Dei
circa 450 che sono tornati, quattrocentoventi sono musulmani. I
cattolici sono appena una trentina. E già su questo si scatena
la
guerra dei numeri. “I cattolici sono ricchi”
dicono i musulmani. “Non tornano perché in Croazia
stanno bene, hanno avuto tutti la casa dal governo”.
“I musulmani prendono soldi dagli arabi” è la
risposta, “ricevono aiuti da tutte le loro sette”.
In questo strano rimbalzo di responsabilità, chi sceglie
di restare all’estero si sente in colpa, e appena può
snocciola mille ragioni
per non tornare.
La verità è che solo gli anziani sono felici di essere
di nuovo sulla propria terra. Per molti giovani è stato bello
il primo
giorno, ma superata l’emozione dei pionieri quasi
tutti dicono che vorrebbero scappare. Come ha fatto Admir, 26 anni,
dottorando in chimica a Torino. Quest’estate si è affacciato
solo
per un giorno, per fare da testimone di nozze
al suo migliore amico. Che si chiama Berko, e ormai da anni lavora
in Austria, ma per sposarsi ha scelto di venire qui. Molti, come
lui, non torneranno indietro; ma questo non li libera dalla lacerazione.
Resta a Kolibe solo chi, per i più vari motivi, non ha avuto
l’occasione di fare altro. Come Jasminca, trentenne invalida
di guerra, o Aldin, diciottenne figlio di madre vedova. E il risultato
è un
paese a metà.
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