Un museo da toccare

Insegna all'ingresso del Museo Tattile Statale Omero di Ancona

[Dai un'occhiata
al Museo Omero]

Toccando il viso della Madonna della Pietà di Michelangelo viene istintivo accarezzarlo, per consolarla, come se si trattasse di una persona vera. Ti aspetteresti, da un momento all’altro, di sentire scorrere delle lacrime su quella pelle fredda, ma che, nonostante questo, non sembra insensibile. La riproduzione della Pietà si trova lungo la parete di fronte alla porta della sala dedicata alla scultura rinascimentale del Museo Tattile Statale Omero, ad Ancona, esattamente al centro di una fila di statue. Alla sua sinistra, una copia della Vergine di Bruges sostiene il Cristo ancora bambino. Dall’altro lato, un gigantesco volto del David di Michelangelo sembra osservare, tra lo stupito e l’accigliato, quello che accade ogni volta che un visitatore si avvicina alla Madre che sorregge il Figlio morto. Qui, infatti, la regola è: vietato non toccare.

La sala di Michelangelo rappresenta probabilmente il culmine della visita al Museo Omero, che parte dalla preistoria e arriva all’arte contemporanea. I visitatori sono liberi di toccare tutte le opere presenti – inclusi i reperti archeologici e i pezzi della collezione di scultura moderna che sono originali – e chi vede può scegliere di fare il percorso bendato, aiutato da una guida. L’obiettivo del museo, infatti, è dare a tutti la possibilità di avere un’educazione artistica ed estetica, ma anche valorizzare in ciascun visitatore il senso del tatto e l’abitudine a usarlo.

Muoversi al buio è un’esperienza che stordisce: con gli occhi bendati il senso dell’orientamento praticamente si annulla. A ogni passo ci si aspetta irragionevolmente – siamo in un museo, non su una strada sterrata in campagna – di trovare una buca, ci si sente come sul bordo di un precipizio, spaventati dall’idea di cadere da un momento all’altro. Ci si può solo affidare alla propria guida: salendo, le scale moniti infantili come “tieniti alla ringhiera” diventano regole rassicuranti a cui appoggiarsi. “Ci sono dei segnali, degli indicatori fisici – spiega Daniela Bottegoni, non vedente, fondatrice del Museo Omero e guida d’eccezione se qualcuno lo richiede – che aiutano il cieco a orientarsi: il calore di un termosifone, il suono della voce che rimbalza contro un muro o, al contrario, si espande quando si ha di fronte un passaggio che porta in un’altra stanza”.

Una guida del museo spiega a una visitatrice la tecnica per la lettura tattile delle sculture

Per “vedere con le mani” le guide del Museo Omero insegnano ai visitatori una tecnica analitica, che parte dall’esplorazione complessiva della scultura – come si trattasse del colpo d’occhio di un vedente – e serve a capire dimensioni e forma dell’opera. In piedi davanti alla statua, accompagnati nei movimenti dalla guida, si usano entrambe le mani per esplorare la scultura, la si abbraccia se necessario. Poi si continua procedendo dall’alto verso il basso e, via via che si studiano i dettagli, diventano protagoniste le dita, che dritte e parallele rispetto all’oggetto che si studia, aiutano a cogliere i particolari. Questo aiuta a formarsi un’immagine mentale dell’oggetto: permette di scoprire – per esempio - lo slancio del corpo della Nike di Samotracia, di avvertire, abbracciandola, accostando il volto all’incavo delle spalle fra le ali, la sensazione che quel busto di marmo, proteso in avanti, stia quasi per spiccare il volo.

“L’ideale – spiega Monica Bernacchia, guida al Museo Omero – è lavorare con un visitatore alla volta, al massimo due o tre, perché la lettura tattile di un’opera è impegnativa. In questo modo, si riesce anche a stabilire un contatto umano e fisico con le persone”. “Il nostro lavoro – prosegue - consiste nell’accompagnare i visitatori, anche nei loro movimenti di esplorazione e nel fornire loro spiegazioni fisiche e culturali sull’opera. Quando arrivano i gruppi, invece, si fa una presentazione generale del museo e delle singole stanze, cercando di spiegare agli accompagnatori come aiutare i non vedenti durante la visita”.

Al Museo Omero c’è anche una sezione dedicata all’architettura: modelli in scala – in alcuni casi abbinati a modelli volumetrici, come per il Pantheon – permettono ai non vedenti di scoprire qual è l’aspetto della Basilica di San Pietro a Roma, del Partenone ad Atene o della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. “Quando li abbiamo fatti fare – racconta Daniela Bottegoni, ideatrice del museo insieme al marito Aldo Grassini – ho insistito perché almeno alcuni modelli avessero anche una sezione: altrimenti è come toccare una bella scatola di cui non si capisce come è fatta realmente”.

L’architettura è il settore che sembra affascinare di più i visitatori non vedenti: “Le basiliche – spiega Costantino, 12 anni, in visita al museo con un gruppo dell’Unione italiana ciechi della provincia di Foggia – sono la cosa che mi è piaciuta di più. È tutto ridotto in scala e quindi posso toccare quello che diversamente non avrei potuto vedere”. Lo stesso vale per Filomena, centralinista in pensione, una veterana del Museo Omero: “Sono venuta qui la prima volta – ricorda – quando il museo era stato appena aperto. Di quella visita ho un ricordo vago, ma il modello di San Pietro mi stupì davvero. Io ho perso la vista a otto anni e, in fatto di arte, sono un’autodidatta, ma ho sempre letto di tutto e la voglia di toccare per me ora è un fatto istintivo”.


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