“L’annuncio dei primi di luglio, con il quale l’azienda ha comunicato la sua intenzione di ridimensionare la fabbrica, ci ha fatto perdere ore di sonno, perché Ceramica Dolomite è Trichiana, e Trichiana è Ceramica Dolomite”. Giorgio Cavallet è stato eletto sindaco di Trichiana nel giugno 2009. Dopo nemmeno un mese, il 2 luglio, Ideal Standard International ha deciso il ricorso alla cassa integrazione per 12 mesi dal primo settembre 2009 per l’intero organico, compresi, quindi, i 655 dipendenti della ex-Ceramica Dolomite.

Quasi un terzo dei lavoratori sono cittadini di Trichiana: 174 su 655. Gli altri vengono da comuni limitrofi: Mel (135 persone), Belluno (86), Sedico, Limana, Santa Giustina, Cesio, Feltre. “Trichiana ha 4.750 abitanti. La popolazione attiva – spiega il sindaco Cavallet – è circa la metà. Quasi un decimo dei miei concittadini quindi prende lo stipendio da Ideal Standard”.

Probabilmente tutti gli abitanti di Trichiana hanno avuto almeno un parente che ha lavorato in Ceramica Dolomite. Molti degli emigranti che tornarono a casa alla fine degli anni ’60 lo fecero perché assunti dall’azienda di sanitari, fondata nel 1965. La presenza di Ceramica Dolomite ha consentito la nascita di altre imprese, che si occupano della manutenzione edile, della costruzione di macchine e accessori, delle pulizie.

“Se Ceramica chiudesse, pericolo per ora scongiurato grazie ai contratti di solidarietà – commenta il sindaco Cavallet – sarebbe un disastro. Verrebbero a mancare delle risorse indispensabili al Comune”. Salterebbero l’Ici e le contribuzioni che l’azienda versa per l’uso della discarica, costruita in funzione delle esigenze di Ceramica negli anni ’80, e per l’utilizzo dell’acquedotto industriale. “Nel bilancio di previsione 2009 – continua il sindaco – che abbiamo rimpinguato dopo l’accordo sindacale del 17 novembre, avevamo calcolato un “buco” di 420.000 euro. Che arrivava a 465.000 tenendo conto anche della tassazione sui rifiuti RSU e dell’Irpef”. Quasi il dieci per cento delle spese correnti medie degli ultimi bilanci comunali.

Gli amministratori comunali non hanno osato calcolare le ripercussioni che un’eventuale chiusura o un ridimensionamento avrebbero sull’indotto: “Solo con le mancate entrate la situazione sarebbe catastrofica: il Comune sarebbe costretto ad alzare le tasse. Ma i 200 cittadini senza più lavoro come potrebbero pagarle?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I cittadini senza soldi, poi, difficilmente spendono. “Per fortuna noi coltiviamo ancora un pezzo di terra – racconta Walter Bettega, in Ceramica dal 1987 – quindi risparmiamo negli alimentari. In qualche modo si fa, stringendo la cinghia. Ma non è facile”. Anche i commercianti di Trichiana hanno sentito la crisi. “Abbiamo venduto il 10% in meno rispetto all’anno scorso – dice la titolare del negozio di scarpe – perché la cassa integrazione in Ceramica ci ha tolto diversi clienti”. In merceria sono pessimisti: “Il 2010 sarà ancora più difficile, la gente ha paura a spendere soldi”.

Perché è abituata a poter contare sulla certezza dello stipendio. “Chi lavora in Ceramica Dolomite – racconta Marco Dal Magro, capo del reparto colaggi – può accendere un mutuo e comprare casa. È sempre stato così”. Oggi chi ha un mutuo in banca, trema. Molti dipendenti se la sono vista brutta, durante i mesi di cassa integrazione: “Da noi il turnover quasi non esiste – continua Dal Magro – per cui la maggior parte degli operai sono in Ceramica da più di dieci anni, e hanno tutta l’intenzione di farsi la pensione qui”.

“L’annuncio di luglio (il due luglio 2009 Ideal Standard ha comunicato la richiesta di cassa integrazione) è stato come una bomba atomica. L’ultimo anno – Gianni Segat fa parte della Rsu dello stabilimento di Trichiana – ci ha fatto diventare matti. Non eravamo nemmeno abituati a tutto questo: manifestazioni, incontri al ministero, scioperi. Pensare che gli unici scioperi prima li facevamo perché lavoravamo troppo”.

Perfortuna l’accordo del 17 novembre ha ridimensionato in parte il disastro: a Trichiana gli esuberi previsti sono 410 anziché 650. Niente più cassa integrazione, ma contratti di solidarietà. “Per due anni – continua Segat – non esce nessuno, continuiamo tutti a lavorare. Nei primi sei mesi del 2010 faremo il 25% delle ore in meno. E in busta paga ci troveremo il 92-95% dello stipendio, con l’integrato dell’Inps”.