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Grappa
e salsicce alla brace: agosto 2003, una festa in giardino in repubblica
serba di Bosnia. Radio accesa, si beve, si balla. Dopo un po’
una ragazza un po’ brilla si lascia cadere pesantemente sul
prato. Tutti ridono di qualcosa che non capisco. “Muoviti piano
– mi urla alla fine qualcuno – guarda che qui sotto c’è
una mina”. Mi spiegano che avrebbero potuto farla saltare, ma
questo avrebbe significato perdere la casa, i muri portanti che erano
ancora in piedi. Per questo hanno preferito ricostruirci sopra. Siamo
a Kolibe, un paesino cattolico-musulmano in Repubblica Srpska di Bosnia.
Nel 1992 aveva quattromila abitanti. Nel 2003, gli abitanti sono poco
più di 450. La guerra che ha distrutto il cento per cento delle
case oggi è finita da otto anni. Uno scheletro è tornato
a sembrare un paese. Biciclette per strada, mucche e campi di mais,
gli uomini seduti all’ombra a bere il caffè. Ma quante
sono ancora le mine sotto le aiuole?
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ultimo aggiornamento
aprile 2004 |
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