Zoom
al massimo,trattenere il respiro…ferma ferma ferma l'immagine, cavolo.
Girare è croce e delizia del videogiornalista. La qualità delle sue riprese
sarà difficilmente la stessa di cameraman professionisti. Sulla
scena dei fatti di cronaca,durante le interviste, alle conferenze stampa,
il videoreporter deve sempre pensare a più cose insieme: filmare e fare
domande, filmare e prendere appunti, filmare e capire. Non ha quindi né
il tempo, né la calma per usare la modalità manuale aggiustando la messa
a fuoco, l'esposizione, i contrasti. Nella maggior parte dei casi si gira
in automatico e neanche così è uno scherzo.
Gomiti
alti, come alla partenza di una gara di corsa. E pronti a combattere.
È la dura legge delle interviste di gruppo.Se la leggerezza della handycam
di solito, è un vantaggio, nella ressa tutto cambia. Gli operatori con
le telecamere a spalla non si fanno certo scrupoli, sta al videogiornalista
trovare lo spazio per slanciare il braccio in aria e riprendere l'intervistato
dall'alto. Con il display ben aperto e inclinato.A volte c'è qualche collega
benevolo pronto a reggere il microfono. Altrimenti mantenerlo insieme
alla videocamera diventa un tormento. Fare domande schiacciati fra i cameraman:
impossibile. Si tratta di resistere, sperando le dichiarazioni importanti
arrivino prima dei crampi.
Per fare buone inquadrature bisogna avere mano ferma, movimenti fluidi
e un po' di fantasia.Per quelle strette ideale, ma scomodo, sarebbe
usare il treppiede. Qualunque altro supporto per stabilizzare l'immagine
va bene. Nelle interviste il display viene aperto: Stefano dà uno sguardo
all'interlocutore e uno alla sua immagine per controllare che sia ben
centrata. "Il monitor però deve essere usato con parsimonia
- spiega - perché consuma rapidamente la batteria". Inconvenienti,
accortezze, frustrazioni. Ma la libertà offerta dalla handycam
di organizzare tempi,modalità di ripresa e spostamenti è
impagabile.
Senza dover concordare le immagini con il cameraman,il videogiornalista
può decidere subito cosa è utile. Spesso un dettaglio, un'espressione,
sono l'attacco più significativo per un servizio.
La
handycam è la regina delle storie minime. Il videogiornalista riesce a
far aprire le persone più "difficili" : immigrati, barboni, anziani che
restano soli d'estate. Forse la videocamerina incute minore soggezione.
Rispetto a un troupe della Rai, che è composta da giornalista,
cameraman e fonico, un videoreporter è più discreto. D'altro canto, certe
porte si aprono solo di fronte ai grandi nomi della televisione italiana.
Lo strumento del videoregiornalista è piccolo come un giocattolo. Buono
per i filmini delle vacanze.
Si rischia di non essere presi sul serio, ma è un rischio che si
corre per amore della libertà.
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handycam,
mon amour
In
uno zainetto Stefano porta sempre con sè: videocamera
Sony a 3 CCD, microfono, caricabatterie, cuffiette per controllare
l'audio delle interviste.
La buona qualità delle immagini è assicurata dai
3CCD (Charge Coupled DEvice) presenti su ogni sensore. I CCD
servono a catturare i colori: blu, rosso e verde. Rispetto alle
videocamere
monoCCD,
meno precise, la resa dei colori è molto
vicina al reale.
La
batteria ha una durata di circa due ore, ma quando si usa molto
il display, la sua capacità è più limitata.
Quando si scarica va collegata al caricabatterie -
in genere di notte- e alla presa della corrente.
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