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La rivoluzione di una donna tra tifo sfrenato e pregiudizi duri a morire
Antonella:"Ho fatto disperare mio padre
Il mio '68 l'ho trovato all'Olimpico"

 

Antonella, impiegata, 43 anni. La sua prima volta allo stadio se la ricorda come fosse ieri. Roma-Bari, anno 1968. Cantava Battisti e amava la Roma, mentre sua madre Mara consolava il marito vittima della sindrome da domenica bestiale della figlia femmina.

Il padre di Antonella, il dottor Marcello, il giorno della partita si chiudeva in casa per la vergogna. Lo spettacolo che si consumava fuori, in strada lo faceva rabbrividire: Antonella avvolta nelle bandiere, pigiata con la testa fuori dal tettuccio di una vecchia Cinquecento. Ci stavano in cinque: lei, il fratello, i vicini e gli amici del palazzo pronti per la trasferta.

 

Antonella esulta davanti alla tv per il gol di Totti

La rivoluzione di quegli anni Antonella - al pari delle sue coetanee - la vive allo stadio, perché per il resto poco cambiava. Suo padre non la lasciava andare alle feste se non per due ore e guardata a vista dal fratello, "ma - precisa - visto che partivo con tutte persone che conosceva bene anche lui, allo stadio mi lasciava andare. Quelli sono stati gli anni più belli della mia vita".

"Ricordo - continua - che Gioacchino, un amico di sempre, a quel tempo lavorava per l'Alitalia e s'era portato via dall'hangar un telo per coprire le ruote degli aerei. Lo usavamo all'Olimpico, che allora non era ancora coperto, come parapioggia. Ho trascinato il mio futuro marito, interista, allo stadio per anni e lo costringevo a vivere con me tutto il pre-partita. Per noi, pazzi scatenati, poteva durare anche una giornata intera. Per farlo stare zitto, dato che spesso dava segni di insofferenza, preparavo un sacco pieno di panini e di tanto in tanto gliene infilavo uno in bocca. Quando serviva un presidente per il mio fan club 'Lupa capitolina', Gianni lo ha fatto per farmi un piacere. Poi succedeva che lui se ne andava a tutte le cene con i giocatori che organizzavano al club e io restavo a casa perché mio padre non mi faceva uscire".

Non smetterebbe mai di raccontare quelle storie, Antonella. E non smette mai di sorridere. Ma poi quel fatto: "Nonostante l'amore indescrivibile che provo per la Roma ho smesso di andare allo stadio nell'84. Era - racconta - un Roma-Verona. Al ragazzo che sedeva affianco a me hanno spaccato la faccia con la fibbia di una cinta. In quel momento ho deciso che non avrei messo più piede allo stadio. Avevo il cuore pieno di rabbia e delusione". Poi quest'anno, dopo 17 anni, la nipote la convince a tornare e, all'Olimpico, Antonella ha portato anche suo figlio Riccardo.

 

continua >>>

(02 gennaio 2002)

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