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Daniele Durante (Canzoniere grecanico): "La pizzica non è una moda"

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Daniele Durante (Canzoniere grecanico): "La pizzica non è una moda"

Daniele Durante, 48 anni, è uno dei fondatori del Canzoniere grecanico salentino, il gruppo che nel '75 ha dato il via alla rinascita della "pizzica".

- Com'è nata l'idea del Canzoniere?
"E' nata da un'intellettuale che, casualmente, era una mia cugina, Rina Durante. In quel periodo, alla metà degli anni '70, c'era quel desiderio di recuperare le radici e nelle varie regioni si diffondevano i vari "canzonieri". Rina ebbe l'idea di far nascere questa esperienza nel Salento. Lei era responsabile della ricerca ma non suonava e non cantava, dava piuttosto un'inquadratura teorica al lavoro. Un mio amico mi informò di questa persona che voleva fondare un gruppo musicale, io andai e ci trovai mia cugina"

- In quanti avete iniziato?
"All'inizio eravamo 12-15, poi restammo in 5"

- Negli ultimi decenni ha quindi vissuto la pizzica nella sua evoluzione. Cosa è cambiato?
"Quando cominciammo la pizzica non aveva l'importanza che ha oggi, il tamburello non lo suonava quasi nessuno. Per puro caso un vecchio di Kalimera, Cosimino Surdu, sapeva ruotare la mano e alcuni elementi del canzoniere avevano appreso, da lui, questa tecnica. La pizzica, poi, non la sapeva ballare quasi nessuno. La differenza sostanziale tra ieri e oggi è che negli anni '70 lo spettacolo era molto "frontale": da una parte c'eravamo noi, dall'altra gli ascoltatori che si limitavano a consumare. Oggi la situazione è molto differente: sotto al palco cantano, suonano e ballano e, una volta che noi abbiamo finito di suonare, il concerto continua tra gli ascoltatori. Direi che è più stimolante perché sei sotto osservazione. E' più entusiasmante. Tu, che stai sul palco, sai che quelli che stanno giù conoscono ciò che stai facendo"

- Come spiega l'interesse crescente per la pizzica negli ultimi anni?
"Un motivo particolare è che nelle fasi di cambiamento, quando c'è la paura del cambiamento verso un nuovo buio molto preoccupante, è facile ed è normale che si vada a cercare le radici che hanno funzionato per millenni. C'è un senso di sicurezza e di attualità: la musicoterapia della pizzica né è un chiaro esempio: perché uno sa che facendo in questa maniera può stare bene? Perché l'hanno sperimentata per millenni. Paradossalmente le cose sono talmente vecchie da risultare nuovissime perché hanno funzionato per millenni.
"Inoltre c'è l'istinto di emulazione: se quello accanto a te balla può venire anche a te voglia di farlo. Ma la pizzica non puoi consumarla e basta, devi conoscerla, devi farne parte, se non la sai ballare vieni escluso: è un percorso che devi conoscere e maturare"

- Non è una moda?
"Negli anni '90 si diceva: non durerà oltre tre anni. Ora è un decennio che il treno non sta subendo flessioni. No, non è una moda. Lo era negli anni '70, era una moda cavalcata nei vari festival dell'Unità, e c'è una bellissima canzone che si chiama "Feste di piazza" di Patrizio Trampetti che chiarisce perfettamente cosa voglio dire"

- Non rischia di essere commercializzata?
"In Salento non esiste una televisione o una radio che trasmette questa musica. E' un fenomeno autoprodotto, le persone che la fanno devono essere protagoniste attive. E' come se uno dicesse: è una moda il samba brasiliano. Sì, il samba è largamente diffuso, ma non è una moda"

- Nella pizzica c'è una divisone tra tradizionalisti e modernisti?
"Io sono entrambi e sono convinto che l'una non escluda l'altra. Per me la divisione è tra chi sa suonare e chi non sa suonare, non esiste una maniera giusta di farla. Se uno sa fare e sceglie vuol dire che ha fatto una scelta. Che è sacrosanta. E poi cosa vuol dire essere tradizionalisti? Già la chitarra non è uno strumento salentino. E allora cosa bisognerebbe fare, costruirsi la chitarra qua con i legni degli ulivi di qua, con le corde delle acciaierie di Taranto? Queste divisioni non hanno nessun fondamento"

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