Il
treno ad alta velocità Roma-Napoli ha iniziato la sua
corsa il 19 dicembre, passando sopra il Sacco, il fiume dei
veleni che scorre tra Roma e Frosinone.
Nonostante
la nascita dell’Osservatorio ambientale e monitoraggi
effettuati prima, durante e dopo i lavori, tra opere appaltate
e subappaltate qualcosa deve essere sfuggito di mano. Proprio
sotto i piloni della grande opera di modernizzazione, lungo
nove comuni le sponde del fiume Sacco erano state contaminate
da una pericolosa sostanza tossica, il
beta-esaclorocicloesano.
La
terra contaminata raccolta nei cantieri Tav è poi finita
nel foraggio di un allevamento e nella verdura coltivata nell’orto
di una famiglia della valle.
Contaminazione
ad alta velocità: la terra bruciata di Paolo Spaziani
Paolo
Spaziani guarda con rabbia le foto del terreno dove coltivava
il grano duro, mentre passa il treno ad alta velocità
che collega Roma a Napoli, proprio sopra il fiume dei veleni.
Un altro scandalo si aggiunge alla già devastata Valle
del Sacco.
“Ci
hanno chiesto se potevano darci terreno vegetale per un rinterro.
Io ho chiesto alla Tav di fare delle analisi per controllare
che non ci fossero sostanze inquinanti”. Le analisi effettuate
dalla Tecnoprogetti s.r.l. mostravano che la terra era ‘NON
CONTAMINATA’.
“La Tav aveva incaricato un laboratorio privato –
continua a spiegare Paolo – che ha analizzato i campioni
di terra presa dai cantieri. Mi hanno portato la terra assieme
alle analisi negative, e invece c’era il lindano”.
Mentre gli altri terreni sono stati contaminati a causa della
vicinanza con il fiume Sacco, il suo si trova a quasi un chilometro
di distanza, non è terreno irriguo e non ci sono falde
acquifere collegate al bacino idrico. E se non fosse stato per
uno scrupolo, sorto dopo l’emergenza Sacco, Spaziani non
avrebbe scoperto che anche il suo appezzamento a Pietra dell’Altare
era coinvolto.
“Ho chiamato le ASL, ho richiesto analisi del fieno –
racconta Paolo – hanno preso un campione e hanno testato
la positività”. Dopo la scoperta, a ottobre, Paolo
ha fatto distruggere il fieno al lindano e ha chiesto
a un laboratorio privato di analizzare tre ettari del terreno,
scavando un solco lungo 250 metri. Adesso quel terreno è
incolto, inutilizzabile. L’unica spiegazione, per l’allevatore,
è che le zolle di terra che gli erano state consegnate
provenissero dalle sponde contaminate del Sacco.
Perché le analisi non avevano rilevato la presenza della
sostanza?
La ditta che aveva trasportato la terra, la Di Rotondi Mauro
di Gavignano, ha dichiarato di non esserne responsabile, passando
la palla alla società Pegaso. Ma da mesi Paolo aspetta
una risposta, e nel frattempo non sa come risolvere la situazione.
Veleno
a tavola per anni: la storia di un abitante della valle del
Sacco
Il
signor F. non è un allevatore. Ha solo un orto dietro casa
dove ha coltivato per anni verdura per lui e la sua famiglia.
Non abita nella "zona rossa" (i 100 metri lungo la sponda
considerati a rischio contaminazione), eppure quel fazzoletto
di terra è contaminato dal B-HCH, probabilmente da anni.
Parte della sua proprietà era stata espropriata per costruire
la linea ad alta velocità. E per costruire un muro di sostegno,
avevano riempito il suo orto di veleno.
“La
terra l’hanno portata perché volevano fare un muro
di sostegno adiacente al mio orto. Al di là del muro hanno
costruito una strada. Dall’altra parte della strada è
tutto inquinato, nei terreni hanno messo i paletti dei divieti
di coltivazione".
"Io avevo chiesto di portare terreno vegetale e loro avevano
detto che lo era. Sapevo che lo prendevano dai cumuli dei cantieri,
ma non so esattamente da quale posto, non so se era in mezzo al
fiume".
"Dopo lo scandalo mi è venuto il dubbio. A giugno-luglio
dell’anno scorso abbiamo fatto le analisi e il terreno è
risultato positivo al betaesacloro. L’anno scorso, a settembre-ottobre,
abbiamo parlato con un avvocato e un geometra della società
che gestiva i lavori. Mi hanno detto di non sapere niente. Adesso
ho aperto la pratica con il mio legale per chiedere i risarcimenti".
"Qui coltivavamo patate, cipolle, aglio, pomodori, ortaggi
vari, spinaci. Li abbiamo mangiati per quasi dieci anni perché
la terra l’hanno portata nel ’97".
"Nel ’93 c’è stato l’alluvione nella
valle del Sacco, il fiume è straripato e la sostanza è
finita ovunque lasciando residui. Ma io sto a 150 metri dalla
riva, qui l’acqua non può arrivare perché
c'è un dislivello di almeno 30 metri e non abbiamo pozzi".
"L’anno scorso, a luglio, mia mamma è morta
per un tumore. C’erano valori tumorali strani: dopo la chemio
era migliorata e invece, dopo qualche anno, il tumore è
ricomparso. Io non so se dipenda dal fiume, ma in famiglia dobbiamo
fare delle analisi specifiche".
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