Sognando
la libera professione
“Quando studiavo ero molto più libero.
A novembre ho finito la pratica da avvocato e sono in attesa degli
esiti degli scritti dell’esame di stato. Se sarà positivo
potrò dare gli orali. Nello studio dove lavoro sono impegnatissimo
e il mio tempo libero si è ridotto notevolmente. Riesco a
fare surf solo due, tre volte a mese. Se diventassi avvocato ed
esercitassi la libera professione, quello sarebbe un lavoro che
mi permetterebbe di poter fare surf quando voglio. Ma lavorare alle
dipendenze di qualcun altro significa avere i suoi orari. Quando
so che ci sono onde e non posso andare preferisco staccare il telefono
e non sentire nessuno”.
Il surf non è uno sport economico. Le spese
maggiori, e necessarie, consistono in benzina, attrezzatura e viaggi.
Se non si hanno le spalle coperte dalla famiglia, lavorare diventa
necessario. “Molti ragazzi, soprattutto i romani, fanno lavori
stagionali e mettono da parte i soldi per partire”.
Per molti il surf può anche diventare una prospettiva di
lavoro, se si comincia presto e si ha talento. Ma non è sempre
stato così.
“Se sei giovane e bravo puoi ottenere risultati, ma quando
ho cominciato io la Federazione italiana non era stata ancora riconosciuta
dal Coni, non c’erano prospettive per chi voleva praticare
lo sport a livello professionistico.
Anche a me sarebbe piaciuto fare la scelta che hanno fatto Diddo
e Antimo,
ma non mi sono fidato, il mercato è comunque limitato, i
surfisti sardi non sono moltissimi”.
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