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IL
TEMPIO CHE NON C’È
Quella domenica arrivò anche la televisione a riprendere
i tamil che sfilavano in città. Poteva sembrare un carnevale
strano, con i loro lunghi vestiti multicolori, le trecce nerissime,
i balli tradizionali. E invece scendevano in strada per manifestare
contro il Comune. Lungo la via più elegante di Palermo,
via Libertà, hanno celebrato un rito indù. I tamil
palermitani non hanno un tempio in cui pregare; nessuno glielo
ha mai concesso. Così ad aprile dell’anno scorso
hanno celebrato in strada il tempio che non c’è.
E che ha continuato a non esserci.
Sono placidi e sornioni. Sorridono spesso e sembra che ti prendano
un po’ in giro. Sanno prendere la cose con una serenità
lontana dallo stile di vita occidentale. Sarà per il loro
fare contenuto che nessuno li ascolta anche se abitano qui da
più di vent’anni e sono la comunità tamil
più grande d’Italia. Il signor Metha, il loro capo,
coordina tutti i gruppi della penisola. “Chi vuole sposarsi
– spiega – deve arrangiarsi, oppure andare fino in
Liguria per trovare un tempio”.
Per un po’ si sono riuniti in un garage (“un posto
inadatto, accanto alla strada, rumoroso e impuro”), ma per
tremila persone ci voleva qualcos’altro. “Qualche
anno fa – racconta Metha - il Comune aveva messo a disposizione
alcune chiese sconsacrate e noi ne abbiamo chiesta una. Il cardinale
della città ci ha detto che non se ne parlava nemmeno.
Anche se sconsacrata, ci spiegò, è pur sempre una
chiesa: non ci sarà mai un tempio indù!”.
“Alla manifestazione in via Libertà – ricorda
Jenny, che parla benissimo l’italiano e aiuta molto lo zio
Metha nel suo lavoro - è venuta anche la televisione. La
gente ci fermava e ci chiedeva che cosa ci facevamo lì”.
Il giorno dopo, spenti i riflettori, nessuno si è più
ricordato dei tamil e del loro tempio. “Se il sindaco ci
ha mai ricevuto? – sorride Metha - Quello nuovo, quello
eletto nel 2001, lo abbiamo visto solo in tv!”. |