Predatori da proteggere:
il finning
E’ considerata una vera delicatezza culinaria. In Cina è
uno status symbol, un genere di lusso come per noi l’aragosta:
indispensabile offrirla agli invitati nei banchetti e alle cerimonie.
In un ristorante di Hong Kong si può spendere fino a 100
dollari a porzione.
E’ la shark fin soup, la famosa la zuppa di pinne
di pescecane. L'ingrediente base sono per l'appunto le fibre di
collagene delle pinne di squalo. Di per sé hanno poco sapore,
più che altro danno corposità alla zuppa, a cui poi
si aggiungono pollo o granchio. Un tempo un piatto riservato alle
classi più ricche visti gli elevati costi di produzione,
oggi sempre più diffuso grazie alla pratica del “finning”.
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Una volta catturato, lo squalo viene
issato a bordo del peschereccio e, ancora vivo, gli vengono tagliate
via le pinne. Così menomato, viene ributtato in mare. Lo
squalo va verso una morte sicura e inutile, visto che la carne dell’animale,
pari al 95%, va sprecata.
L’industria farmaceutica poi vende le pinne di squali come
stimolatori della potenza sessuale e la cartilagine come rimedio
contro il cancro e l’artrosi. Farmaci notoriamente inutili,
tuttavia la credulità dei pazienti consente ai produttori
guadagni plurimiliardari. Senza contare il commercio di macabri
souvenir (denti, mascelle…) e la cattura accidentale di molti
esemplari.
Per soddisfare questi mercati, in un anno vengono massacrate 730
mila tonnellate di squali (dati FAO). A ragione dei loro delicati
meccanismi riproduttivi, gli squali sono animali vulnerabili: impiegano
molti anni per raggiungere la maturità sessuale, hanno lunga
gestazione e producono un numero di piccoli per volta piuttosto
ridotto. Nonostante la FAO abbia segnalato più volte la necessità
di istituire piani di regolamentazione della pesca dei pesci cartilaginei,
solo pochi Paesi hanno delle leggi in merito. Il finning è
attualmente proibito in Stati Uniti, Canada, Brasile, Australia
e Oman. L'Italia non lo pratica.
L'abolizione del finning e la regolamentazione della pesca degli
squali sono gli obiettivi dello Shark Conservation Program,
campagna dell'organizzazione statunitense WildAid
che di recente ha presentato un rapporto dal titolo "The end
of the line?" di Susie Watts, in cui sono esposti i maggiori
problemi inerenti alla pesca dei pesci cartilaginei nel mondo.
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