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L'imprenditoria egiziana nel capoluogo lombardo I nuovi milanesi? Arrivano dall'Egitto Originari delle più povere campagne egiziane, attraversano il mare inseguendo un sogno conosciuto attraverso racconti di parenti e amici. Arrivano infine a Milano, dove si rimboccano le maniche e sempre più spesso riescono a fare fortuna. Sono i piccoli imprenditori egiziani che animano il tessuto economico del capoluogo lombardo. I costruttori sono la maggioranza per numero, i commercianti e trasportatori i meno visibili, i pizzaioli i più amati e conosciuti.
Un fenomeno non casuale, che affonda le sue radici nelle prime migrazioni dalle sponde del Nilo ai Navigli. Erano gli anni Settanta, dall’Egitto fuggivano sia giovani medio-borghesi, spesso laureati, che non volevano impugnare le armi (nel 1973 si combatteva la guerra del Kippur contro Israele) sia ragazzi che, ansiosi di fare fortuna, approfittavano delle aperture politiche della presidenza di Sadat per conoscere il mondo. “Sfruttarono il vantaggio di muoversi in un contesto dove non c’erano altri immigrati, ancora privo di pregiudizi”, spiega Emanuela Abbatecola, sociologa dell’università di Genova, che ha studiato il caso dell’imprenditorialità egiziana a Milano. “Hanno trovato lavoro laddove c’era bisogno di manodopera che fosse disposta a fare turni faticosi o lavori che gli italiani non volevano più fare. Così hanno imparato il mestiere e sono arrivati a mettersi in proprio, spinti anche dalla provenienza sociale medio-alta: chi emigra non perché povero e disperato, bensì per migliorare la propria posizione, non accetta a lungo lavori dipendenti e mal pagati”. Diverso l'approccio dell’egiziano emigrato dagli anni Novanta in poi: una volta arrivato, si rivolge a parenti e amici, che lo assumono o lo segnalano ad altri parenti e amici. Inizia facendo quello che può, considerato che non conosce né la lingua né il tipo di lavoro che è chiamato a fare. Progressivamente accumula soldi e competenze utili a proseguire in quella direzione, ma poco spendibili in altri campi.
Da sempre
a Milano gli egiziani rivolgono le loro attività agli italiani,
di cui imparano a conoscere i gusti e le esigenze: basti pensare ai ristoranti,
dove si offre cucina italiana e al massimo qualche piatto etnico sulla
carta, soprattutto dolci. Non mancano esempi di imprenditorialità
etnica o settoriale, dai phone center alle macellerie islamiche:
anche in questi casi, però, niente esclusive. L’egiziano
non è il cliente unico: ci si rivolge rispettivamente al macrocosmo
extracomunitario e alla sconfinata nazione islamica. |
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