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"Sfatiamo
il mito del writing
inteso come l'espressione di un disagio". E'
convinto Giovanni Boccia Artieri, sociologo
all'Università di Urbino, quando afferma che il fenomeno
del writing,
oggi, sembra aver assunto una connotazione differente da
quella che aveva in origine. "Senza dubbio, è nato
con modalità di marca semiotica del territorio, ma
presto si è evoluto in qualcos'altro". La fase della 'marcatura individuale', secondo Boccia Artieri, si è chiusa molto velocemente. Si consideri il caso di Bologna: all'inizio, a essere presa di mira dai writer era soltanto la stazione. "Bande di ragazzi marcavano le loro zone di riferimento, quelle di periferia, dall'esterno, perché chi passava in treno le vedesse. Quella è l'espressione di un'identità individuale, dove scritte e immagini sono spesso irriconoscibili per chi è al di fuori del codice del writing". |
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Ma
parlare di disagio è riduttivo: "Il disagio c'era,
all'epoca del fascismo, con le scritte politiche che
avevano un'identità ben precisa. E più tardi negli anni
del terrorismo. La scritta che marca l'identità
personale ('Lisa ti amo...'), invece, è molto più
recente e si sviluppa nei contesti dove i giovani fanno
gruppo: nei bar, nei bagni della scuola, nei giardini
pubblici o sugli alberi... e sono una tipica
manifestazione adolescenziale". Nel giro di pochi
anni, però, i muri della città si sono riempiti tutti.
"Il risultato è un flusso ininterrotto di imagini
sovrapposte l'una all'altra, metafora, a guardar bene,
del flusso mediale contemporaneo, fatto di sollecitazioni
sonore, visive, anche audiovisive, in cui ognuno di noi
si trova immerso". Ecco allora il senso delle
immagini viste dal treno, in movimento: attraverso il
finestrino, appaiono come guardate alla tv. "Non
sono però le scritte piccole dei bagni di scuola, ma
quelle intersecate l'una con l'altra, senza soluzione di
continuità". |
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C'è
stato il periodo di denuncia dell'imbrattamento, ma alla
fine il messaggio è passato: "In verità, né il
messaggio né le immagini: è passato piuttosto il tipo
di costruzione visiva del flusso". Infatti, "il
writing è un
salto, è il fatto di impossessarsi, da parte di gruppi
che si pongono come marginali, del sistema del flusso
visivo del sociale. Fare un murale senza scopi precisi,
senza denunciare nulla, ma solo per esprimere
un'identità, vuol dire partecipare alla costruzione
pubblica del flusso visivo".Inoltre, "il writing
partecipa alla costruzione di una sensibilità
contemporanea. Diventa esso stesso la costruzione di
questo tipo di sensibilità. Non si può definire
devianza, che è qualcosa che si pone al di fuori. Anzi,
il definitiva, è comunicazione di massa, writing,
in un fenomeno perfettamente calato nella società:
"Fa parte dell'immaginario contemporaneo e i suoi
contenuti sono in realtà un pretesto per dare vita alla
forma. Il ispira l'arte contemporanea, con quel writing
suo tipo di linguaggio (forme e immagini, colore,
rotondità), e a sua volta riprende le forme di
scrittura, di pittura, il ritmo tipici di spot, film,
videogiochi". In fondo, anche quando si pongono al di fuori del sistema, i writer hanno in comune con il sistema stesso le armi con cui pretendono di combatterlo. |