Croazia,
periferia di Slavonski Brod. In casa di Pavo e Slavica,
in un salottino zeppo di soprammobili. Alla parete due angioletti
dorati, in un angolo la tv accesa.
Vivete qui, ma state sistemando la casa di Kolibe. Tornerete
presto?
Non sappiamo se torneremo.
E perché?
Primo, dopo che ce ne siamo
andati in quel modo… non è davvero facile tornare.
Non si può vivere con persone che non ti piacciono,
con persone contro cui hai combattuto.
Secondo, ora che è tutto distrutto, ricostruire
sarà comunque difficile. Kolibe non sarà mai
come prima. Prima della guerra c’erano 4000 persone.
Molte sono state uccise. Molte altre se ne sono andate e non torneranno.
Il paese in cui vivevamo è collassato. Tutto lo stato è
cambiato, è tutto diverso.
Terzo, fino all’anno scorso, quella zona
doveva essere abitata solo da serbi. La legge non accettava musulmani
e croati. Adesso è diverso, ma solo sulla carta. Per
i serbi non siamo comunque i benvenuti. Fino a tre anni
fa passare il confine non era proprio possibile. Dopo, dal maggio
del 2000, le autorità serbe teoricamente ci autorizzavano,
ma poi c’erano sempre difficoltà. Solo da un anno si
può fare avanti e indietro e cominciare a ricostruire la
casa. E comunque solo grazie alla presenza della SFOR.
Quarto, il lavoro. Il problema più grave.
La guerra non ha distrutto solo le case private, ma fabbriche, negozi.
Se vuoi lavorare devi venire da questa parte. E non ci sono aiuti
per cambiare questo stato di cose. A me piacerebbe tornare. Ma moltissime
fabbriche e imprese hanno avuto letteralmente un collasso, la stessa
ditta per cui lavoravo prima funziona sì, ma a bassissimo
regime. L’unico futuro che potrei avere è da agricoltore.
Forse lo farò quando sarò in pensione. Ma anche per
quello mi servirebbero molti soldi.
Quinto,
aspetterò che i miei figli abbiano finito gli studi, perché
se no sarebbero costretti a studiare il cirillico. La scuola
ricostruita a Kolibe è tutta serba. Prima era intitolata
a Hasan Kikic, (scrittore bosniaco morto durante la seconda guerra
mondiale). La nuova scuola si chiama San Sava. Anche alle strade
hanno messo nomi serbi, di personaggi storici che non hanno fatto
niente di buono.
Sesto. Le cure mediche non sono buone. E la gente
ha paura a tornare, perché se ti succede qualcosa…
Poi in Bosnia l’assistenza sanitaria è a pagamento.
Settimo, l’assetto internazionale. La Bosnia
è un paese complicato. Non va bene questa soluzione delle
due entità. Io vorrei una federazione come la Svizzera.
Ottavo, ancora la politica. I croati di Bosnia
non si impegnano per far sì che rientriamo in Posavina. Solo
la chiesa dà aiuti per tornare. E per quelli che come noi
si sono rifugiati in Croazia, la Croazia preferisce che restiamo.
E ci dà molti aiuti finanziari.
Quindi in ultima analisi non volete tornare?
Lo vogliamo. Non saremo in pace finché non torneremo.
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