Raffaella

Raffaella ha 23 anni, un diploma di un istituto tecnico commerciale e si è stancata di studiare. Vive in provincia di Napoli e si è anche stancata di cercare un lavoro. Non vuole lasciare la sua terra e non vuole neanche essere di peso per i suoi genitori. Perciò ha deciso di aprire una bancarella “sui generis” e da quando ha iniziato gli affari le vanno benissimo: accende il computer, si siede e condivide sul suo falso profilo facebook  le foto scattate a Napoli, nella maggiore piazza di vendita delle firme e delle repliche, alle spalle della statua di Garibaldi.

Lì c’è la stazione dei treni e da poco tempo ha aperto anche la stazione della metropolitana, dopo più di dieci anni di lavori. Fendi, Louis Vuitton, Gucci, Hermes, Chanel, Miu Miu, Moncler: Raffaella ha foto per prodotti di tutti i tipi. Borse, cinture, portafogli, scarpe e sciarpe mostrate nei minimi particolari dal venditore ambulante di turno, con l’etichetta interna e il finto numero di serie. “Questo rende la merce identica all’originale comprata in negozio – spiega Raffaella – e ci sono vari livelli di falsificazione: dalla semplice imitazione al parallelissimo. Più è alto il livello, più costa il prodotto”.

Raffaella va a Napoli per rifornirsi una volta alla settimana. Gli altri giorni li trascorre tra il soggiorno di casa e cinque diversi uffici postali. Mentre cammina tra le bancarelle, saluta tutti, conosce per nome i venditori e passa la maggior parte del suo tempo a trattare sul prezzo. Pretende che le borse siano di vera pelle “perché, sai, le clienti sono esigenti e vogliono che i manici delle Vuitton si scuriscano col passare del tempo. Proprio come succede a quelle acquistate in negozio”. Annusa ogni borsa, ogni cintura, la analizza alla ricerca di imperfezioni e, se ce ne sono, chiede di cambiarla.

“Cercano sempre di rifilarmi qualche pezzo danneggiato, ma a me non conviene perché poi le clienti se ne accorgono, li rispediscono e devo tornare qui per cambiarle più velocemente possibile, rimettendoci i soldi del viaggio e di una seconda spedizione”. Per ogni pezzo che gli ambulanti le consegnano, Raffaella chiede che le sia data anche la bustina antipolvere firmata.

Poi, riposto l’acquisto nella valigia, cancella una voce dalla sua lunga lista. Per portare a casa tutti i sessanta pezzi ordinati mediamente ogni settimana ha due trolley enormi che riempie con precisione: “devo stare attenta a mettere sopra le borse rigide e delicate, sotto quelle più resistenti. Altrimenti si schiacciano e vanno in fumo almeno 50 euro per ogni pezzo danneggiato”.

Il totale della spesa è di 1.250 euro: Jamal, il suo fornitore, prende i soldi e li conta di nuovo con lei. Poi decide di regalarle un foulard di Alviero Martini. “Con questo – spiega Raffaella – farò il doppio del guadagno”. Con una sola settimana di lavoro, Raffaella guadagna quasi mille euro.
Prima di andare via, chiede a Jamal dei nuovi arrivi della settimana: “Il modello Alma di Vuitton, il più richiesto e costoso al momento – le risponde il venditore – è arrivato anche in rosa”.

Raffaella lo fotografa con il suo Iphone, si collega a facebook e lo posta scrivendo il suo prezzo: 80 euro incluse spese di spedizione. Jamal la vende a 50 euro. Lei ne calcola 10 per la spedizione. “Guadagno almeno 20 euro per ogni pezzo” dice sorridendo. Poi, sollevando la borsa, aggiunge  “non è adorabile? La comprerei per me, ma credo che presto la prenderò originale in un negozio di Roma. Un po’ alla volta so mettendo i soldi da parte”.

Rientrata a casa, dopo aver cambiato due autobus e aver chiesto aiuto a due passeggeri per trasportare le valige, Raffaella libera i trolley da tutti gli acquisti. Uno alla volta, li poggia sul tavolo del soggiorno e ci incolla un post-it con la sintesi dell’ordine. Quaranta ordini in tutto. Sessanta pezzi. Questo significa che dovrà fare quaranta pacchi, compilare trenta moduli per la spedizione, distribuire le spedizioni nei vari uffici postali e inventarsi quaranta contenuti da dichiarare sul modulo per non destare sospetti.

“Le scatole le trovo al supermercato, ogni mese vado a rifornirmi di carta da imballaggio e carta isolante con le bolle. Ho poi una pila di moduli raccolti in tutti gli uffici postali del circondario. Li compilo con calma a casa e non creo troppa fila alle poste”. E’ minuziosa e attenta con gli ordini: “le clienti mi hanno già pagata e io sono una persona seria. Ho detto loro che avrei spedito entro domattina e così farò. Così sono tranquille loro e lo sono anch’io: do loro il codice per rintracciare pacchi e raccomandate e posso pensare per qualche giorno ai miei amici e al mio fidanzato”.

Raffaella sa che si tratta di un traffico illegale, fondato sulla Camorra e sullo sfruttamento dei migranti, ma non dà troppo peso alla cosa: “E’ un problema che non dipende da me. Non finirà solo perché io smetto di comprare e vendere. Almeno così riesco a pagarmi la vacanza. Conosco madri che lo fanno per mantenere la famiglia. Siamo in una società dove non c’è niente di meglio. Dove un lavoro normale è impossibile da trovare e se anche lo si trova i soldi non bastano per arrivare a fine mese. Con questo commercio, mi assicuro sempre almeno 1300 euro al mese. E sono felice e soddisfatta così”.

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