Alessandro Vascellari al Minicapo (Or)

 

 

 

Sognando la libera professione

Quando studiavo ero molto più libero. A novembre ho finito la pratica da avvocato e sono in attesa degli esiti degli scritti dell’esame di stato. Se sarà positivo potrò dare gli orali. Nello studio dove lavoro sono impegnatissimo e il mio tempo libero si è ridotto notevolmente. Riesco a fare surf solo due, tre volte a mese. Se diventassi avvocato ed esercitassi la libera professione, quello sarebbe un lavoro che mi permetterebbe di poter fare surf quando voglio. Ma lavorare alle dipendenze di qualcun altro significa avere i suoi orari. Quando so che ci sono onde e non posso andare preferisco staccare il telefono e non sentire nessuno”.

Il surf non è uno sport economico. Le spese maggiori, e necessarie, consistono in benzina, attrezzatura e viaggi.
Se non si hanno le spalle coperte dalla famiglia, lavorare diventa necessario. “Molti ragazzi, soprattutto i romani, fanno lavori stagionali e mettono da parte i soldi per partire”.
Per molti il surf può anche diventare una prospettiva di lavoro, se si comincia presto e si ha talento. Ma non è sempre stato così.

“Se sei giovane e bravo puoi ottenere risultati, ma quando ho cominciato io la Federazione italiana non era stata ancora riconosciuta dal Coni, non c’erano prospettive per chi voleva praticare lo sport a livello professionistico.
Anche a me sarebbe piaciuto fare la scelta che hanno fatto Diddo e Antimo, ma non mi sono fidato, il mercato è comunque limitato, i surfisti sardi non sono moltissimi”.