’ e lui rispose: “E allora perchè non la scavate?”. Io gli spiegai: “Perchè non ci sono i fondi. Con i pochi fondi che abbiamo cerchiamo di non far crollare la villa’. Allora lui decise di finanziarci i cantieri. Per un anno scavammo e alla fine portammo alla luce 35 sculture. Decidemmo di creare il museo adiacente al Canopo per conservarle. Lasciammo fuori solo quelle in cemento armato. Ancora oggi sono le uniche esposte nella villa”.
Sono molti i ricordi di Adriano D’Offizi che oggi si scontrano con una realtà in cui l’incuria e il disamore verso la villa stanno prendendo il sopravvento. “Questo è un luogo unico al mondo. Ci sarebbero ancora tanti lavori da fare, tante cose da portare alla luce – afferma Adriano – proprio sotto casa mia hanno iniziato i lavori 4-5 anni fa e poi li hanno abbandonati. Solo ora sono ripresi, stanno scoprendo delle cose bellissime ma chissà se andranno avanti”. Secondo la moglie anche la manutenzione di un complesso così grande scarseggia: “Prima c’erano tantissimi custodi che andavano in giro per la villa, tutti con l’uniforme. Si riconoscevano. Oggi un turista che ha bisogno di un’informazione non sa a chi chiederla perchè nella villa non c’è nessuno. Una volta due visitatori sono finiti a casa mia, non sapevano più dove passare perchè tutte le strade erano interrotte, si erano persi”.
All’appello oggi mancano anche i fiori che un tempo riempivano la villa: il rosmarino piantato al Pecile che è stato sradicato, le querce che non ci sono più. “Prima era un sogno, ora è un pianto”, racconta Assuntina. E a ‘piangere’ è anche suo marito: “Villa Adriana è un complesso immenso, si stima che ci fossero circa 50mila schiavi oltre ai nobili che la frequentavano. Ma molti ambienti sono ancora inesplorati – spiega Adriano – dovremmo puntare a portare avanti i lavori di scavo, a rendere il complesso ancora più visitabile, a far innamorare i visitatori che entrano. Far tornare la villa il gioiello che era. Non quando c’ero io, ma quando c’era l’imperatore”.