Vista
dall’esterno sembra una brutta casetta abbandonata.
Una delle poche rimaste a Santa Maria al Bagno,
che oggi non è più un piccolo paese
di pescatori ma un agglomerato di villette e case
di villeggiatura. La porte d’ingresso e
le finestre sono state murate. I vandali così
non entrano ma contro l’umidità e
l’aria salmastra non c’è barriera
che tenga molto a lungo. L’intonaco esterno
cade via a grossi pezzi e dove ancora resiste
è coperto dalle piante rampicanti che avvolgono
tutti i quattro lati di questa piccola costruzione
in muratura. La cosa che impressiona di più
sono le crepe. Tante e profonde. Dieci anni, sei
mesi, poche settimane. E’ difficile prevedere
quanto ancora la casetta della memoria riuscirà
a restare in piedi. Quello che è certo
è che potrebbe crollare da un momento all’altro
e nessuno potrebbe giustificarsi dicendo che non
se lo sarebbe aspettato.
A metà degli anni 90 la casetta avrebbe
potuto anche essere abbattuta. Un privato comprò
l’area nella quale sorgeva per costruire
un complesso residenziale. Ebbe il buon cuore
e l’accortezza di costruirlo 5 metri più
in là, ma se avesse deciso di demolirla
nessun vincolo legale avrebbe potuto impedirglielo.
Eppure quella brutta catapecchia, tanto vituperata,
custodisce tre inestimabili testimonianze del
tempo che fu. Se ne accorse nel 1985 un cittadino
di Santa
Maria, Paolo Pisacane, che quando Zivi Miller
disegnava i suoi murale sul muro della casetta
non era neanche nato. Grazie al lungo e paziente
lavoro di promozione e sensibilizzazione, Paolo
dopo quasi vent’anni ha portato a casa un
prezioso risultato che potrebbe salvare la casetta.
Grazie al clamore per la medaglia d’oro
al valor civile dalla regione nel 2005 è
arrivato un cospicuo finanziamento per il recupero
dei murales e l’istituzione del museo della
memoria. A oggi, però i lavori non sono
ancora partiti.
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