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Senti
chi parla...il computer!
Pinne,
maschera, muta, Gav (giubbetto ad assetto variabile), cintura
di pesi, erogatori, bombole, strumenti di controllo, il tutto
per un valore di circa un milione di euro. L’attrezzatura
subacquea di un disabile con le menomazioni di Sergio Cechet
non è diversa da quelle comuni. "Quello che cambia per
me - spiega con un po’ di amarezza - è il tempo di vestizione.
Un’immersione di venti minuti, me ne costa quaranta di vestizione". |
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"Anzi,
direi che proprio questo può essere l’emblema della mia vita: le
cose normali, a me costano fatica, e gli ostacoli si moltiplicano.
Ma io voglio lottare fino in fondo per superarli". La muta
è la cosa più particolare nell’equipaggiamento di Cechet. Neanche
in acqua, infatti, dimentica i suoi trascorsi militari: sembra infatti
una tuta mimetica, con le classiche zebrature verdi, marroni e nere.
"Per il resto è una comune semistagna in neoprene, con la cucitura
al moncone". La semistagna è una muta che ripara dal freddo,
e grazie a delle guarnizioni in lattice permette solo ad una minima
quantità d’acqua di entrare dai normali punti d’infiltrazione (collo,
polsi e caviglie, ma non dalle cerniere, che sono stagne) che dividono
il neoprene dalle altre parti dell’equipaggiamento, ovvero guanti
e pinne. Quest’acqua entra ma non esce dalla muta: non c’è cioè
ricircolo e si riscalda piano piano col calore del corpo. Il cappuccio
è invece parte integrante della muta. "Le mie pinne invece
- spiega ancora Cechet - hanno un’aerodinamica particolare, moderna.
Hanno infatti un taglio longitudinale nella parte anteriore che
mi consente di pinnare con uno sforzo molto basso, anche a grandi
profondità dove aumenta la densità dell’acqua e quindi la difficoltà
di movimento. L’importante è usare le pinne con discernimento: mai,
per esempio, dare pinnate sul fondo, per spostarsi. Sia per non
alzare un polverone, sia per rispetto del fondale. Sul Mar Rosso
e in altri mari, si rischia di rovinare i coralli, che già di per
sé, con l’effetto-serra e quant’altro sono in via d’estinzione". |
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"Per
chi non conosce l’attività subacquea, forse il pezzo più faticoso
da comprendere è il Gav, il giubbetto ad assetto variabile. "E’
una sorta di polmone artificiale - spiega Cechet - che consente
di muoversi sott’acqua. Assieme ai pesi di piombo (la zavorra),
serve a controllare il proprio assetto. Dico polmone, perché segue
lo stesso comportamento: più è gonfio, più ti fa salire in superficie,
e qui si dice che l’effetto è positivo. Si ottiene invece effetto
negativo quando viene sgonfiato d’aria e quindi ti spinge verso
il fondo, effetto neutro quando galleggi in posizione. In questo
caso l’aria equilibria il peso della zavorra di piombo".
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L’effetto
neutro è particolarmente importante, perché serve sia quando bisogna viaggiare
molto vicini al fondo, sia nella tappe di decompressione, per non stancarsi.
"Certo - dice Cechet in gergo “marino” - non si può salire “in pallonata”,
ma bisogna farlo lentamente, a una velocità massima di due metri al secondo.
Altrimenti c’è il rischio di cadere nelle MDD, le malattie di decompressione
che vanno dai normali sensi di nausea al vomito, per arrivare nei casi
più gravi all’embolia. C’è una curva di sicurezza da rispettare, che mette
in relazione tempo di permanenza e profondità. Se si esce da questa curva,
bisogna fare, appunto, delle tappe di decompressione cioè fermarsi il
tempo necessario per consentire all’azoto di trasformarsi da stato liquido
(nel sangue) a gassoso (nei polmoni). Ogni tot metri di risalita, cioè,
bisogna fermarsi tot minuti per respirare. Durata e profondità delle tappe
sono fissate da speciali tabelle". Il Gav è attaccato alla bombola,
cui è collegato tramite un frustino con il quale regolare l’afflusso d’aria.
La bombola, ovviamente, fornisce al subacqueo l’aria per respirare: la
scelta della bombola adeguata dipende dal tipo di immersione che si vuol
fare, dall’impegno e quindi dal consumo d’aria che richiede. "Data
la mia respirazione - dice Cechet - nella mia bombola ho aria per un’ora
se sto a una profondità media di cinque metri, 45-50 minuti a venti metri.
Poi, la capacità diminuisce proporzionalmente". La bombola è dotata
di un rubinetto, detto “primo stadio”, per aprire e chiudere il flusso
d’aria, e di un attacco al quale si collegano gli erogatori, che servono
a rendere respirabile l’aria ad alta pressione contenuta nella bombola.
Infine ci sono gli strumenti: orologi subacquei che indicano il tempo
dell’immersione, il profondimetro, la bussola, il termometro, il manometro
che indica la quantità d’aria disponibile nella bombola. Tutti questi
strumenti, per Sergio Cechet, sono contenuti in unico computerino subacqueo
“parlante” che gli fornisce tutte le informazioni necessarie. Informazioni
che si aggiungono a quelle date dall’accompagnatore, con il quale comunica
tramite interfonici ad ultrasuoni, composti da microfono e auricolare.
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