Nola: “Sono parte lesa,
l’interramento dei rifiuti
è avvenuto a mia insaputa”


Pubblicato il 8/04/2014                          


L’8 gennaio 2014, anche nelle terre molisane si è iniziato a scavare alla ricerca di rifiuti tossici. Il primo terreno isolato e controllato dalla procura di Isernia, sotto la supervisione della guardia Forestale e dei tecnici dell’Arpa Molise, è stato quello di Vittorio Nola, presidente del Consorzio di bonifica della piana di Venafro.

“Sembrava di essere in un film. Tutta quella gente vestita con tute argentate e mascherine. Avevano in mano degli strumenti particolari per rilevare la presenza di ferro nel terreno”. Questa è la prima immagine che Vittorio Nola ha delle due giornate di scavi sulla sua proprietà in località Torciniello a Venafro.

“Ho ricevuto una telefonata dagli uomini della Forestale la sera prima. – racconta – Mi hanno detto che mezzi e personale specializzato avrebbero esaminato la mia terra. Ho avvisato i miei mezzadri e dato piena disponibilità alle autorità. Mi trovavo a Roma, ma ho fatto di tutto per essere lì la mattina seguente, perché ero il primo ad essere interessato e incuriosito da quella circostanza”.

Su una proprietà di 11 ettari, i vigili del fuoco di Benevento hanno scavato una porzione di terra di circa 4000 metri quadrati, perché in quel punto il magnetometro e il georadar avevano registrato una concentrazione elettromagnetica “molto particolare”. Stando ai racconti di Vittorio Nola, le autorità erano convinte che sotto quella particella di terra ci fossero i bidoni di rifiuti tossici e per questo hanno continuato a scavare, finché la ruspa non si è fermata. “Hanno tirato fuori un’enorme trave di ferro – spiega il proprietario – sarà stata lunga almeno quattro metri. Insieme c’erano cemento e scarti di costruzioni e un paio di fusti esausti di olio e benzina”.

Niente rifiuti tossici o radioattivi, ma comunque rifiuti che non sarebbero dovuti essere lì. “Il mio stupore era enorme, così come quello dei miei coltivatori”, dice Vittorio Nola mentre, negando un suo coinvolgimento diretto, spiega la storia del terreno.

Tra il 1988 e il 1989 la proprietà venne sottoposta ad una bonifica fondiaria per eliminare il pietrisco che rendeva la terra incoltivabile e sostituirlo con terreno vegetale. Nola in quel periodo, per motivi di lavoro, si divideva tra Roma e Torino e fu il suo mezzadro ad occuparsi di tutto. Dice di aver preso accordi con  persone di Venafro per eseguire i lavori, ma non ci sono carte o contratti che possano testimoniarlo. È riuscito a risalire all’anno dei lavori grazie al figlio del suo precedente mezzadro, ora scomparso, che proprio nell’88 partì per fare il militare. “Le uniche carte che esistono – spiega – potrebbe averle la Forestale che all’epoca credo abbia dato l’autorizzazione ai lavori. In quel periodo, infatti, a Venafro molti coltivatori, imprenditori agricoli e proprietari hanno accettato di farsi bonificare i terreni, per questo credo che debbano esserci delle autorizzazioni”.

Vittorio Nola si presenta come parte lesa nella vicenda, per due motivi principali: si ritiene truffato da chi ha eseguito la bonifica fondiaria del terreno, interrando rifiuti a sua insaputa, ed è amareggiato con le autorità che non hanno escluso da subito la presenza di rifiuti tossici. “Le indagini sul mio terreno – dice – sono state fatte proprio nei giorni in cui si parlava delle dichiarazioni di Carmine Schiavone, la mia preoccupazione non era tanto a livello personale o per la mia proprietà, ma era vedere accostare il nome del Molise e del territorio venafrano alla terra dei fuochi campana”.

Una preoccupazione amplificata anche dal ruolo di responsabilità ricoperto da Vittorio Nola, che dal maggio 2013 è anche il presidente del Consorzio di bonifica della piana di Venafro, un ente pubblico che si occupa della difesa idraulica del territorio. Con oltre 5.400 associati, controlla e gestisce 150 chilometri di corsi d’acqua e 190 chilometri di canali di scolo. “Se le nostre acque fossero inquinate dai rifiuti tossici – spiega il presidente Nola – noi lo sapremmo. Inoltre, da quando ci sono io è stato modificato il criterio con cui vengono date le concessioni alle industrie potenzialmente inquinanti: ora devono garantire anche lo scarico delle acque. Non misuriamo più soltanto le emissioni in aria, ma anche quello che va a finire nei canali di bonifica. Questo ha obbligato le aziende a dotarsi di depuratori interni che prima non c’erano”.

Il presidente del Consorzio di bonifica non vuole parlare invece dell’intricata vicenda del terreno a riposo del cugino Ernesto Nola, ma di una cosa è certo: “Se c’è una lista di siti particolarmente problematici è necessario che le indagini partano da quei siti e che soprattutto si proceda ad una bonifica veloce per evitare ulteriori danni ambientali e di concorrenza nel mercato agroalimentare”.

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