Echelon, alla scoperta del Grande Fratello
Echelon: molto rumore per poche prove

Occhio che spia ogni movimento. Orecchio che ascolta ogni parola. Mente che penetra ogni pensiero. Sembrava solo un mito, allucinante frutto dell’immaginazione profetica di uno scrittore. Invece, no. La negazione di ogni libertà, il simbolo di tutte le dittature dalla penna di George Orwell si è materializzato nella realtà. Il Grande Fratello esiste. E ha un nome: Echelon. Rete di spionaggio costituita in piena guerra fredda dai servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Con basi segrete sparse in tre continenti, in grado di intercettare tutte le conversazioni telefoniche, i fax, i t\elex, le e-mail, e potenti computer capaci di estrapolare da miliardi di suoni e parole qualsiasi le voci e i nomi ritenuti interessanti.

Il caso Echelon scoppia all’inizio del 1998. E’ febbraio quando il "sistema di sorveglianza globale" conquista i titoli dei giornali: comincia il settimanale "Il Mondo", con un lungo dossier, che descrive nei dettagli i meccanismi di ascolto e registrazione di tutto ciò che transita attraverso il sistema di telecomunicazioni internazionale. La fonte sembra autorevole: un rapporto commissionato dal Parlamento europeo, intitolato "Valutazione delle tecnologie di controllo politico". Il documento porta due firme: quella dello Stoa (Scientific and Technological Options Assessment), struttura ufficiale di Strasburgo per le problematiche tecnico-scientifiche, e quella di Steve Wright, ricercatore della Omega Foundation, organizzazione di Manchester impegnata sul fronte dei diritti umani, che lo ha materialmente redatto. E presentato alla Commissione libertà civili e affari interni dell’Europarlamento il 27 gennaio 1998.

Da questo momento il caso comincia a montare ed Echelon diventa un nome familiare. I giornali di tutto il mondo, dal Times al Village Voice, da Wired al Telegraph, da Izvestia al New York Times, denunciano la gravità dell’esistenza di una rete di monitoraggio globale, si ergono a difesa della privacy violata, tentano di approfondire la notizia intervistando ex-agenti dello spionaggio, politici, magistrati, responsabili dei servizi segreti. Che la fine della guerra fredda non significasse la fine dello spionaggio era noto, così come era pacifico che i governi occidentali, anziché smantellare gli apparati di intelligence, avessero tentato di riconvertirli dalla originaria funzione antisovietica verso altri obiettivi. Ma leggere, nero su bianco, la convalida di un’opinione, per quanto diffusa, è allarmante: "A differenza di altri sistemi di spionaggio elettronico sviluppati durante la guerra fredda - scrive il rapporto Stoa - Echelon punta essenzialmente a obiettivi non-militari: attività governative, di organizzazioni, di imprese praticamente in tutti i paesi". Ancora più allarmante è la capillarità del sistema di monitoraggio: comunicazioni militari, messaggi diplomatici criptati, conversazioni commerciali confidenziali, oltre alle "normali" comunicazioni quotidiane: tutto quello che passa via telefono, fax, telex, internet, viene intercettato da basi e satelliti, analizzato da programmi intelligenza artificiale attraverso la ricerca di parole chiave e sofisticati meccanismi di riconoscimento vocale, e archiviato in un’immensa banca-dati comune alle cinque agenzie coinvolte. Con l’americana Nsa come partner principale, in grado di accedere a tutti i messaggi intercettati, e con Inghilterra, Canada, Australia e Nuova Zelanda a ricoprire il ruolo subalterno di fornitori di informazioni.

Ma nessun giornale trova una conferma a quella che, per il momento, sembra più che altro una spy story a trama fantapolitica. Silenzio da Stati Uniti e Gran Bretagna, "no comment" della Nsa. L’unica prova dell’esistenza di Echelon è il rapporto Stoa. Che, a sua volta, non si basa su nessuna fonte diretta: che il Grande Fratello non sia un’invenzione letteraria, infatti, è scritto in un libro e in un’inchiesta giornalistica. Quando Wright sostiene che "tutte le comunicazioni sono intercettate dalla National Security Agency, che trasferisce le informazioni a Fort Meade via il nodo strategico di Londra e via il nodo cruciale di Menwith Hill", non utilizza atti ufficiali, informative dei servizi o indagini parlamentari. Il rapporto Stoa cita unicamente Somebody’s listening, un’inchiesta dell’88 del giornalista investigativo scozzese Duncan Campbell, Secret Power, libro del ’96 del neozelandese Nicky Hager, e il classico The Puzzle Palace di Andrew Bomford, che descrive il pre-Echelon. Oltre alle note di agenzia Reuters, agli articoli di Guardian, Independent e Times, alle denunce di numerose organizzazioni non governative, da Amnesty International a Privacy International, a Statewatch.

Le fonti del rapporto sono quindi indirette e per lo più giornalistiche: Echelon esiste perché lo hanno scritto Hager e Campbell; e i giornali hanno la certezza che Echelon esista perché è scritto nel rapporto Stoa. Di prove dirette non ne ha nessuno: l’unica è quella che fornisce Nicky Hager in Secret Power: le interviste che lui stesso ha fatto a una cinquantina di ex agenti segreti neozelandesi, che hanno abbandonato il Gcsb alla fine degli anni Ottanta. Sua è anche l’insistenza, che sarà poi fatta propria dallo Stoa, sulle finalità politiche del network di sorveglianza: pur notando, infatti, un intenso monitoraggio di tutti i paesi aderenti al Gatt (l’accordo multilaterale sulle tariffe doganali e sul commercio firmato nel 1947, da cui è nato il Wto), Hager non esita a scrivere che "le maggiori priorità all’interno dell’alleanza continuano a essere lo spionaggio politici e militare teso a supportare i loro interessi nel mondo". E mette in guardia: "Ognuno e ogni cosa riguardi ciò può diventare un bersaglio".

Il rapporto Stoa si spinge oltre: "Le nuove tecnologie di sorveglianza sono usate per tracciare le attività di dissidenti, attivisti dei diritti umani, giornalisti, leader studenteschi, minoranze, leader sindacali e oppositori politici". Il Parlamento europeo, dunque, fin dall’inizio, mostra un orientamento ideologico ben preciso e di Echelon sottolinea soprattutto l’aspetto di minaccia per la privacy, le libertà civili e i diritti politici. Solo un fugace accenno, invece, a un’altra funzione di Echelon: lo spionaggio economico e commerciale. Vengono citati la lotta tra la giapponese Nec e il colosso americano delle telecomunicazioni AT&T per una fornitura all’Indonesia; un contratto per un sistema radar in Brasile "soffiato" dalla Raytheon alla francese Thomson; lo spionaggio di Boeing e Mc-Donnel Douglas ai danni del consorzio europeo Airbus. Ma la preoccupazione principale del rapporto Stoa sembra una sola: che "in Europa tutte le e-mail e le comunicazioni telefoniche sono intercettate dalla National Security Agency in modo indiscriminato".

Licenza di spiare? I segreti di Echelon

Intercettazioni telefoniche, monitoraggio di fax, telex ed e-mail, satelliti-spia: nulla sfugge al Grande Fratello elettronico di nome Echelon. La parola deriva dal francese antico echelon, a sua volta proveniente dal tardo latino scala: scalino, ma anche, reticolato o, meglio, "gruppo di unità singole non allineate". Che sarebbero - secondo la ricostruzione fatta da Nicky Hager in Secret Power, e confermata dal primo rapporto Stoa al Parlamento Europeo - i servizi di intelligence di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Questo "sistema di sorveglianza globale", come lo chiama Hager, è il frutto tecnologico più avanzato dell’Ukusa Security Agreement, un patto di collaborazione per la raccolta e lo scambio di informazioni stretto nel 1947 da Stati Uniti e Gran Bretagna e successivamente allargato agli altri tre alleati, tutti rigorosamente anglofoni. La più importante agenzia di intelligence che vi ha preso parte è senza dubbio l’americana National Security Agency (Nsa), designata come "la prima parte in causa del trattato". Il Government Communications Headquarters britannico (Gchq) ha firmato l’accordo a nome del Commonwealth, facendo così partecipare all’alleanza il Defence Signals Directorate australiano (Dsd), il Communications Security Establishment canadese (Cse) e il neozelandese Government Communications Security Bureau (Gcsb): considerati "le seconde parti in causa del trattato", hanno stabilito relazioni dirette tra loro e con la Nsa. Che, però, approfittando del suo peso e del fatto che i fondi per le infrastrutture e per i progetti comuni provenissero principalmente dagli Usa, ha sempre confinato i partner internazionali nel ruolo di semplici esecutori.

Anche se nessuno dei cinque paesi coinvolti ha mai ammesso ufficialmente l’esistenza di questo accordo, Echelon, spiega il ricercatore neozelandese, "è il prodotto di decenni di intensa attività spionistica in funzione antisovietica". Con una differenza. Scrive il rapporto Stoa: "Diversamente dalla maggior parte dei sistemi di spionaggio elettronico sviluppati durante la guerra fredda, Echelon è progettato principalmente per obiettivi non militari: governi, organizzazioni, aziende , gruppi e individui, praticamente in ogni parte del mondo".

Attraverso la sua rete di satelliti-spia, basi di intercettazione terrestri e supercomputer, Echelon intercetta indiscriminatamente, in tutto il mondo, enormi quantità di comunicazioni, veicolate da qualsiasi linea di trasmissione: telefonate, fax, telex, e-mail, che passano attraverso antenne a microonde, cavi sottomarini e satelliti. I dati raccolti vengono poi "letti" in tempo reale dai potenti database dislocati nelle stazioni di ascolto: battezzati "dizionari", sono in grado di estrapolare dalla miriade di messaggi intercettati, un milione ogni mezz’ora, quelli contenenti le keywords, le parole-chiave precedentemente inserite, decodificarli e inviarli al quartier generale dell’agenzia competente.

La maggior parte delle intercettazioni sono di competenza delle cinque grandi basi Ukusa, le cui parabole sono orientate sui 25 satelliti Intelsat usati dalle compagni telefoniche di tutto il mondo per le comunicazioni internazionali. A ogni paese del patto è affidata la copertura di una particolare area del mondo. La stazione britannica di Morwenstow, in Cornovaglia, è puntata sui satelliti dell’Atlantico, dell’Europa e dell’Oceano Indiano; la base americana di Sugar Grove, in Virginia, intercetta gli Intelsats di Nord e Sud America; l’altra base Usa, a Yakima, nello stato di Washington, è orientata sul Pacifico, verso est; le comunicazioni che sfuggono a Yakima vengono coperte dalla stazione neozelandese di Waihopai e da quella australiana di Geraldton, che controlla anche l’Oceano Indiano. Una seconda rete di intercettazione è costituita dalle basi che sorvegliano i satelliti russi e altri sistemi di comunicazione regionale: Menwith Hill in Inghilterra (che con 22 terminali satellitari è la più grande delle stazioni Ukusa), Shoal Bay in Australia, Leitrim in Canada, Misawa in Giappone, Bad Aibling in Germania e la segretissima base di appoggio di Pine Gap, ancora in Australia. Parabole a parte, la copertura completa del sistema di comunicazione globale è assicurata dalla costellazione di satelliti-spia, in codice "Vortex", che la Nsa ha messo in orbita a partire dagli anni ’70: quello che controlla l’Europa staziona a 22.000 miglia di altitudine sopra il Corno d’Africa.

Il cuore di Echelon, però, è rappresentato dai "dizionari", i computer in cui ogni giorno finiscono i milioni di messaggi intercettati: collegati in rete, permettono alle diverse stazioni di ascolto di funzionare come un tutto integrato. "Ogni mattina - descrive Hager - gli analisti, con tutto il loro speciale indottrinamento, aprono i loro computer ed entrano nel sistema dei dizionari. Dopo aver effettuato la routine di password e di controlli, finiscono nella cartella con la lista dei differenti tipi di intercettazioni, ognuno con il suo codice a quattro numeri. Per esempio, 1991 sta per comunicato diplomatico giapponese, 3848 sta per comunicazioni politiche da e sulla Nigeria, 8182 riguarda qualsiasi messaggio sulle tecniche di crittografia". La selezione avviene attraverso la lista delle parole-chiave programmate per ogni categoria: nomi di persona, di organizzazioni, di paesi, di argomenti, numeri di telefono, indirizzi di posta elettronica. Criteri tra i più disparati, ma che riflettono, tutti, le preoccupazioni del momento: "Ogni pochi giorni - precisa Hager - i dictionary manager dei cinque paesi cambiano la lista delle parole-chiave, togliendone delle vecchie e inserendone di nuove, a seconda dei temi politici, diplomatici ed economici di interesse per gli Usa e i loro alleati". Qualche esempio: Bce, Benelux, bomb, Bugs Bunny, Exon Shell, Ira, guerrilla, Sabena; ma anche Ak-47, la sigla del fucile kalashnikov, Stinger, il missile antiaereo, Twa-800, la sigla del boeing esploso nel ’96 sull’Atlantico, e perfino Vine Foster, il nome di un amico di Bill Clinton suicidatosi nel ’93.

Insomma, basta che nel corso di una telefonata o di uno scambio di e-mail siano menzionate parole come "terrorismo", "droga", "guerriglia" o nomi come "Castro", "Saddam Hussein", "Gheddafi", perché l’intera comunicazione sia identificata dai dizionari, selezionata dagli analisti impiegati nelle basi di intercettazione e spedita via satellite al quartier generale della Nsa a Fort Meade, in Maryland, dove spetta ai tecnici americani decodificarla e analizzarla. Alla fine, i dati raccolti vengono archiviati sotto forma di "rapporti", traduzioni dirette dei messaggi intercettati, "gists", compendi telegrafici in cui è riportato il nocciolo della comunicazione, e "sommari", compilazioni riassuntive di diversi rapporti e gists.

Da Grande Fratello a spia commerciale

Altro che gigantesco "aspirapolvere" in grado di captare con capillare meticolosità tutte le comunicazioni del globo. Altro che occhio elettronico capace di spiare indistintamente tutti gli abitanti del pianeta. Echelon non è il Grande Fratello, inquietante minaccia alla privacy di ognuno. Non più, o almeno non solo. E’, piuttosto, una "banale" spia commerciale, rete di spionaggio ormai datata che cerca di mantenersi in vita e al passo con i tempi, passando informazioni riservate alle grandi aziende americane e facendo pressioni politiche sui governi di tutto il mondo. Parola di Duncan Campell: è lui, giornalista investigativo scozzese da più di dieci anni impegnato in ricerche su Echelon, l’autore di "Interception Capabilities 2000", secondo rapporto sulla rete di sorveglianza globale, commissionato, come il primo, dallo Stoa, lo Scientific and Technical Option Assessment del Parlamento europeo. Redatto a maggio del 1999, a un anno e mezzo di distanza da quello della Omega Foundation, lo studio di Campbell è stato presentato alla Commissione libertà civili e affari interni di Bruxelles il 22 febbraio 2000, insieme con altre tre relazioni sui "rischi di abuso economico nelle nuove tecnologie di sorveglianza elettronica".

Echelon e l’e-commerce, dunque. A differenza delle tesi ideologiche e apocalittiche sostenute da Wright, autore del rapporto 1998 ("Tutte le comunicazioni via telefono, fax e posta elettronica sono intercettate dalla National Security Agency"), l’approccio di Campbell è politico e commerciale. Innanzitutto, una rassicurante precisazione: "Non sono ancora disponibili strumenti automatici di riconoscimento di una specifica parola nell’ambito di una telefonata". Quindi, non è mai esistito quel sistema di analisi così sofisticato da scandagliare parola per parola le telefonate alla ricerca delle famose keywords, come sosteneva il primo rapporto Stoa. Al massimo "esistono - si legge in "Interception Capabilities" - dei software sperimentali che provano a riconoscere una voce piuttosto che un’altra".

Il sistema di intercettazione messo su da Nsa e alleati a partire dagli anni ’70, conferma Campbell, è davvero mastodontico: 120 satelliti spia, almeno dieci basi terrestri, antenne dislocate in quattro continenti, il tutto a un costo annuo compreso tra i 15 e i 20 miliardi di dollari. L’attività di spionaggio, però, non è così indiscriminata come si credeva: il "grande orecchio elettronico" della Nsa non ascolta contemporaneamente le conversazioni di ognuno, ma è puntato su sospetti criminali, politici, diplomatici e, soprattutto, grandi aziende. Bersaglio principale, negli ultimi anni, l’Europa. Obiettivo: favorire le companies americane nei grandi accordi commerciali internazionali. Insomma, ecco la vera novità del nuovo rapporto, Echelon avrebbe consentito agli americani "di avere informazioni fondamentali sul piano economico e conquistare una posizione più interessante sui mercati commerciali" ai danni degli europei.

Se già l’anno scorso un ex-agente della Nsa, Wayne Madsen, aveva raccontato che il colosso americano delle comunicazioni AT&T avrebbe soffiato in extremis alla giapponese Nec un contratto in Indonesia, Campbell esibisce le prove di altri due casi in cui i dati raccolti da Echelon sono stati utilizzati "abusivamente" per sottrarre a imprese europee commesse per oltre sette miliardi di dollari. "Nel 1994 - spiega - la Nsa ha intercettato telefonate fra Thomson-Csf e il Brasile riguardo la vendita di un sistema di sorveglianza della foresta amazzonica: valore 1,3 miliardi di dollari. La compagnia venne accusata di avere versato tangenti a membri della commissione di selezione brasiliana. La commessa andò alla US Raytheon Corporation". Ancora: nel 1995 "tutti i fax e le telefonate tra il consorzio europeo Airbus e le aerolinee dell’Arabia Saudita furono utilizzati per far vincere un bando di gara da sei miliardi di dollari alla Boeing e McDonnell Douglas". Anche in questo caso i funzionari dell’Airbus vennero accusati di aver offerto bustarelle a esponenti del governo saudita.

Prima destinato allo spionaggio "classico" oltre la Cortina di ferro, poi riconvertitosi alle intercettazioni commerciali sull’Europa, Echelon è comunque in difficoltà: se la rete Ukusa riesce tranquillamente a monitorare le comunicazioni via satellite, la crescita di Internet, l’utilizzo di cavi a fibre ottiche, lo sviluppo delle tecniche di crittografia hanno reso inadeguata una parte consistente del sistema: "Le comunicazioni criptate, trasmesse a più di 64 bit, su fibre ottiche sono più difficili e più costose da spiare", sottolinea Campbell. Per questo, secondo lui, Echelon sta correndo ai ripari con due diverse strategie. La prima: l’aggiornamento delle tecnologie utilizzate per le attività di spionaggio. Ecco allora venire in soccorso le aziende americane produttrici di software, come l’Ast, che produce il "Transponder" per intercettare i nuovi satelliti, lo "Snapper" per monitorare le bande e registrare i dati e l’unità "Acquisition Data" per analizzarli. La seconda: le pressioni diplomatiche su governi e aziende perché le intercettazioni siano consentite più facilmente. Ne è un esempio - afferma Campbell, sostenendo di averne le prove - l’accordo che Ibm e Microsoft avrebbero stipulato con la Nsa per fornirle le chiavi di accesso ai programmi di software e ai browsers Internet venduti agli europei. In pratica, un microsistema di ascolto verrebbe direttamente inserito nei computer destinati ai mercati europei al momento della produzione. Un caso per tutti: il sistema Notes, usato per la corrispondenza confidenziale del parlamento svedese e fornito da Ibm a Stoccolma con una modifica "per poter essere letto dalla Nsa".

Nella stessa ottica andrebbero interpretate le insistenze del governo americano nei confronti dei paesi europei per un regolamento mondiale in materia di intercettazioni: regolamento che vorrebbe imporre l’uso di tecnologie e standard di crittografia prodotti dagli Stati Uniti e controllati dai servizi segreti americani. A questo scopo servirebbe anche il gruppo di studio "Ilets" (International Law Enforcement Telecommunications Seminar) creato nel 1993 da americani ed europei per elaborare un codice che doveva autorizzare le intercettazioni delle comunicazioni da parte delle forze di polizia internazionali. Gruppo, però, "fondato dal Fbi" e al quale, secondo Campbell, rappresentanti di paesi dell’Unione e delle istituzioni comunitarie parteciperebbero "all’insaputa dei parlamenti europei e dei loro elettori".

La guerra fredda è dunque passata, Echelon resta. Con nuovi compiti. Il che, da un lato, potrà essere rassicurante: la privacy di milioni di persone "qualsiasi" sembra del tutto fuori pericolo. Ma, dall’altro, disegna punti interrogativi su un’altra e altrettanto complessa questione: le relazioni Usa-Ue, dalla sicurezza nazionale al commercio elettronico, passando per la protezione dei dati personali.

Le istituzioni si mobilitano

In Europa: una risoluzione del Parlamento di Strasburgo, l’impegno ad approfondire il caso in altri studi, la proposta di una commissione parlamentare di inchiesta. In America: indagini del Congresso sulle attività della National Security Agency. In Italia: esposti alla magistratura, fascicoli aperti dalla procura di Roma, un’istruttoria del Comitato parlamentare sui servizi, l’interessamento del Garante per la privacy. I soggetti istituzionali si muovono, spinti a occuparsi di Echelon, spiegano, "per la gravità di quanto i mass media denunciano".

La risposta dell’Unione europea. "Francamente le uniche persone che ancora dubitano dell’esistenza di Echelon si trovano negli Stati Uniti", dice Glyn Ford, eurodeputato laburista e direttore dello Stoa. E’ stato lui a commissionare il rapporto alla Omega Foundation e a presentarlo all'assemblea di Strasburgo. Ed è ancora lui, subito dopo, ad avviare, soprattutto in Inghilterra, un’intensa attività di lobby tra laburisti, verdi, organizzazioni non governative, gruppi antimilitaristi e associazioni per la difesa della privacy. Risultato: la "Risoluzione sulle relazioni transatlantiche e il sistema Echelon", che il Parlamento europeo vota il 16 settembre 1998. Titolo a parte, il documento contiene solo un brevissimo accenno alla rete di intercettazione, al punto 14, il penultimo: "La crescente importanza di Internet e delle telecomunicazioni mondiali in genere, e del sistema Echelon in particolare, richiedono misure precauzionali per quanto concerne le informazioni economiche, così come un efficace criptaggio". Il riferimento a Echelon appare improvviso e del tutto fuori contesto in una risoluzione che, per il resto, "sottolinea l’importanza delle relazioni Ue-Usa in materia di economia, politica e sicurezza" e affronta una serie di problemi commerciali.

Né il dibattito in aula aggiunge informazioni a quanto scritto nel rapporto o approfondisce le questioni sollevate dalla scoperta del sistema congiunto angloamericano: a partire dal controverso ruolo della Gran Bretagna, membro dell’Unione europea e, allo stesso tempo, alleato degli Stati Uniti in un’operazione di spionaggio ai danni dei propri partner continentali: un ruolo che, insinua il rapporto Stoa, contravverrebbe agli obblighi sottoscritti con il trattato di Maastricht, in base al quale gli stati membri sono obbligati a "informarsi reciprocamente e concertarsi in seno al Consiglio su ogni questione di politica estera e di sicurezza". "La discussione è stata un fiasco", accusa la deputata verde Patricia McKenna, che legge nella riluttanza dell’Europarlamento il timore di incrinare le relazioni diplomatiche ed economiche con gli Usa. Solo un europarlamentare belga avanza un’ipotesi e suggerisce che il sistema di intercettazione Echelon sia coperto da accordi bilaterali segreti fra i vari paesi dell’Unione e gli Stati Uniti. Alla fine, l’assemblea decide di rimandare la questione a un ulteriore approfondimento e commissiona altri due studi sull’impatto che apparati di controllo come Echelon hanno sul diritto alla privacy e sulle attività economiche e commerciali. Perfino il battagliero Ford ammetterà alla stampa che le intercettazioni sono un mezzo legittimo a disposizione dei governi per tutelare i cittadini da terrorismo e crimine organizzato e si limiterà a chiedere un codice di regolamentazione e un organismo di controllo del sistema.

I nuovi studi arrivano - quattro rapporti scritti tra aprile e agosto 1999 - e il caso si riapre. Due giorni di audizioni pubbliche alla Commissione libertà civili e affari interni, il 22 e il 23 febbraio 2000, per esaminare in particolare la relazione di Duncan Campbell, "Interception Capabilities", che del sistema Echelon conferma l’esistenza e approfondisce funzionamento e obiettivi. Suscitando, stavolta, un giustificato allarme tra gli eurodeputati. "Echelon, un sistema di spionaggio assolutamente illegale e al di fuori di qualsiasi controllo, è una chiara minaccia per la libertà e l’economia dei paesi europei", dichiara il capogruppo dei Verdi, Paul Lannoye, che propone l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta "con pieni poteri". Soluzione appoggiata anche da esponenti degli altri gruppi (in 200, tra verdi, comunisti, ed eurogollisti, hanno già firmato la petizione) e non esclusa dal liberale britannico Graham Watson, direttore dei lavori nella due giorni di audizioni. Toccherà ora all'assemblea decidere. Anche se il presidente Romano Prodi ha incaricato il finlandese Errki Liikanen di indagare sulla rete di intercettazione anglosassone, la Commissione, ufficialmente, ha finora ostentato cautela, affermando che prove di spionaggio commerciale non ce ne sono : "E’ solo un’ipotesi e io non mi occupo di ipotesi", ha dichiarato il commissario al Mercato interno, Frits Bolkestein. L'unica certezza, come ha sottolineato Prodi è che "sulla vicenda Echelon la Commissione si impegnerà nel suo ruolo di guardiano dei trattati".

All’ipotesi che anche le aziende inglesi abbiano beneficiato dei servizi di Echelon credono, invece, altri politici europei. In Francia l’ex ministro dell’Interno, Charles Pasqua, tuona : "E’ scioccante il comportamento della Gran Bretagna : è parte integrante dell’Unione Europea e, invece, buona parte della rete di sorveglianza ha base in Inghilterra e l’Inghilterra beneficia di informazioni riservate". Il governo Jospin è pure intenzionato a intentare un’azione legale contro Stati Uniti e Gran Bretagna. E in Germania e in Italia già sono state avanzate richieste di indagini parlamentari. Dal Belgio il ministro degli Esteri, Louis Michel, fa sapere che se l’esistenza di Echelon fosse confermata "saremmo di fronte a una situazione inaccettabile e dovrei trarne le conseguenze in politica estera". Di fronte alle violente reazioni dei partner europei - gli eurodeputati del Movimento sociale europeohanno chiesto l'applicazione di "sanzioni esemplari" - sul banco degli imputati la Gran Bretagna si difende come può : "No", è la breve e imbarazzata risposta di Tony Blair alla stampa che lo incalza per sapere se la Gran Bretagna ha spiato gli altri paesi dell’Unione. Il premier nega di aver "tradito" l’Europa in combutta con gli Stati Uniti, ma si guarda bene dal dire che Echelon non esiste o che la Gran Bretagna non ne fa parte. L’unica cosa che aggiunge, riluttante, è che "queste cose sono regolate da norme molto severe e tali norme saranno sempre applicate".

Le reazioni negli Stati Uniti. Se Londra tace - anche l’ambasciatore in Italia, Tom Richardson si limita ad affermare, con tipico understatement britannico, che "non è nella nostra prassi commentare, né per dare conferma, né per smentire, le indiscrezioni relative alle attività della nostra intelligence" - Washington addirittura nega. Dal governo non arriva nessuna conferma ufficiale dell’esistenza di un così articolato e pervasivo sistema di intercettazione, dalla Nsa solo "no comment" o, al massimo, le imbarazzate dichiarazioni del portavoce di turno, tutte dello stesso tenore: "La Nsa opera in stretto accordo con le leggi che proteggono il diritto alla privacy dei cittadini statunitensi e in osservanza dei più alti standard etici e legali".

Il clamore suscitato in Europa dalla scoperta di Echelon, però, comincia ad avere delle ripercussioni anche oltreoceano: a muoversi sono soprattutto i "cani da guardia" delle libertà civili del popolo americano. E non è difficile capire perché: sono a rischio, se non addirittura già violati, i diritti sanciti dalla Costituzione americana nel Quarto emendamento e ribaditi da una serie di leggi votate dal Congresso: senza un’autorizzazione giudiziaria è vietato intercettare le comunicazioni che passano sul territorio nazionale in cui sia coinvolto anche un solo americano. Insomma, per legge il governo non può spiare i propri cittadini. Legge che, secondo molti, la Nsa avrebbe aggirato proprio grazie all’alleanza con i servizi degli altri paesi del patto Ukusa: nulla, infatti, vieta, ad esempio, all’intelligence britannica di sorvegliare dei cittadini statunitensi per conto della Nsa.

Dall’inizio del 1999 piovono al Congresso una serie di emendamenti e interrogazioni contenenti, tutti, una sola richiesta: rendere pubblici i criteri in base ai quali opera la National Security Agency e sapere se la privacy degli americani è stata violata. Comincia a marzo il deputato repubblicano della Georgia Bob Barr presentando un emendamento che obbliga le agenzie di intelligence, Nsa e Cia, e il Dipartimento di Giustizia a riferire sugli standard legali utilizzati nelle attività di sorveglianza. Ma la Nsa rifiuta di consegnare al Congresso i relativi documenti, invocando il segreto professionale. Ci riprovano allora due associazioni impegnate sul fronte delle libertà civili. Ad aprile l’American Civil Liberties Union (Aclu) chiede al Congresso un’audizione pubblica per determinare "se il sistema Echelon sia così vasto e invasivo, come riportato" e "se viene usato dalla Nsa per sorvegliare le comunicazioni elettroniche sul territorio nazionale". A dicembre l’Electronic Privacy Information Center (Epic) fa addirittura causa alla Nsa, presso la corte federale del distretto di Columbia, per costringerla a pubblicare una serie di documenti riservati su intercettazioni ai danni di cittadini americani: documenti che l’agenzia aveva già rifiutato di fornire, oltre che al Congresso, anche alla stesso Epic, nonostante il gruppo per la difesa della privacy si fosse appellato al Freedom of Information Act.

Alla fine di un anno di mobilitazione dell’opinione pubblica e di battaglie politiche e legali, l’unico risultato sta nell’ennesima, tranquillizzante dichiarazione pubblica. Resa necessaria da un’altra clamorosa accusa, contenuta nel secondo rapporto del Parlamento europeo, redatto da Duncan Campbell: Echelon è stato utilizzato per lo spionaggio commerciale a favore di imprese americane. Stavolta a parlare è il portavoce del Dipartimento di Stato, James Rubin: "Le agenzia di intelligence non hanno compiti di spionaggio industriale o commerciale. La National Security Agency non è autorizzata a rivelare i dati di intelligence alle imprese private". Come a dire: Echelon esiste (e negarlo sarebbe impossibile dopo la conferma proveniente da alcune carte intestate Nsa), ma rispetta la legge. Anzi, è servito e servirà ancora proprio contro le scorrettezze degli europei: parola della Cia. "Abbiamo spiato l'Europa in passato a causa della corruzione economica. E spero che gli Stati Uniti continuino a farlo": James Woolsey, ex-direttore della più potente agenzia di intelligence del mondo non usa mezzi termini e aggiunge ai sospetti avanzati dal Parlamento europeo sulla rete globale di spionaggio anche il movente: l'abitudine delle imprese europpe di pagare tangenti per aggiudicarsi gli appalti. Ma lo fa con una risposta che ribalta improvvisamente tutte le critiche avanzate dal rapporto di Campbell. Di favoritismi alle imprese americane Woolsey non vuol proprio sentir parlare: "Non parlo di spionaggio industriale se gli Stati Uniti spiano una società europea per scoprire se sta usando la corruzione con lo scopo di aggiudicarsi in Asia o in America Latina appalti che non avrebbe la possibilità di aggiudicarsi onestamente".

I misteri d’Italia. Incredulità, sgomento, indignazione. Ma anche speranza. Che Echelon possa aiutare a chiarire i grandi misteri della recente storia italiana, dal caso Moro a Ustica. Se, davanti alla rivelazione della "rete di intercettazione globale", i soggetti istituzionali restano in un primo tempo spiazzati, la società civile mette subito in moto la macchina della giustizia. E’ appena febbraio del ’99 quando l’associazione di consumatori Adusbef presenta un esposto alle procure di Roma e di Milano, chiedendo di accertare, tra le altre questioni, se Echelon possa contribuire "a fare luce su alcuni dei grandi misteri d’Italia", come la strage di Ustica e il caso Moro, e se non costituisca una "violazione della sovranità nazionale, della privacy dei cittadini e delle aziende italiane da un possibile spionaggio industriale e se non rappresenti una chiara violazione del trattato di Maastricht". La procura di Roma apre subito un fascicolo, intestato "atti relativi", e avvia un’indagine per accertare, innanzitutto, se l’attività di intercettazione coordinata dai servizi segreti americani sia in contrasto con le leggi italiane. Le ipotesi di reato potrebbero essere varie, come ha spiegato il magistrato Carlo Sarzana, capo dei giudici per le indagini preliminari della procura di Roma: dai reati comuni come lo spionaggio politico ed economico o il traffico di notizie riservate ai quelli previsti dalla legge sulla privacy. Anche se, tiene a precisare, dal momento che non esistono leggi sovranazionali, "sarebbero prevedibili difficoltà a perseguire a livello internazionale reati che si commettono via satellite".

Se il rischio, praticamente certo, che Echelon violi la privacy provoca l’indignato interessamento ("E’ una minaccia per la democrazia") del Garante, Stefano Rodotà, che si spinge a chiedere l’intervento dei governi nazionali dell’Unione europea e accordi con gli Stati Uniti, l’ipotesi che l’Italia sia stata oggetto dello spionaggio americano fa letteralmente sobbalzare il presidente del Comitato di controllo sui servizi, Franco Frattini: "Non possiamo accettare nemmeno la possibilità teorica che un sistema come Echelon venga usato contro di noi. In un quadro di alleanze l’intelligence deve servire per scambiarsi le informazioni con i Paesi amici. Se siamo alleati, dobbiamo esserlo in tutto". Ecco allora che, qualche mese dopo la risoluzione europea, Frattini apre un’istruttoria, acquisendo i rapporti dell’Europarlamento e interrogando il direttore del Sismi (il servizio segreto militare). Ma è il Parlamento italiano ad avere più poteri, tra cui quello di leggere le informative ufficiali: "Il Comitato - spiega Frattini - può solo chiedere ai servizi se qualcosa noto come Echelon abbia messo in pericolo la sicurezza nazionale e abbia mai intercettato atti del governo italiano".

Già, il Governo? Per Palazzo Chigi, all’inizio, è come se Echelon non esistesse. Bastano tre minuti a Romano Prodi, presidente del Consiglio di turno, per rispondere all’interrogazione di Romano Carratelli, deputato Ppi. In un aula di Montecitorio quasi deserta, durante il question time di venerdì 24 aprile 1998, Prodi si limita a dire che "né la presidenza del Consiglio, né i ministeri interpellati sono a conoscenza di questo sistema di intercettazione". Di più: l’esistenza di una rete planetaria integrata gli sembra "di non facile praticabilità e anzi molto difficile, date le diverse caratteristiche tecniche dei vari sistemi di trasmissione dei segnali". Fine del discorso.

Per riaprirlo servirà il rapporto di Campbell. Che conferma: l’Italia è stata bersaglio dello spionaggio angloamericano. "Negli anni Ottanta - scrive Campbell - la Nsa ha intercettato e trattato comunicazioni designate come Frd (French Diplomatic) nella base di Chicksands in Inghilterra, mentre il Gchq britannico decifrava i messaggi Itd (Italian Diplomatic) al quartier generale di Cheltenham". Un altro passaggio del rapporto, però, rivela che "nel 1964 sistemi di intercettazione delle comunicazioni radio sono stati installati a San Vito dei Normanni": l’Italia, dunque, non sarebbe solo una vittima, ma parte integrante del sistema. Ufficialmente, la base Usaf di San Vito, ora non più attiva, doveva fornire servizi fissi e mobili di comunicazione, ma la stessa Air Force non ha mai fatto mistero che le antenne di San Vito si integrano con i centri di comunicazione dell’esercito e della marina Usa, formando un’unica rete intercontinentale alle dipendenze del Dipartimento della Difesa. L'ammiraglio Fulvio Martini, per sette anni, fino al 1991, a capo del Sismi (i servizi segreti militari), ha poi dichiarato al Corriere della Sera che anche l'Italia, all'epoca della guerra fredda, ha fatto parte del sistema: "La nostra capacità era rapportata alla nostra dimensione. A quei tempi alla Nsa lavoravano circa 40.000 persone, gli inglesi ne impiegavano meno della metà, i francesi diecimila, noi non arrivavamo a mille". Proprio Martini, tra l'88 e l'89, decise di installare un'altra antenna, nei pressi della base di Cerveteri, ottenendo però, come ha sottolineato, "dalla Nsa l'impegno a non interferire sulle comunicazioni italiane". "Se è vero che una delle centrali è in Italia - è intervenuto immediatamente Rodotà - sarebbe utile un’iniziativa del nostro governo". E stavolta, almeno a parole, l’iniziativa non si è fatta attendere: "Siamo certamente interessati a conoscere fino in fondo tutte le responsabilità", ha detto il presidente del Consiglio Massimo D’Alema, sottolineando, allarmato, che un sistema di spionaggio come Echelon "non è compatibile con le normali regole di convivenza tra stati". L'Italia, quindi, aspetta i risultatidelle indagini avviate a livello europeo: "Non abbiamo elementi ragionevoli per poter accusare il governo degli Stati Uniti" - ha precisato D'Alema - ma ci sono ragionevoli sospetti".

Ecco il resoconto stenografico della risposta fornita il 24 aprile 1998 dall’allora presidente del Consiglio, Romano Prodi, all’interrogazione parlamentare presentata da Romano Carratelli (Ppi): "Non è certo una risposta facile quella che devo fornire, perché riguarda un argomento complicato e non trasparente. L’esistenza di quella che, riassumendo il suo intervento, onorevole Romano Carratelli, potremmo definire una rete planetaria integrata, in grado di intercettare le comunicazioni, appare di non facile praticabilità e anzi molto difficile, date le diverse caratteristiche tecniche dei vari sistemi di trasmissione dei segnali. Riguardo la richiesta specifica dell’interrogante, né la presidenza del Consiglio, né i ministeri interpellati sono a conoscenza di questo sistema di intercettazione. Tuttavia, al fine di tutelare le comunicazioni sensibili delle autorità di Governo, delle principali istituzioni pubbliche, degli enti privati che svolgono attività di interesse nazionale, l’Autorità nazionale per la sicurezza svolge da tempo una politica di protezione dei sistemi di trasmissione e di informazione chiamata Infosec, attraverso lo studio, il perfezionamento e l’aggiornamento dei dispositivi di cifratura e l’emanazione di apposite direttive con le quali vengono dettagliate le procedure di sicurezza da seguire, diversificate secondo il livello di protezione da conferire alle informazioni di volta in volta trattate o trasmesse. Nella consapevolezza dei rischi di compromissione per inosservanza delle norme e delle procedure di sicurezza, l’Autorità nazionale per la sicurezza, tramite l’ufficio centrale per la sicurezza, svolge apposita attività ispettiva, che è finalizzata all’accertamento e alla corretta osservanza delle disposizioni vigenti in materia".

E' ufficioso, no ufficiale: Echelon esiste

Fulminanti scoop giornalistici, libri-verità, rivelazioni indiscrete, accorate testimonianze di 007 in pensione, campagne ben orchestrate da agguerriti militanti della privacy, prese di posizione dei governi: c’è di tutto nel caso Echelon, tutto contribuisce a tenere alta la soglia di attenzione, ma tutto resta un indizio. Stringente, convincente, ma solo un indizio. Mancano le prove ufficiali. Che arriveranno solo quando Echelon sarà ormai diventato un nome familiare.

Non è ufficiale neppure la conferma che viene, a novembre ’99, dalla Bbc, il colosso radiotelevisivo britannico. Il servizio di Andrew Bomford parte da lontano: "Nella brughiera dello Yorkshire si possono vedere trenta enormi palloni, ma solo a miglia di distanza, perché sono avvolti dalla più totale segretezza". Sono i giganteschi radar della base di Menwith Hill, cuore strategico di Echelon in Europa, da cui rimbalzano tutti i messaggi diretti al quartier generale della Nsa a Fort Meade: base che consente alla Nsa di infilarsi all’interno della rete della British Telecom e che negli ultimi anni è stata addirittura potenziata con la costruzione di altre cinque antenne. Dalla prova indiziaria nascosta nella brughiera dello Yorkshire, Bomford passa alla prova definitiva dell’esistenza di Echelon: l’intervista con l’ispettore generale dei servizi segreti australiani, Bill Blick, che ammette: sì, il Defence Signals Directorate fa parte della rete. "C’è una gran quantità di comunicazioni radio nell’atmosfera - dice - e le agenzie di intelligence raccolgono questi dati nell’interesse della propria sicurezza nazionale". Alla domanda, cruciale, se l’Australia, passi le informazioni in suo possesso anche ai servizi americani e britannici, Blick risponde: "In certe circostanze, sì".

L’intervista di Blick, che pure fa il giro del mondo, si infrange contro il muro di silenzio eretto dai due partner principali del patto Ukusa, Stati Uniti e Gran Bretagna, che continuano ostinatamente a non confermare né smentire. Nonostante le crepe aperte sul fronte orientale dell’alleanza. Prima di Blick, già a marzo, un altro funzionario del Dsd australiano, il direttore Martin Brady, aveva ammesso, in una lettera indirizzata al reporter del Sunday Nine, Ross Coulthart, che la sua agenzia faceva parte del network segreto di sorveglianza globale. E a dicembre i servizi di sicurezza neozelandesi ammettono, nel rapporto di fine anno al governo, che le basi di Waihopai, a sud del paese, e di Tangimoana, a nord, sono "accessibili alle intelligence dei paesi alleati della Nuova Zelanda".

Insomma, Echelon esiste, chi ne fa parte lo ammette, ma finché non si trova un atto ufficiale, un documento scritto, la ricerca della prova definitiva è destinata a rimanere, commenta la rivista radical americana Wired, "una sorta di Santo Graal di militanti della privacy, giornalisti e hacker di tutto il mondo". Per ironia della sorte, tocca a un Parsifal statunitense dare il crisma di ufficialità a quella che a lungo si è potuta liquidare come un’invenzione dei soliti cultori delle "teorie del complotto": spulciando alcuni documenti della Nsa recentemente desecretati grazie al Freedom of Information Act, Jeffrey Richelson, ricercatore del National Security Archive, associazione non governativa nata alla George Washington University, è finalmente incappato nella parola tabù: "I fogli forniscono una conferma di fonte governativa al programma Echelon", ha dichiarato. Aggiungendo, però che "l’esito della ricerca suggerisce che si tratta di un progetto molto più limitato di quanto si era ipotizzato" e dicendo anche di nutrire forti dubbi "sulla circostanza che la Nsa abbia oltrepassato i propri confini legali".

Uno dei documenti esaminati da Richelson, e ripreso poi nel rapporto di Duncan Campbell al Parlamento europeo, è datato 3 settembre 1991 e rivela l’esistenza di un centro di sorveglianza elettronica nella base navale di Sugar Grove, in West Virginia, installazione creata in seguito al patto Ukusa per lo scambio di informazioni tra Stati Uniti e Gran Bretagna. Secondo quanto scoperto da Richelson, però, il patto avrebbe previsto fin dall’inizio rigide limitazioni nell’uso dei dati raccolti: "Il documento specifica che una delle responsabilità del comandante della sede di Sugar Grove era quella di assicurarsi che la privacy dei cittadini americani fosse adeguatamente salvaguardata".

La scoperta di Richelson apre sicuramente una nuova pagina nella saga Echelon: alla luce della prova ufficiale anche quelli che a lungo sono stati semplici indizi assumono tutt’altra rilevanza. Allo stesso tempo, però, i documenti della Nsa (Campbell ne cita anche un altro del 15 giugno 1995, che parla del progetto Echelon anche in riferimento all’attività di alcune basi dell’aviazione militare americana) non chiariscono cosa sia effettivamente successo e, a detta di molti, continui a succedere. Se, infatti, Michael Jobs, vice-direttore dei sistemi informativi alla Nsa, reagisce sdegnosamente all’illazione che l’agenzia potesse aver spiato i cittadini statunitensi ("Il nostro regolamento lo vieta espressamente e abbiamo sempre preso queste restrizioni molto sul serio"), c’è anche chi assicura che tanto rispettoso della privacy e delle leggi Echelon, in fondo, non lo è stato. Riprendendo in un’intervista alla rete americana Cbs il contenuto di alcune rivelazioni fatte già due anni fa al settimanale italiano Il Mondo, Mike Frost, veterano in pensione del Canadian Security Establishment, ha confermato che i paesi aderenti al patto Ukusa possono aggirare le leggi nazionali sulla privacy chiedendo agli alleati di spiare i propri cittadini. E ha citato proprio l’esempio dei servizi canadesi che intercettarono le telefonate di due ministri britannici per conto del Gchq: "La Thatcher temeva che stessero tramando contro di lei. Il Gchq ci diede le frequenze dei telefoni installati nelle auto dei due ministri e ci chiese di registrare tutte le telefonate. Il parlamento britannico può negare tutto. Loro non hanno fatto nulla. L’abbiamo fatto noi per loro". Sempre alla Cbs Margareth Newsham, ex dipendente alla stazione di ascolto di Menwith Hill, in Inghilterra, ha assicurato che neppure i politici americani sono al riparo dall’orecchio indiscreto di Echelon: vent’anni fa fu proprio lei a registrare la voce di un senatore repubblicano della Carolina del Sud, Storm Thurmond: "Ero sconvolta, mi aspettavo che le voci intercettate fossero in cinese o in russo".

Appurata, dunque, la controversa esistenza di Echelon, si moltiplicano le rivelazioni dei "pentiti" e si allunga la lista dei nomi di chi è caduto nelle maglie della rete di spionaggio digitale. Che, secondo quanto scrive Campbell in un articolo sul Sunday Times, avrebbe tenuto d’occhio perfino il Papa, Madre Teresa di Calcutta, Lady Diana e organizzazioni umanitarie e pacifiste, come Amnesty International, Christian Aid e Greenpeace. Motivo: si trattava di soggetti impegnati in attività di solidarietà e beneficenza e, per questo, in contatto con regimi considerati nemici o comunque "controversi" dal punto di vista politico-diplomatico. Per dirla con Wayne Madsen, altro loquace pentito dopo vent’anni di onorata carriera alle dipendenze dei servizi americani: "Chiunque sia politicamente attivo prima o poi finisce sugli schermi radar della Nsa".

Enfopol, l'erede di Echelon?

Nome in codice: Enfopol. Secondo l’Unione europea è un acronimo usato "per classificare i documenti relativi alla cooperazione delle polizie che vengono distribuiti nell’ambito del Consiglio dei ministri". Secondo alcuni giornalisti investigativi e molti "cani da guardia" delle libertà civili è, invece, il corrispettivo europeo di Echelon.

L’esistenza di Enfopol è denunciata per la prima volta da uno studio di Statewatch, organizzazione di "monitoraggio delle libertà civili in Europa": l’Unione europea, "in collaborazione con la Fbi", avrebbe attivato "un sistema di sorveglianza globale delle telecomunicazioni". Obiettivo, assolutamente lecito, "combattere i gravi crimini e proteggere la sicurezza nazionale". Solo che, denuncia Statewatch, "per fare questo è stato creato un sistema in grado di controllare chiunque". Insomma, in nome della lotta al crimine internazionale, dal traffico di droga al terrorismo, Europa e Stati Uniti avrebbero stretto un accordo di cooperazione per il controllo di tutti i mezzi di comunicazione. Con buona pace della privacy di 370 milioni di cittadini europei.

Secondo la ricostruzione di Statewatch, nel 1993 i ministri degli Interni e della Giustizia dell’Unione si incontrano a Bruxelles e stabiliscono che le polizie comunitarie e la Fbi devono cominciare a collaborare. A questo scopo viene creato il gruppo di studio "Ilets", sigla per International Law Enforcement Telecommunications Seminar, che, attraverso una serie di "seminari" tra Fbi, servizi segreti inglesi e polizie europee, si propone di elaborare un codice per autorizzare le intercettazioni delle comunicazioni da parte delle forze di sicurezza internazionali. Peccato, però, che secondo "Interception Capabilities", il secondo rapporto Echelon firmato da Duncan Campbell, il gruppo sarebbe stato "fondato dal Fbi" e i rappresentanti delle istituzioni comunitarie vi parteciperebbero "all’insaputa dei parlamenti europei e dei loro elettori".

Nel 1994, in un seminario a Bonn, la struttura elabora il documento Iur (International user requirements for communications interception), in cui mette a punto gli standard ai quali le aziende di telecomunicazioni devono attenersi per consentire alle polizie internazionali la più completa libertà di investigazione. E di intercettazione. In pratica si tratta di lasciare in software e sistemi di comunicazione una "porta aperta", che permetta un monitoraggio completo dei dati trasmessi: nomi e password degli utenti, numeri di carte di credito, codici pin. Contemporaneamente i governi dovrebbero approvare norme e regolamenti che rendano assolutamente legali le intercettazioni della polizia.

Negli Stati Uniti il codice "Iur" diventa legge nell’ottobre 1994. In Europa nel 1995 il Consiglio dei ministri vota la risoluzione "Enfopol 95", in cui chiede alle aziende di comunicazioni europee di adottare i requisiti tecnici "Iur". A maggio del ’98, inoltre, il Parlamento europeo approva il progetto "Enfopol 98", che, allo scopo di prevenire e sconfiggere la criminalità internazionale autorizza le forze dell’ordine europee e la Fbi a intercettare le comunicazioni via telefono, satellite, Internet; ma, pochi giorni dopo, il Consiglio dei ministri boccia il provvedimento.

Ovviamente, Enfopol ha scatenato violente proteste da parte degli Internet provider e dei movimenti di difesa della privacy e della libertà su Internet. Anche perché lo stesso Campbell sostiene che si tratta della copertura ufficiale di un nuovo sistema di controllo internazionale strettamente connesso alla rete Echelon. "A voi discutere sul cosa fare - ha detto il giornalista agli eurodeputati in occasione dell’audizione del 23 febbraio 2000 - dell’illegalità di queste attività, alle quali non si può sperare di mettere fine. Quello che, invece, si può fare è continuare a battersi per la protezione dei dati, senza mai cedere di fronte alle ragioni dei paesi extracomunitari". A cominciare dagli Stati Uniti, con i quali è in corso, ormai da due anni, un duro negoziato proprio sulla privacy online e sulla protezione dei dati personali nel commercio elettronico. Posta in gioco: 1.300 miliardi di dollari fino al 2003.

La direttiva Ue entrata in vigore il 25 ottobre del 1998 prevede strette forme di controllo da parte dell’utente sui dati che lo riguardano, fino alla possibilità di farli cancellare; vieta la commercializzazione dei dati stessi; e, soprattutto, ne proibisce il trasferimento "verso quei paesi che non abbiano un’adeguata protezione della privacy". Stati Uniti compresi, dal momento che tutti i siti americani, da Amazon a Yahoo al New York Times, raccolgono, in modo più o meno palese, i dati dei visitatori: nome e cognome, carta di credito, a volte perfino interessi culturali, età, reddito. Oltreoceano, infatti, la filosofia sulla privacy in Rete è di segno opposto: nessuna legge, molta autoregolamentazione e un sistema di garanzie affidato alle stesse compagnie di e-commerce. Le due opposte esigenze dovrebbero riuscire a convivere nel cosidetto safe harbor, un "porto sicuro" in cui i dati dei cittadini europei trasmessi negli Usa dovrebbero essere trattati secondo le regole Ue. E' questo il contenuto dell'intesa appena raggiunta, che entrerà in vigore a metà del 2001. In pratica, sarà creata, su base volontaria, una lista di compagnie "sicure", che una volta all'anno dovranno certificare il proprio operato alla Federal Trade Commission, pena l'esclusione dall'organizzazione e il rischio di sanzioni penali.

Paladini del "laissez faire" sulle reti di comunicazione ("Su Internet ogni regola imposta oggi potrebbe impedire lo sviluppo di nuove tecnologie domani", dicono alla Federal Trade Commission), gli Stati Uniti diventano, però, improvvisamente fautori di una rigida regolamentazione quando si parla di crittografia. Altro complesso nodo da sciogliere nelle relazioni transatlantiche. La crittografia, un sistema di mascheramento del linguaggio attraverso logaritmi matematici, è, come ha confermato anche Campbell, il metodo migliore contro le intercettazioni: quanto più è complicato il logaritmo, tanto più forte è il sistema. Ora, "una crittografia difficile da violare - spiega Andrea Monti, avvocato, esperto di diritto delle tecnologie e autore del libro "Segreti, spie e codici cifrati" - renderebbe più difficile l’attività di intercettazione. Per questo la linea politica degli Usa è diretta, per un verso, all’espansione dei poteri di intercettazione, per l’altro a limitare la diffusione di crittografia che gli organismi governativi non possono rompere". Ecco spiegati, dunque, i programmi Echelon ed Enfopol, da un lato, e il divieto di esportazione degli strumenti di crittografia cosiddetta "forte" (quella a 128 bit), dall’altro. Per gli Stati Uniti questo tipo di crittografia è equiparabile un’arma da guerra, quindi, per motivi di sicurezza nazionale, non può essere esportata. Neppure in Europa.

Sorm, il gemello russo

"E’ come se l’intero apparato dei servizi di sicurezza domani piangesse sulle tue lettere d’amore". Il sarcastico banner, messo in linea da un gruppo di web designer russi, contiene un preciso avvertimento per i connazionali: tutti i computer sono sotto controllo. Ormai è ufficiale: non accontentandosi più di leggere la normale corrispondenza e di ascoltare le telefonate, il Kgb, o meglio il suo erede Fsb (Federal Security Bureau), si mette al passo con i tempi e si dà allo spionaggio via Internet. Nome in codice del progetto: Sorm. Paternità: Fsb, appunto. Maternità: Goskomsvyaz, ovvero la Commissione statale per le comunicazioni. Luogo di nascita: Mosca.

Chi pensava che le intercettazioni planetarie fossero esclusivo appannaggio dell’anglosassone Echelon è costretto a ricredersi: oltre a un fratello minore, l’europeo Enfopol, Echelon ha pure un gemello oltre cortina. Con tanto di colbacco e stella rossa. Sorm, sigla dietro la quale si nasconde un incomprensibile "sistema per la misurazione dell’efficienza della ricerca", ha mosso i primi passi a metà degli anni ’90, intercettando il traffico telefonico e la navigazione Internet. Dal ’98 ha fatto un salto, passando a schedare tutti gli utenti che si collegano alla Rete attraverso i 350 provider russi. All’inizio, Sorm-2, nome proprio della seconda fase del progetto, ha monitorato la corrispondenza elettronica da e per i territori delle ex repubbliche sovietiche; poi, ha esteso il proprio controllo ai siti presenti nel dominio ".ru" e perfino alle pagine web visitate da circa un milione di internauti russi.

"I provider di Mosca e delle province hanno aperto una porta per consentire l’accesso agli agenti di sicurezza e fargli dare un’occhiata al traffico", ha spiegato Anatoly Levanchuk, il consulente informatico che ha pubblicato su Internet l’atto costitutivo di Sorm. In pratica, i provider sarebbero stati costretti a installare nei loro server delle "black box", scatole nere, che deviano automaticamente il traffico Internet al quartier generale del Fsb. L’obiettivo dichiarato è , ovviamente, come nel caso di Echelon, quello di dare la caccia a terroristi, banditi e criminali di tutte le specie, oltre a combattere le forme di delinquenza tipiche del post-comunismo: mercato nero e fuga di capitali. Ma, nonostante Alexei Rokotyan, capo del dipartimento elettronico del ministero delle Comunicazioni, si affretti ad assicurare che il progetto non mira al "totale controllo delle informazioni trasmesse via Internet, attivisti per i diritti civili e militanti della privacy online denunciano il pericolo. Molti provider affermano di essere stati costretti a installare l’attrezzatura Sorm: a quello di Vologograd, il Bayard-Slavia Communications, ha raccontato il titolare Nail Murzakhanov, sono state addirittura tagliate le linee e minacciate multe per aver rifiutato ai servizi "l’accesso pieno e incontrollato alle comunicazioni dei clienti".

E, se non bastasse l’occhio indiscreto dei servizi segreti, anche altre forze di polizia - il fisco, il ministero dell’Interno e quello degli Esteri, le guardie di frontiera e i servizi di sicurezza parlamentare - possono entrare nei computer dei cittadini russi, leggere le loro e-mail, seguire la loro navigazione. Per legge:  quella che il presidente Putin ha firmato il 5 gennaio 2000, estendendo a Internet un provvedimento del 1995 che già dava all’intelligence il diritto di tenere sotto controllo tutti i tipi di corrispondenza e ogni conversazione telefonica. Certo, è necessaria l’autorizzazione della magistratura e, nelle indagini che coinvolgono la sicurezza nazionale, anche quella della Corte Costituzionale, ma sono in molti a temere un abuso di potere da parte della Fsb e degli altri organismi investigativi. "E’ la fine della privacy - ha detto Boris Pustintsev, leader di un gruppo di tutela dei diritti civili di San Pietroburgo - prima erano solo i servizi segreti a poter violare la nostra privacy, ora questo potere è esteso ad altre sette agenzie e sarà duro lottare contro un mostro a otto teste". O, forse, un Grande Fratello travestito da "matrioska".

Sulle tracce di Echelon

Una è il simbolo della libertà, l'altra è l'emblema del controllo. Una è trasparente e aperta a tutti, l'altra segreta e accessibile a una ristretta minoranza. Internet e Echelon, reti tanto diverse quanto intrecciate. Se quella di sorveglianza globale punta antenne e satelliti su tutte le comunicazioni che viaggiano online, l'altra, la Rete per eccellenza, è quella che fornisce le informazioni più complete sul "Grande Fratello" angloamericano. Tra siti di controinformazione (i più numerosi, ma anche i più estremisti), pagine personali, link e documenti ufficiali, ecco una breve guida sulle tracce di Echelon.

Echelon Watch. Ovvero, "tutto quello che volevate sapere su Echelon". Un sito ad hoc, creato dalla American Civil Liberties Union insieme con l'Electronic Privacy Information Center e la Omega Foundation per sollecitare indagini da parte del Congresso sulla Nsa. Oltre a un'accurata lista di Faq (Frequently Asked Questions), il sito, aggiornatissimo, contiene la maggior parte degli articoli giornalistici e dei documenti ufficiali prodotti in questi anni: dal primo pezzo in assoluto su Echelon, scritto nel 1988 da Duncan Campbell, alle dichiarazioni di esponenti dei servizi segreti australiani, al resoconto dell'ultima riunione della Commissione libertà civili del Parlamento Europeo. Puntuale la copertura degli sviluppi del caso Echelo al Congresso, ottimo l'elenco dei link ai siti più informati. Il tutto rigorosamente in inglese.

Global Surveillance. E' la pagina di Paul Wolf, militante delle libertà civili. Completa, ma non aggiornatissima, è utile per seguire le origini del caso Echelon: si ferma, infatti, al primo rapporto Stoa e al dibattito dell'Europarlamento di settembre '98. Interessante la rassegna stampa, che comprende articoli in inglese, italiano, svedese e perfino fiammingo: purtroppo, però, copre fino a maggio '98. In ogni caso un buon punto di partenza.

Cryptome. Ricca, anche se di non facilissima consultazione, la pagina su Echelon del sito di controinformazione Jya. Oltre a fornire una esauriente panoramica delle fonti giornalistico-letterarie all'origine del "caso", ne segue gli sviluppi istituzionali in Europa e negli Stati Uniti. Particolare attenzione è dedicata alla National Security Agency, di cui sono pubblicati alcuni documenti "desecretati": l'atto di nascita, il cosiddetto Memorandum Truman del 1952, l'organigramma, il rapporto del Senato sull'attività dell'agenzia.

Disinformation. "Dirty work", un lavoro sporco: si intitola così, senza troppi giri di parole, la sezione dedicata alla rete di sorveglianza globale del sito Disinformation, contro le bugie della stampa. Tra cospirazioni, censura, propaganda e stato di polizia (questi i nomi delle altre pagine), il Progetto Echelon contiene una serie di link ai dossier giornalistici più affidabili (Hager, Campbell, la rivista Wired) e un'interessante lista delle parole-chiave utilizzate dai computer "dizionari" per selezionare i messaggi. Prima dell'intervento del governo americano, che ne ha vietato la diffusione, da questo sito era anche possibile scaricare il Pretty Good Privacy, un software di crittografia forte. Unica pecca: è troppo schierato dal punto di vista ideologico.

Duncan Campbell. Il giornalista investigativo scozzese che ha scritto il primo articolo su Echelon (Somebody's listening, 1988) e ha redatto nel '99 il secondo rapporto Stoa al Parlamento europeo, ha riunito in una pagina personale i più importanti tra i suoi pezzi sulla "rete di sorveglianza globale". Per chi volesse saperne di più di rettamente da lui, c'è anche il suo indirizzo di posta elettronica.

Control.alt. A cura del Tactical Media Crew (movimenti antagonisti, , gruppi di base, guerriglia digitale), è l'unico sito tutto in italiano in cui trovare informazioni su Echelon. I contributi più importanti sono senza dubbio le traduzioni dell'articolo di Nicky Hager "Sottoposti a un sistema di sorveglianza globale" e del primo rapporto Stoa "Valutazione delle tecnologie di controllo politico". Si trova anche un estratto dell'articolo del settimanale "Il Mondo", che per primo, nel '98, parlò di Echelon in Italia. Una pagina è dedicata anche ai sistemi di autodifesa digitale. Per difendere la propria privacy via etere.

Privacy International. Sul sito di una delle organizzazioni internazionali più impegnate nella difesa della privacy online, si trova, insieme con le ultime notizie su intercettazioni telefoniche e tecniche di crittografia, un'aggiornata sezione "Documenti": spiccano, tra gli altri, quelli redatti dal Parlamento europeo: i due rapporti su Echelon e le risoluzioni sul progetto congiunto Ue-Fbi noto come Enfopol. Interessante è pure la bozza di un dossier del gruppo di studio Ilets, risalente alla fine del '97, sui "Requisiti internazionali per le intercettazioni". Utile il link al sito russo dedicato a Sorm, il sistema di monitoraggio delle comunicazioni elaborato dall'ex-Kgb.

Statewatch. Nell'ambito di un completo monitoraggio su diritti civili e libertà politiche nei paesi dell'Unione europea, il sito dell'organizzazione che per prima ha denunciato il progetto di spionaggio europeo Enfopol presenta tutto quello che è possibile sapere sull'accordo tra polizie Ue e Fbi: origine e sviluppi del sistema, bozze di proposte e documenti ufficiali delle istituzioni europee.

Fas. Il sito della Federation of American Scientists, organizzazione no-profit politicamente impegnata su diversi fronti (scienza e ordine pubblico, sicurezza nazionale, programmi di intelligence), presenta una lista di tutti i progetti di spionaggio in corso nel mondo, una panoramica sulla storia e le risorse delle agenzie di intelligence coinvolte in Echelon e un aggiornato elenco di documenti "caldi": il più recente è il rapporto presentato dalla Nsa al Congresso sugli "Standard legali per la sorveglianza elettronica".

I siti ufficiali delle agenzie di intelligence coinvolte
Stati Uniti,
National Security Agency (Nsa)
Gran Bretagna,
Government Communications Headquarters (Gchq)
Canada,
Communications Security Establishment (Cse)
Australia,
Defence Signal Directorate (Dsd)
Nuova Zelanda,
Government Communications Security Bureau (Gcsb)