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Zoka
gira con una corda in tasca. Lui viene da Bari, faceva lo speleologo;
adesso è un grafico di Milano. In dialetto barese 'zoka' è la corda ("Ci andavo a esplorare le grotte"), a Milano è una delle migliaia di tag che si confondono - almeno per i profani - sui muri della città. Il writing è un problema per Milano come per tutte le altre grandi città italiane, Torino, Roma, Napoli, Palermo. Ogni comune, però, ha scelto la sua politica per fronteggiare questo fenomeno, studiato da sociologi e critici d'arte, che trova seguito tra i ragazzi, soprattutto i giovanissimi, mentre i più grandi spesso si covertono alle tele. Un movimento che è strettamente legato alla musica rap e a tutto quanto si può definire cultura hiphop. Da distinguere dal vandalismo puro. |
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"Una notte - racconta Zoka -
stavo dipingendo il muro esterno della sede Enel con
altri due ragazzi, l'occhio attento che non passasse
nessuno. A un certo punto è arrivato un poliziotto, noi
siamo scappati dentro al Bulk. Poi tutto è finito lì.
Paura ne ho avuta. Se mi prendono, pensavo, passo dei
guai. Multe a parte, rischiavo la denuncia che ti sporca
la fedina. Ma in fondo mi sono divertito". All'amico di Kyza hanno
appioppato 400 mila lire di multa. "Stavamo là a
disegnare sul muro di un vecchio stabile, con
il permesso del proprietario. Peccato che non avevamo
calcolato l'ultima delibera di Albertini, che vieta di
dipingere qualsiasi pubblico spazio, anche con il
consenso del proprietario. Carabinieri e polizia in
genere se ne fregano, sono i vigili che rompono di più.
Sono passati di là e hanno dato la multa al povero
Ragio". Gli fa eco Ban
("che sta per bandito ma anche per banana"),
studente di disegno industriale. Ha la giacca da
ferroviere, reperita in chissà quale spedizione
notturna: "E' bello dipingere un muro, che sia
legale o no. In quest'ultimo caso magari si perde in
qualità ma si guadagna in emozione". |
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