La perizia che porta al proscioglimento: nessun pericolo, ma smaltimento rifiuti illecito

“L’attività di recupero di rifiuti costituiti da scorie Cubilot e loppe d’altoforno operata dalla Pertusola Sud è stata condotta in difformità alle norme di riferimento, in ragione delle caratteristiche dei rifiuti impiegati, non rispondenti a quelli ammessi alle procedure semplificate di cui al D.M. 5 febbraio 1998, e delle opere con esso prevalentemente realizzate, la cui tipologia – pavimentazioni stradali – era condizione necessaria per la conclusione del processo di recupero”.

Conclusioni Martelloni

Le conclusioni della perizia Martelloni

Questa è la conclusione della perizia di Daniele Martelloni, il consulente tecnico d’ufficio nominato dal Gup, Gloria Gori, per valutare l’eventuale inquinamento dei 18 siti posti sotto sequestro dalla procura di Crotone perché costruiti con i residui della scoria Cubilot, prodotta dall’ex Pertusola Sud. E da questo studio sono caduti tutti i capi di imputazione ed è così nata la decisione del giudice di prosciogliere tutti gli indagati.

Ma queste conclusioni sembrano contraddire la scelta del Gup, che aveva affidato la perizia a Martelloni il 16 dicembre 2010, ponendogli tre quesiti:
1) Valutare le caratteristiche fisico-chimiche del materiale utilizzato nei 18 siti.
2) Studiare l’eventuale nocività e tossicità di questi materiali e il loro rilascio, con particolare attenzione al suolo, al sottosuolo e alla falda.
3) Analizzare il ciclo produttivo del Cic e la sua messa in opera.

Al perito sono stati concessi 180 giorni (più una proroga) per lo studio, come da lui richiesto, di 150 sondaggi per un totale di oltre 200 campioni.

Le risposte di Martelloni sembrano essere spesso critiche. Sul secondo punto, infatti, il Ctu spiega che i “campioni di materiale riconducibile a Cic mostrano comportamenti, al test di cessione, piuttosto disomogenei: i superamenti registrati attengono prevalentemente al parametro arsenico”.

Martelloni continua esprimendo dubbi anche sulla posa in opera del materiale, che potrebbe “aver determinato localmente anche l’involontaria miscelazione del Cic con terra, inerti ed altri materiali non riconducibili in modo certo ai materiali originari, così come prodotti nello stabilimento”.

I campioni di Cic, comunque, vengono valutati da Martelloni come “non pericolosi” e il codice assegnato alla scoria Cubilot (Cer 10.08.01) sarebbe “compatibile con il recupero dei rifiuti in forma semplificata disciplinata dal D.M. 5 febbraio 1998 – continua Martelloni – ma le informazioni disponibili sulla composizione della scoria hanno evidenziato che non sempre la composizione era perfettamente aderente alle specifiche indicate dalla norma”.

Martelloni però ribadisce più volte che l’impiego delle scorie “costituisce un’attività di recupero di rifiuti non autorizzato che determina il permanere della qualificazione giuridica di rifiuto”.

Altro punto su cui si sofferma il Ctu nominato dal giudice Gori riguarda la messa in opera del materiale: “Il Cic non è stato impiegato nella realizzazione di pavimentazioni stradali – spiega Martelloni nelle conclusioni – gli spessori rinvenuti, infatti, sono incompatibili con quelli di una pavimentazione stradale e, in alcuni casi, anche per quelli caratteristici dei sottofondi stradali”.

Sulla base dei risultati in mano al perito “è possibile stimare che il riutilizzo non conforme ammonta quantitativamente a circa 420 mila tonnellate, ovvero al 60,28% del quantitativo di Cic prodotto”. “In conclusione, l’attività di recupero di rifiuti costituiti da scorie Cubilot e loppe d’altoforno – recitano le ultime righe della perizia Martelloni – è stata condotta in difformità alle norme di riferimento”.

In sostanza, secondo la perizia Martelloni i siti posti sotto sequestro e la scoria Cubilot (tal quale o sotto forma di Cic) non sono realmente pericolosi, ma il loro utilizzo non sarebbe corretto dal punto di vista formale, considerando che lo smaltimento doveva avvenire come quello di un rifiuto.

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