I finanziamenti illeciti della Cdu:
una questione europea

 
L'altro Kohl

Ha dominato la Germania e l'Europa, ha riunificato i territori tedeschi senza spargere una goccia di sangue e ha trainato al traguardo l'Unione monetaria. Helmut Kohl ha fatto tutto questo, ma ora mostra un lato oscuro pieno di dubbi e ombre che si allungano sulle istituzioni tedesche
e non solo.
La Cdu ha tenuto a battesimo la Repubblica federale, guidando lo sviluppo
della democrazia tedesca.
Ma ora affronta una crisi gravissima, a causa della
disinvolta gestione delle proprie finanze e il coinvolgimento con faccendieri dai pochi scrupoli.
Il
Bundestag l'ha già condannata a pagare una multa da 41 miliardi di lire.
La dirigenza del partito è stata in pratica decapitata.
Wolfgang Schaeuble, il delfino, l'uomo destinato a restituire la guida della Germania alla Cdu, è stato travolto. Le speranze del partito sono affidate ad Angela Merkel, acclamata nuovo presidente.
Nel frattempo la magistratura conduce un'
inchiesta che potrebbe portare in carcere Kohl.
E anche la Spd del cancelliere Schroeder ha le sue
grane.
Come è potuto accadere?

Kohl: il giorno della vergogna

"Cosa ne è stato di quei soldi? Perché sono stati donati? Per influenzare le decisioni di Kohl?". Queste domande, scagliate come sassi da un dimostrante sui parlamentari riuniti al Bundestag, tormentano la Germania dal 30 novembre del 1999.
Da quando, cioè, per la prima volta l'ex-cancelliere Helmut Kohl
ha ammesso di aver utilizzato un sistema di conti segreti per finanziare la sua campagna elettorale.
Il fango sollevato sull'
uomo simbolo della Cdu assesta un colpo gravissimo al partito, e getta una lunga ombra sullo stesso processo d'integrazione europea. Ma soprattutto consegna alla Germania un volto diverso di quello che veniva ormai considerato un padre della patria alla stregua di Adenauer.
Nonostante col voto nello
Schleswig-Holstein la Cdu e la società civile abbiano dimostrato una capacità di tenuta molto superiori a quanto si potesse pensare, la Germania riunificata vive la sua crisi più grave. In discussione c'è la credibilità del partito che rappresenta uno dei pilastri principali della politica tedesca: il partito che ha tenuto a battesimo la Repubblica federale dopo la caduta del Nazismo e che per mezzo secolo ha impedito che si riformassero alla sua destra formazioni estremiste. Non basta: i cristiano democratici hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del modello socioeconomico renano che, coniugando un po' di mercato e un po' di socialità, ha inspirato l'intera Europa.

"La Cdu è finita e non si risolleverà più"
Dan Diner, uno fra i più autorevoli storici tedeschi

Lo scandalo è venuto alla luce grazie a un'inchiesta del Sueddeutsche Zeitung. Il quotidiano ha rivelato che un amico personale di Kohl, Horst Weyrauch (commercialista della Cdu), amministrava una decina di conti fiduciari alimentati con i contributi di alcuni imprenditori e utilizzati per finanziare le organizzazioni regionali del partito. Lo stesso ex-cancelliere ha ammesso il 30 novembre del 1999, dopo aver però negato a lungo, la propria responsabilità nella gestione dei fondi riservati, rigettando però ogni accusa di corruzione.
Sebbene nessuno sospetti Kohl di essersi arricchito, la gravità dello scandalo ha indotto anche i giornali più misurati a formulare espressioni sopra le righe. E così, l'uomo che una volta veniva indicato come il padre della riunificazione e dell'euro, ora merita epiteti come "Don Kohleone" o "padrino".

"Kohl aveva trasformato la Repubblica in una monarchia, in un sistema di dispotismo radicale"
Wolf Lepenies, rettore del Weissenschaftkolleg di Berlino

La stessa testardagine del vecchio leader a non voler rivelare i nomi dei finanziatori della Cdu, per non venire meno alla propria parola d'onore, non fa che esacerbare gli animi dell'opinione pubblica, dell'opposizione e dei suoi stessi compagni di partito. Che si spaccano nettamente sull'atteggiamento da tenere nei suoi confronti. Da un lato quanti, come l'attuale presidente Angela Merkel, vogliono accelerare lo sganciamento da una figura ormai ingombrante, dall'altro chi per lealtà, orgoglio o per il semplice timore di essere coinvolto s'impegna in una difesa a oltranza.

Spd: fra responsabilità e voglia di rivincita
Di fronte a questa situazione la Spd tiene una linea abbastanza cauta e rinuncia a cavalcare lo scandalo. Anche se Schroeder, da mesi in crisi di credibilità, non si lasci sfuggire l'occasione di assestare, di tanto in tanto, qualche colpo piuttosto duro. In una struttutra tendenzialmente bipartitica come quella della Repubblica federale, il collasso di un'ala dello schieramneto non va semplicemente a vantaggio della controparte: sullo sfondo c'è l'incubo weimeriano della disintegrazione del sistema politico, con gravi rischi per la tenuta della democrazia.

"Questa non è la crisi del Paese, né delle istituzioni, ma solo di un partito"
Gerhard Schroeder

D'altra parte i sondaggi rivelano come i tedeschi siano convinti che anche i socialdemocratici, se fossero rimasti al potere a lungo quanto la Cdu, si sarebbero lasciati andare alla corruzione. E a confermare queste opinioni ci sono i guai giudiziari che comunque pure la Spd deve fronteggiare.
Ma anche senza calcare troppo la mano, per la socialdemocrazia la bufera che sconvolge l'opposizione rappresenta una manna dal cielo. Dopo 6 sconfitte consecutive nelle competizioni elettorali locali e la progressiva perdita di popolarità del cancelliere, i sondaggi danno Gerhard Schroeder finalmente in rimonta. Tanto più dopo che la poratata dello scandalo si allarga fino a coinvolgere e spazzare via anche
Wolfgang Schauble. E insieme a lui l'illusione dei cristiano democratici di poter salvare il partito abbandonando Kohl al suo destino. In precedenza tutte le proiezioni elettorali davano proprio Schauble nettamente davanti al cancelliere in carica.

Ma gli argini non sono crollati
"Ho fatto il miracolo: ho evitato il tracollo". Così Volker Ruehe, capo della Cdu dello Schleswig-Holstein, commenta l'esito delle prime elezioni dopo lo scandalo, quelle disputate nel piccolo stato nordico, il 27 febbraio del 2000. Contro i pronostici quasi unanimi della vigilia, che davano per scontata una forte emoraggia di voti ai danni della Cdu, il partito ha retto, cedendo solo due punti: dal 37,2% di 4 anni fa passa al 35,2.
Va ricordato che prima dello scandalo i sondaggi davano la Cdu nettamente in testa sulla Spd. Gli scontenti si sono rifugiati nel partito liberale, l'Fdp, che passa dal 5,7 al 7,5. Ma il dato più rassicurante è stata la mancata affermazione di compagini xenofobe: una dimostrazione della maturità politica della società civile tedesca, ormai immune a tentazioni pericolose, anche in un momento di grande frustrazione e delusione verso le istituzioni, e dopo il "cattivo" esempio austriaco. Sconfitto pure l'astensionismo. La partecipazione elettorale è stata più alta del solito: 70,2%.
La Spd (al 43,2%, contro il 39,8 di 4 ani fa) e la sua candidata Heide Simonis sono le vincitrici delle consultazioni. E' la prima volta dall'autunno del 1998, da quando, cioè, è al governo del Paese.
Calano i Verdi: dall'8,1 al 6,2 e quasi raddoppia il partito della minoranza danese, la Ssw: dal 2,5 al 4,1.

Ascesa e caduta di un gigante

Ha guidato il suo Paese per 16 anni, ed è rimasto saldo al governo più a lungo di qualsiasi altro capo di Stato tedesco da quando la Germania ha sposato la democrazia. Per trovare qualcuno che lo superi bisogna tornare indietro fino a Otto von Bismark.
Ma a differenza del cancelliere di ferro, Helmut Kohl è riuscito a riunire i territori tedeschi senza dover ricorrere a una guerra e con la collaborazione degli altri Stati europei, anziché contro di essi.
Parte della sua straordinaria popolarità la deve allo stile da uomo della strada che ama bere e mangiare, ma che al momento opportuno sa sfoderare un'improvvisa determinazione. I suoi critici gli hanno spesso rimproverato una certa goffaggine, ma proprio quest'aria bonaria e non minacciosa, perfetta per rassicurare il cittadino medio, gioca un ruolo importante nel motivare la sua longevità, insieme alle indubbie capacità politiche.

"Grande e potente, ma grasso e facilone, difficilmente un simbolo minaccioso del nazionalismo tedesco"
Uddeutsche Zeitung

Kohl ha solo 9 anni quando scoppia la Seconda guerra mondiale ed è il primo leader della Germania postbellica a non aver avuto nulla a che fare con il Nazismo. Eppure si è dedicato con grande energia a sventare la possibilità che il demone uncinato potesse risvegliarsi.
L'ex-cancelliere (è stato sposato con l'interprete Hannelore Renner, con la quale ha due figli maschi) è nato il 3 aprile 1930 a Ludwegshfen, nel Palatinato renano, da un ufficiale della finanza e un'insegnante, in un ambiente da lui stesso definito cattolico ma aperto. Ha studiato storia, legge e scienze politiche all'università di Francoforte, guagnandosi un dottorato a Heidelbergnel nel 1958.
La sua carriera politica comincia presto, da quando nel 1947 entra nell'ala giovanile e conservatrice della Cdu, diventando sei anni dopo dirigente regionale e vicepresidente nel 1954. Dopo la sconfitta elettorale dei cristiano democratici, nel 1972, Kohl prende il posto di Reiner Barzel come leader nazionale del partito. Candidato e sconfitto nella corsa per il cancellierato nel 1976, conquista la presidenza dell'esecutivo tedesco nel 1982. Viene poi riconfermato nelle successive quattro elezioni dell'83, '87, '90 e '94.
Durante il suo "regno" Kohl guida il partito e lo Stato in maniera autoritaria e patriarcale, emarginando le opposizioni e i rivali interni.
Nel settembre del 1998 è sconfitto, con un margine inaspettatamente ampio, da Gerhard Schroeder, leader dei socialdemocratici. Nel corso dello stesso anno abbandona, dopo un quarto di secolo, anche la direzione del partito, conservandone la presidenza onoraria. Ma gli scandali lo costringono a rinunciare anche a questa, il 18 gennaio del 2000.

"Infelici i popoli che hanno bisogno di eroi e non li trovano, e ancora più infelici quelli che abbandonano i loro eroi in pasto agli avversari"
Rocco Buttiglione, segretario del Cdu, ha così commentato le dimissioni di Kohl.

Uomo politico appartenente a un'epoca ormai superata, ammetteva in privato di trovare noiose le questioni dell'economia domestica, tanto da temere di essere biasimato per non aver saputo risolvere i problemi del Paese. La sua predilezione è sempre andata agli affari esteri. E infatti lega il suo nome a tre passaggi epocali che sono tali non solo per la Germania ma per l'Europa stessa.
Il primo è il dispiegamento,
nel 1983, dei missili Nato Pershing e Cruise sul suolo tedesco. Una mossa che in seguito si rivela decisiva per la firma, nel 1987, del Trattato fra Usa e Urss che concorda il ritiro degli euromissili in dotazione ai due campi contrapposti.
Dopo la caduta del muro di Berlino Kohl ottiene il suo secondo e maggior successo sulla scena internazionale, quello che gli garantisce il massimo momento di trionfo e l'ingresso nella Storia: la riunificazione delle due Germanie.
Infine l'euro. L'ex-cancelliere era convinto che la Germania potesse ancora esercitare un ruolo di guida sull'Europa, senza allarmare i suoi vecchi nemici, solo nell'ambito di un sistema di stretta interdipendenza. E l'Unione monetaria rappresenta lo strumento politico adatto.
Sono meriti che non possono essere sminuiti dall'ondata di fango che sta coprendo il personaggio. Secondo Franz Josef Meiers, del Centro studi per l'integrazione europea dell'università di Bonn, "Kohl e Adenauer sono i due più importanti cancellieri del dopoguerra. Adenauer è riuscito a reintegrare la Germania Ovest nel mondo occidentale, Kohl ha ottenuto la riunificazione e l'euro. Entrambi erano i leader giusti al momento e al posto giusto".
Neanche Kohl, tuttavia, ha saputo sottrarsi alla massima secondo la quale il potere corrompe e il potere assoluto corrompe assolutamente.

Una ripida carriera politica

•1959 (a 29 anni): Deputato nel Parlamento regionale della Renania Palatinato
•1966 (a 36 anni): Presidente regionale della Cdu
•1969 (a 39 anni): Presidente del Consiglio regionale della Renania Palatinato
•1973 (a 43 anni): Presidente nazionale della Cdu
•1982 (a 52 anni): Cancelliere della Repubblica Federale, riconfermato nelle successive elezioni dell'83, '87, '90, '94
•1998 (a 68 anni): Battuto dalla 'Spd di Gerahrd Schroeder alle elezioni nazionali. Lascia la presidenza della Cdu
•1999: Ormai travolto dallo scandalo dei fondi neri si dimette anche dalla carica di presidente onorario del partito.

"Mai stato in vendita"

Ecco alcuni brani della dichiarazione al Bundestag con la quale, il 30 novembre '99, Kohl ammette di aver avallato i conti segreti, ma rigetta l'accusa di corruzione.
"Durante il mio mandato come presidente del partito ho ritenuto opportuno trattare alcuni problemi segretamente, come particolari finanziamenti a branche e organizzazioni del partito, indispensabili supporti economici all'opera politica da esse svolta. Tenere contabilità separate da quella normale del partito mi è sembrata la cosa più appropriata e ho dato piena fiducia, a tal fine, alla Weyrauch & Kapp Gmbh (una società finanziaria responsabile della gestione delle donazioni alla Cdu).
"Se la conseguenza di ciò è stata la mancanza di trasparenza e forse la violazione delle norme sul finanziamento ai partiti, mi dispiace. Non era mia intenzione, volevo solo servire il mio partito.
"Tenuto conto del dibattito pubblico in corso, è importante proteggere il mio partito dal subire danni. Dico ciò per rispetto del mio partito, dei suoi 640mila membri e della nuova dirigenza.
"E' quindi per me importante assumermi la responsabilità politica per gli errori commessi durante il mio mandato.
"Rigetto nel modo più forte l'accusa, in qualunque modo formulata, che le mie decisioni politiche potessero essere comperate.
"Chiunque mi conosca sa che l'unico impegno che abbia mai sentito, e ancora senta, è per il bene del nostro Paese".

Una colletta per salvare la faccia

Settecento milioni presi in prestito da una banca e garantiti da un'ipoteca sulla villa di Ludwigshafen. E poi le donazioni di magnati dei media e industriali: una colletta per pareggiare i conti con la Cdu. Almeno quelli economici.
Mobilitando le vecchie amicizie, Kohl si è riproposto di raccogliere 6,3 miliardi di lire, il triplo dei 2,1 miliardi che ha ammesso di aver intascato in nero tra il '93 e il '98. Per poi versare l'intera somma alla Cdu, così da ripagare l'esatto ammontare della parte della
multa comminata al partito per sue dirette responsabilità.

"Ho ammesso i miei errori, ora voglio dare una mano a riparare i danni finanziari"
Helmut Kohl

In tanti hanno risposto all'appello dell'ex-cancelliere. Dal magnate bavarese Leo Kirch (ha donato quasi un miliardo), al presidente del consiglio d'amministrazione della Netslé Helmut Maucher (500 milioni) sono trenta le persone che hanno contribuito a raccogliere 5,9 miliardi.
Erich Schumann, capo della "Westduetsche allgemaine zeitung", quarto gruppo editoriale tedesco, ha offerto 700 milioni, 650 il presidente della Tschibo, mezzo miliardo il fabbricante di orologi Karl Scheufle. Trecento milioni il direttore generale della McCann-Erickson, Will Schalk.
Ma l'iniziativa è stata criticata da Spd e Verdi: "Il suo sistema funziona ancora" ha commentato il capogruppo dei "Grunen" Rezzo Schlauch.
Gelida la reazione di Scahuble: "Alla perdita di fiducia, conseguenza della violazione della legge e dei principi di trasparenza e democrazia interna del partito, non si può rimediare con la semplice restituzione delle somme, ma solo col chiarimento".

Schaueble: la sconfitta di Sisifo

Per quasi dieci anni è stato lui a reggere la Germania, mentre Kohl era impegnato a consegnare il proprio nome alla Storia. Le dimissioni di Wolfgnag Schaueble (57 anni) da presidente della Cdu e da capogruppo parlamentare mettono fine, il 16 febbraio del 2000, a una delle carriere politiche più brillanti della recente storia tedesca.
A travolgerlo, più delle pressioni dei cristiano democratici,dopo la
multa comminata alla Cdu il giorno prima, è stata l’amicizia che l'ha legato a Helmut Kohl.

"Senza un nuovo inizio, con gente nuova, la Cdu non riuscirà mai a liberarsi dalla morsa dello scandalo"
Wolfgang Schaeuble

Eletto al Bundestag nelle fila della Cdu (1973) ad appena 30 anni, il giovane commercialista di Friburgo fa presto a imporsi all’attenzione dell’ex-cancelliere. Caustico e tagliente nell’oratoria, nel 1981 diventa speech writer di Kohl, che lo vuole come segretario organizzativo del gruppo parlamentare cristiano democratico.
Nel 1984, da ministro della Cancelleria, gioca un ruolo essenziale nel salvare il primo gabinetto Kohl dallo
scandalo Flick, ottenendo l’amnistia che risparmia la classe politica di allora.
Ministro degli Interni quando il muro di Berlino crolla, è proprio Schaeuble a mettere a punto ogni dettaglio del negoziato con la Ddr che consente al suo mentore di portare a casa la riunificazione della Germania.
E’ il 1990 e il "delfino" sembra inarrestabile. Il 3 ottobre dello stesso anno, al termine di un comizio elettorale, Dieter Kaufmann, uno squilibrato convinto di essere perseguitato dal governo, gli spara contro due colpi di pistola. Per giorni sospeso fra la vita e la morte, con Kohl a piangere sul suo letto d’ospedale, Schaeuble ne esce relegato su una sedia a rotelle e la mascella ricostruita. Ha sempre amato paragonarsi a Sisifo, condannato in eterno spingere il masso verso la cima, solo per ritrovarselo ai piedi della montagna e anche quella volta si mette a spingere la sua pietra: quarantasette giorni dopo l’attentato il ministro degli Interni è di nuovo al lavoro.
L’anno successivo, indicandolo come suo "delfino", Kohl gli affida la presidenza dei cristiano democratici al Bundestag.
Cresciuto sotto l’astro protettore del vecchio patriarca, non riesce, però, a uscire dalla sua ombra. Per succedere a Kohl, intestarditosi nella sua sesta ricandidatura (quando ormai l’elettorato è stanco di lui), alla guida del partito Schaueble deve aspettare che il leader cada sul campo, sconfitto dall’Spd di Gerahrd Schroeder il 27 settembre 1998. Quello stesso anno il delfino diventa presidente della Cdu. I successi elettorali del ’99 sembrano proiettarlo alla Cancelleria, ma ancora una volta il masso rotola in vista della cima, con la forza della valanga scatenata dai fondi neri della Cdu. La situazione richiederebbe una ben più netta presa di distanza da Kohl, un parricidio che lui, il delfino, non sa compiere fino in fondo. Tanto più che la discutibile gestione delle finanze del partito lo vede coinvolto in prima persona.
Alle dimissioni Schaueble aveva già pensato più volte, indotto, però, a non mollare proprio dai suoi colleghi di partito e dalla consapevolezza che senza di lui la Cdu sarebbe rimasta priva una guida autorevole. Ma il 16 febbraio anche questo sostegno gli viene tolto. E così, con un comunicato di sei minuti letto al Bundestag, Schaueble chiude, dopo sedici mesi, l'esperienza di presidente della democrazia cristiana tedesca. Sisifo si è arreso.

"Il ritiro di Schaueble è stato un passo necessario, ma ha qualcosa di tragico"
Gerahrd Schroeder

Cento milioni di disonore e troppe reticenze per resistere

L’inarrestabile declino di Schaeuble inizia nel dicembre del '99, quando l’ex-presidente della Cdu è costretto ad ammettere di aver ricevuto, nel settembre del ’94, cento milioni di lire dal mercante d’armi Karl-Heinz Schreiber. Più volte Schauble aveva negato di essere coinvolto nello scandalo, salvo poi fare pubblica ammenda, compromettendo in modo insanabile la propria credibilità.
Le attività investigative portano alla luce diversi incontri fra il "delfino" e il faccendiere. E dal carcere americano, dov’è rinchiuso con l’accusa di spaccio internazionale di stupefacenti, si fa vivo, agli inizi di gennaio, il finanziere svizzero Giorgio Pelossi, ex-socio d’affari di Schreiber negli anni ’80. Secondo Pelossi questi avrebbe assicurato alla Cdu finanziamenti illeciti per 5 miliardi di lire.
La posizione di Schaueble si fa sempre meno sostenibile e il partito si spacca sotto le pressioni dei deputati bavaresi che ne chiedono la testa. Il 16 febbraio l’avranno vinta.

"Se ora mi dimetto, lo faccio con la consapevolezza di rendere un grande servizio al mio partito"
Wolfagang Schaueble

Ecco i cinque uomini dello scandalo

La Cdu e la democrazia tedesca sono state scosse dalle azioni, dalle rivelazioni e dalle ommissioni di cinque uomini implicati nello scandalo che ha travolto Helmut Kohl.

Il faccendiere. Karl Heinz Schreiber, 65 anni, è uno degli uomini chiave. E' al centro dei finanziamenti ricevuti dalla Cdu in cambio dell'autorizzazione della vendita di armi all’estero. Secondo i magistrati, nel ’91, sborsò un miliardo di tangente per una fornitura di blindati all’Arabia Saudita, come lo stesso Kohl ha ammesso il 16 dicembre '99. E’ fuggito in Canada, dove si trova in libertà provvisoria. Contro di lui è in corso un procedimento di estradizione: è accusato di aver frodato il fisco tedesco per venticinque miliardi. E’ ricercato anche dai magistrati francesi e svizzeri.

Il tesoriere. Walter Leisler Kiep (73 anni) ha gestito dal '71 al ’92 la cassa della Cdu, fondi neri compresi. Dal 4 novembre pende su di lui un ordine di cattura spiccato dalla procura di Augusta (Baviera) per evasione fiscale. Avrebbe ricevuto da Schreiber per un miliardo, destinato a foraggiare gli sforzi elettorali della Cdu. E’ libero su cauzione dopo aver ammesso di aver intascato i soldi nel ’91 insieme a Weyrauch e di averli girati su un fondo fiduciario del partito. Fino all'estate del '99 il cancelliere Gerhard Schroeder gli ha affidato diversi incarichi diplomatici (in Turchia, Svezia e Usa).

Il commercialista. Horst Weyrauch (67 anni), amico di Kohl dai tempi di scuola, fino al dicembre '99 è stato il commercialista della Cdu. Il 26 agosto del 1991 ha organizzato in Svizzera l’incontro fra Schreiber e Kiep. Weyrauch è tornato in Germania con un miliardo in una valigetta. Kiep ha raccontato che era Weyrauch a smistare i soldi sui conti segreti.

Il ministro. Manfred Kanther è stato, fino al 1999, presidente onorario dei cristiano democratici dell’Assia. Ha fatto parte della squadra di governo di Kohl a partire dal 1993, con la carica di ministro degli Interni. Ha ammesso di aver trasferito quasi 32 miliardi di lire in fondi neri nel Liechtenstein.

Il nobile. Casimir von Wittgenstein è il rampollo di un'antica famiglia nobiliare. Dal 1976 al 1998 ha curato il patrimonio del partito cristiano democratico dell’Assia. Ha trasformato sette miliardi di lire investiti in Liechtenstein in 32 miliardi: "Sono soldi - si è giustificato - che ci sono stati donati da ebrei morti".

Caso Leuna: l’eurotangente

Uno dei filoni più delicati dello scandalo coinvolge anche l'ex-presidente della Repubblica francese Fraçois Mitternad.
Verso la fine di gennaio la televisione pubblica tedesca Ard e la francese France 2 indicano il defunto capo di Stato come finanziatore occulto di Kohl attraverso l’operazione Elf Aquitaine – Leuna.
Nel 1992 il colosso transalpino parastatale acquista la fatiscente raffineria tedesco orientale Leuna, nella Sassonia-Anhalt (all’epoca governata dalla Cdu), assieme alla catena di distributori Minol. Un’operazione per la quale l’Elf avrebbe pagato una maxi-tangente da 85 miliardi di lire, 30 dei quali, su ordine dello stesso Mitterand, sostengono le due emittenti, sarebbero serviti a finanziare la difficile campagna elettorale della Cdu.
Sull'acquisizione la Commissione europea aveva già avviato un procedimento nel’97, dietro il sospetto di aiuti pubblici troppo elevati nella costruzione del nuovo impianto. I costi ammontavano a 4.800 miliardi, le sovvenzioni sborsate dallo Stato e dal Land sarebbero state pari a 380 miliardi. Lo stesso successore dell'ex-presidente della Elf Loik Le Floch-Prigent, Philippe Jaffré, aveva denunciato diversi casi di illeciti finanziari, sostenendo che, attraverso il faccendiere svizzero Andre Guelfi sarebbero fluiti circa 89 miliardi di lire. Ipotesi confermata dall'ottantenne finanziere: con la vendita della Leuna sarebbero finiti, tramite la sua società in Liechtenstein, la "Noblepac", 85 miliardi destinati ai partiti tedeschi. Contro Guelfi la procura di Ginevra indaga per truffa e riciclaggio di denaro. Tramite lui sarebbero arrivati soldi anche a Dieter Holzer, uomo d’affari della Saar con stretti contatti con ex-dirigenti della Cdu.
A intricare la matassa c'è, poi, la sparizione degli incartamenti relativi all’affare Leuna dagli archivi della Cancelleria e del governo regionale della Sassonia-Anhalt. Per ricostruire l’accaduto Gerhard Schroeder ha nominato un investigatore indipendente

Finanziamento illecito o manovra politica?
Sia il presidente socialista francese che il cancelliere cristiano democratico erano convinti che l’alternativa all’Unione europea sarebbe stato il ritorno della guerra nel Vecchio continente. Da questo comune sentire nasceva una strana alleanza fra due potenti spregiudicati a spese dei socialdemocratici tedeschi, compagni di Mitterand nell’Internazionale socialista ma sospetti di scarso entusiasmo per l’euro. Il Presidente socialista sarebbe stato confortato nella sua decisone di finanziare la rielezione di Kohl dai servizi segreti e dai comandi militari, tutti convinti che nessun altro all’infuori di Kohl avrebbe avuto la forza di convincere i tedeschi ad abbandonare il marco per la moneta unica.
Il coinvolgimento dei massimi livelli politici francesi potrebbe, poi, spiegare l’assoluto silenzio col quale Kohl si ostina a nascondere l’identità dei suoi finanziatori, a prezzo di aggravare la posizione sua e della Cdu. Secondo il reportage della tv pubblica tedesca Ard l’intera faccenda sarebbe venuta alla luce solo perché un alto funzionario francese avrebbe deciso di parlare, in cambio dell’anonimato. A più riprese, secondo l’emittente, esponenti dei due Paesi si sarebbero incontrati in un albergo di Ginevra (Le Richmond) per definire i dettagli della transazione.
Lo stesso ex-presidente del gruppo Elf ha ammesso di essere stato spinto nell’affare Leuna da Kohl e Mitterand: "La Francia voleva essere presente nel processo di riunificazione tedesca; la Germania voleva poter rivendicare questa presenza". Un’operazione politica, dunque, che doveva servire a rassicurare i partner europei sulla natura non ostile con la quale la Germania unita tornava a occupare il centro del Vecchio continente.
La vicenda è tale da lasciare più di un’ombra sulla nascita dell’euro. "Ora – ha affermato il deputato verde Daniel Cohn-Bendit – sembra che il progetto europeo non fosse abbastanza forte per affermarsi".

In Francia un’inchiesta tentacolare
Fino alla privatizzazione, avvenuta fra il ‘94 e il ’96, l’Elf (che è stata acquisita dalla Total Fina lo scorso settembre) era un’azienda pubblica molto speciale. Il suo compito non era solo quello di garantire alla Francia disponibilità di petrolio, ma soprattutto influenza politica.
Il conglomerato divenne una centrale di tangenti al servizio della Quinta repubblica, e stando all’inchiesta dei magistrati parigini Eva Joly e Laurence Vichnevsky (che ha portato in carcere l’ex-presidente del gruppo Loik LeFloch), foraggiava uomini politici di destra e di sinistra. La gestione di LeFloch, nominato dai socialisti, è stata catatsrofica: gli investimenti sbagliati hanno causato perdite per 6.300 miliardi, mentre le ruberie e le tangenti sarebbero costate fra i 450 e i 1.200 miliardi.
Fra gli indiziati compaiono nomi eccellenti come quelli di Roland Dumas e Dominique Strauss-Kahn.
Il primo, settantasettenne ex-ministro degli Esteri dell’epoca Mitterand e presidente autosospesosi dal Consiglio costituzionale, è accusato di aver favorito l’assunzione dell’amante alla Elf nel 1989, di aver intascato parte dei 20 miliardi versati alla donna dal gruppo, e di aver ricevuto tangenti per autorizzare una vendita di navi da guerra a Taiwan nel 1991.
Il coinvolgimento nelle malversazioni della Elf arriva come una tegola sul capo per Strauss-Kahn, già costretto alle dimissioni da ministro delle Finanze del governo Jospin nel novembre del '99 per l’inchiesta giudiziaria sulla Mnef, la mutua studentesca vicina al Ps. Secondo l’avviso di garanzia inviatogli dalla magistratura l’ex-"super ministro" (com’era stato ribattezzato dalla stampa transalpina) sarebbe intervenuto personalmente per far versare alla sua segretaria un salario fittizio di 56 milioni di lire.

Assia: la cassaforte della Cdu

Potrebbe essere in Assia la cassaforte della Cdu. Dalle casse regionali del partito sono "spariti", nei primi anni ’80, quasi 20 miliardi, parcheggiati a Zurigo e nel Liechtenstein. Ma la verità arriva a rate, con i vertici del partito impegnati a coprirla e costretti a imbarazzanti confessioni pubbliche, tali da mettere in discussione la validità delle elezioni vinte, pochi mesi prima, dalla Cdu e l'Fdp.
La prima versione della storia viene data il 14 gennaio dall’ex-ministro della Giustizia (in carica fino al ’98)
Manfred Kanther, a lungo leader della Cdu dell’Assia, che ammette l’esistenza all’estero di conti in nero facenti capo al partito. Tre giorni dopo rassegna le dimissioni da parlamentare.
Ma in questa ricostruzione si parla di soli quasi 8 miliardi, essenzialmente provenienti dalla maxi-tangente pagata ai maggiori partiti tedeschi dal gruppo
Flick negli ’80. Secondo quanto precisato in un primo momento dal capo del governo regionale, l’attuale numero uno della Cdu dell’Assia, Roland Koch, quei soldi sarebbero stati depositati in Svizzera e nel Liechtenstein. In venti anni la somma sarebbe, poi, lievitata fino a raggiungere un ammontare di 30 miliardi.
In una successiva ammissione pubblica (non sarà l’ultima) Koch riferisce che si sono perse le tracce di 4 di quei miliardi. Dal conto aperto in Svizzera nel 1983, infatti, sarebbero stati prelevati, fra il ’93 e il ’97, sette miliardi e ottocento milioni. Ma alla Cdu ne sono arrivati meno della metà.
Non finisce qui. Il 27 gennaio la somma imboscata raddoppia, come pure la cifra sparita.
E' ancora Koch, sempre più aspramente criticato dalla Spd, che chiede la ripetizione delle elezioni regionali giudicate falsate dalle malversazioni dei cristiano democratici, ad aggiornare la ricostruzione dei fatti. In quel fatidico 1983 dal conto della Cdu locale presso la Metallbank di Francoforte sarebbero stati ritirati non 8 ma 19,2 miliardi.
Solo uno e mezzo è entrato nelle casse del partito, debitamente registrato, gli altri hanno preso il largo su conti gestiti dal commercialista
Horst Weyrauch.
Lo stesso Koch ha poi ammesso di aver utilizzato, per la campagna elettorale che gli ha consegnato la guida dell’Assia, un miliardo e mezzo di provenienza illegale, dopo aver in precedenza più volte assicurato di essere rimasto estraneo alla disinvolta gestione finanziaria del suo partito. Una bugia che gli mette contro perfino i vertici nazionali del Partito liberale, col quale governa in Assia. Solo l’ostinazione del leader locale dell’Fdp, Ruth Wagner, salva la coalizione. Ma sembra ormai chiaro che nei fondi neri dell’Assia potrebbero essere confluite donazioni che risalgono agli anni sessanta, quando un complesso
sistema di fondazioni procurava mezzi economici alla Cdu.

Una pista che arriva in Paraguay

I fondi neri dell’Assia porterebbero fino in Paraguay. Secondo quanto riferito a fine gennaio dal settimanale "Der Spiegel", l’ex-tesoriere della Cdu in Assia, il principe Casimir von Wittgenstein, e Horst Weyrauch avrebbero sfruttato propri contatti in Paraguay per montare una storia di presunti lasciti in denaro per giustificare le somme all’estero. Un uomo d’affari d’origine tedesca, residente nel Paese latino-americano, avrebbe procurato a Weyrauch più di 200 falsi certificati di morte, perlopiù di emigrati tedeschi, incassando quasi 10 milioni a documento. Allo scopo di istituire i conti fittizi delle false persone decedute, sui quali sarebbero stati smistati i soldi del partito, l’imprenditore avrebbe messo in piedi, d’intesa con Weyrauch, una banca, "La Sabina Bank", nell’isola caraibica di Anguilla.

L'ora dei conti con Vaduz: diplomazie in crisi

Lo scandalo dei finanziamenti illeciti alla Cdu ha riportato a galla un vecchio attrito fra il Governo di Berlino e il principato del Liechtenstein, da sempre considerato uno dei principali approdi dei capitali in fuga dalla Germania e da mezza Europa.
Proprio nel pieno del dibattito sui fondi neri dei cristiano democratici il servizio segreto tedesco, il Bnd, trasmette al Governo un rapporto che descrive Vaduz come un'oasi pronta ad accogliere a braccia aperte il denaro della mafia e dei narcotrafficanti di tutto il mondo, con la complicità, o quantomeno l'accondiscendenza, di politici d'alto livello come l'ex-capo dell'esecutivo Hans Brunhart.
Proprio per i forzieri del principato incastrato fra l'Austria e la Svizzera sarebbero passati diversi milioni di marchi destinati a finanziare la Cdu, dopo essere transitati, e lievitati, in società di comodo. Compreso il denaro proveniente dal gruppo petrolchimico francese
Elf Aquitaine e quello dall'Assia. E tra gli avvocati di Vaduz messi sotto accusa ci sarebbe anche un amico personale di Helmut Kohl, Herbert Batliner.
Non appena il settimanale tedesco Der Spiegel, alla fine del '99 (e quindi poche settimane dopo la clamorosa
ammissione di Kohl), dà notizia dell'esistenza del rapporto dei servizi segreti, nel piccolo principato scoppia un putiferio. Il più deciso è Hans Adam II, un monarca capo di Stato con poteri molto estesi, che minaccia di far esplodere un incidente diplomatico. Per chiarire la questione i due governi concordano un vertice, il 25 gennaio, fra il ministro della Giustizia di Vaduz Heinz Frommelt e la sua collega tedesca Herta Daeuble-Gmelin. Ma Berlino non cede di un millimetro, confermando il contenuto del rapporto. Risultato: rottura completa.
Non c'era, in realtà, bisogno di questi ultimi scandali per dimostrare che il Liechtenstein è una spina nel fianco per il fisco tedesco. Ogni anno magliaia di ricchi cittadini della Repubblica federale riescono a non pagare le tasse dirottando i propri redditi nelle casse del principato. Un fenomeno che, recentemente, si è intensificato. In Svizzera, infatti, le ultime riforme legislative hanno fatto breccia nel segreto bancario, e quello che veniva da sempre considerato il rifugio degli evasori fiscali, adesso viene percepito come un Paese a rischio. Meglio, allora, puntare sul Liechtenstein dove gli istituti di credito appaiono ancora impermeabili a qualunque indagine finanziaria.

Eroi per caso. Ecco i magistrati che indagano

"La coscienza pulita della Baviera", così i media locali hanno ribattezzato Reinhard Nemetz, il magistrato che ha sconvolto la Repubblica federale. Un omone alto e robusto di 48 anni, è stato nominato procuratore generale di Augusta nello scorso ottobre.
La mattina del 4 novembre '99 sulla base di un dossier di oltre 4.000 cartelle ereditato dal suo predecessore (morto in un incidente stradale) Jorg Hillinger, spicca un ordine di cattura contro l’ex tesoriere della Cdu
Walter Leisler Kiep, facendo scoppiare la bomba che mette in crisi la Cdu. L’inchiesta della procura parte dalle indagini svolte nei confronti di un imprenditore sospettato di evasione fiscale, Karl Heinz Schreiber.
In un’intervista rilasciata all’Espresso (3 febbraio 2000) Nemetz si definisce un semplice funzionario al servizio dello Stato, "come ce ne sono tanti in Germania".

"Una cosa è l’indagine di un magistrato, tutta un’altra, e assolutamente irrilevante, il prestigio sociale o persino storico dell’inquisito"
Reinhard Nemetez

Da Augusta l’iniziativa giudiziaria passa a Bonn, dove il capo dipartimento della procura Bernd Koenig dirige, dal dicembre del '99, le indagini su Helmut Kohl. L’accusa è malversazione, perseguibile con una multa o con la carcerazione fino a 5 anni. Un’eventualità, quest’ultima, definita remota dallo steso Koenig. Kohl gode, come deputato, dell’immunità parlamentare e richiederne la sospensione non sarebbe cosa facile.

La commissione d'inchiesta

La richiesta di istituire una Commissione d'inchiesta per svolgere indagini ad ampio raggio parte dalla Spd, il partito dell'attuale cancelliere Gerahrd Schroeder, e dagli alleati di governo i Verdi, per sapere se in che modo le decisioni prese da Kohl siano state influenzate dalle donazioni ricevute.
Ipotesi, questa, negata con sdegno dal leader cristiano democratico, che assicura come i fondi gestiti in nero dal partito siano serviti solo a finanziare le campagne elettorali. L'iniziativa promossa dalla Spd è stata sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari, compresa la Cdu, tanto che la Commissione è stata varata con voto unanime.

Composizione. La Commissione si è insediata il 2 dicembre del 1999. La prima seduta di lavoro si è tenuta il 20 gennaio del 2000 a Berlino. Ne fanno parte 15 deputati: 7 della Spd, compreso il presidente Volker Neumann, 5 dell'Unione Cdu-Csu e uno ciascuno per Verdi, liberali Fdp e ex comunisti della Pds.

Indagini e testimoni. Le indagini della Commissione sono paragonabili a quelle messe in atto parallelamente dalla procura di Bonn, con la differenza che l'organo parlamentare non ha il potere di giungere a eventuali rinvii a giudizio, ma solo quello di appurare possibili irregolarità e responsabilità di ordine politico e procedurale. Fra i primi a essere interrogati: l'ex cancelliere Kohl, l'ex-presidente del partito Wolfgang Schaeuble, l'ex-segretario Angela Merkel, ora presidente della Cdu, l'ex-ministro delle finanze Theo Waigel e il faccendiere Karl-Heinz Schreiber.

Verdetto. In seno alla Commissione sono emerse divergenze fra i deputati Spd e Verdi, che vorrebbero estendere le indagini anche alle irregolarità finanziarie commesse dal partito cristiano democratico in Assia, e i rappresentanti della Cdu e Csu, che sono contrari. Al termine delle indagini la Commissione presenterà un rapporto al Bundestag.

La successione: nuovi volti e vecchi dissidenti

Parola d'ordine: avere poco o niente a che fare con Kohl. Spazzati via il padre-padrone della Cdu e il suo delfino Schaeuble, requisito indispensabile per assumere la guida del partito sembra essere la capacità di vantare meno legami possibile con i responsabili del disastro che ha sconvolto i cristiano democratici.
Ecco allora che il segretario generale Angela Merkel prende il posto di Schaeuble alla guida del partito, acclamata come nuovo presidente dal Congresso nazionale di aprile. Per lei vota il 95,9% dei 1.001 delegati, e la nomina viene acclamata da un'ovazione di sei minuti.
Ma sulla scena si muovono, in vista delle prossime elezioni per il cancellierato, anche giovani rampanti e qualche vecchio dissidente.

La bambina. Così la chiamava Kohl. Designata il 20 marzo del 2000 dalla dirigenza del partito alla guida della Cdu, Angela Merkel, figlia di un pastore protestante, ha 45 anni, è laureata in fisica ed è al suo secondo matrimonio. L'11 aprile arriva la consacrazione del Congresso cristiano democratico.
E' la prima donna e la prima Ossi (come vengono chiamati i tedeschi dell'ex-Ddr) a guidare una grande partito della Repubblica federale. Un doppio primato. Alle spalle ha un passato eroico, di perseguitata dalla Stasi, più di quanto lo furono Havel a Praga o Michnik a Varsavia.

Il partito è nella condizione di chi, nella pubertà, deve lasciare la casa di mamma e papà"
Angela Merkel

Merkel è un'invenzione politica dell'ex-cancelliere: Kohl la notò durante i negoziati per la riunificazione quand'era portavoce dell'ultimo governo della Ddr e la volle subito deputata e poi ministro. Nel '91 era già alla guida del dicastero per le Donne e la Gioventù e nel '94 assume l'incarico di ministro per l'Ecologia, per diventare segretaria generale nel '98. Cerca subito un profilo autonomo, finendo per scontrarsi con Kohl: i due non si rivolgono la parola da oltre un anno.
Soprannominata "la santa Giovanna della Cdu" dall'opposto schieramento, sin dall'inizio dello scandalo si distingue come la portabandiera del chiarimento a ogni costo, conquistando, così, la base del partito. Non a caso la sua candidatura è stata spinta soprattutto dai militanti.
Pur non avendo molto carisma è simpatica, corretta, preparata e decisa. E' abbastanza giovane per simboleggiare il cambio generazionale da più parti invocato, e soprattutto, non sembra implicata nello scandalo.
Sconta, però, alcune debolezze che potrebbero esserle fatali nella lotta per la ridefinizione della mappa del potere ancora in atto nella Cdu, e in un eventuale scontro elettorale con Schroeder: è donna in un partito ancora maschilista; è tedesco orientale e protestante, e questo non piace alle masse cattoliche occidentali; ha voltato le spalle a Kohl, il suo scopritore, indispettendo gli iscritti che ancora hanno simpatia per il cancelliere della riunificazione.

Il giovane capogruppo. Già vice presidente dei deputati della Cdu, Friedrick Merz, 44 anni, avvocato della Vestfalia, è l'uomo che ha sostituito Schaeuble alla guida del gruppo parlamentare cristiano-democratico. E' stato eletto il 28 febbraio del 2000, con una votazione quasi plebiscitaria (217 voti a favore e 7 contrari su 226). Rappresenta uno dei rari casi di magistrati tedeschi passati alla politica: sia pure per un solo anno, infatti, è stato giudice al tribunale di Saarbruecken, nel 1985.
Eletto nel 1989 al Parlamento europeo, era il deputato più giovane della legislatura. Merz è approdato al
Bundestag nel 1994 e si è rapidamente affermato come esperto di politica fiscale e abile polemista nei dibattiti in aula. E' portavoce della Cdu per i temi economici. Sposato con 2 figli, alto quasi 2 metri, è un buon tennista e un virtuoso del clarinetto.

Il principe. Cinquasettenne avvocato, Edmund Stoiber, guida della Csu, ha fatto della Baviera, la regione più meridionale della Repubblica federale, una specie di avveniristica, fortunata e ricca enclave, al riparo da crisi politiche, economiche e sociali. Quasi un principato, geloso delle sue prerogative di "libero stato", come recita la costituzione tedesca.

"La Baviera è la mia patria, la Germania la mia nazione, l'Europa il nostro avvenire"
Edmund Stoiber

Alla guida del land dal 1993, Stoiber l'ha rivoluzionato, costringendolo ad abdicare alla tradizione agricola e medio-industriale per aprirsi alle nuove tecnologie. Il miracolo è riuscito. Oggi l'industria dell'Information technology fornisce il 40% del pil regionale, contro l'un per cento dell'agricoltura.

Il "vecchio" rivale. Christian Wulff; quarantenne, avvocato, buon comunicatore televisivo, è capogruppo del partito al Bundestag e uno degli uomini di forza dei Jungen Wilden, i "giovani agitati", un gruppo di emergenti, composto da circa 40 leaders locali. Wulff, un oppositore della prima ora di Kohl, aveva cercato di bloccarne la ricandidatura alle elezioni nazionali del 1998.

"La Cdu non può accettare che qualcuno, chiunque sia, si ponga al di fuori del sistema legale"
Christain Wulff

Wulff, tuttavia, sconta un grave handicap: è a capo della Cdu della Bassa Sassonia, il land di Schroeder e nelle ultime due tornate elettorali è stato battuto dall'attuale cancelliere.

L'ex-giudice. Un altro emergente membro degli Jungen Wilden è Peter Muller, 44 anni, ex-giudice. A differenza di Wulff vanta una tradizione vittoriosa contro i socialdemocratici, avendo guidato la Cdu alla conquista della Saar, il suo land, nelle elezioni dello scorso settembre. Ma sulla credibilità di Muller pesa qualche dubbio, visto che si è aggiunto al coro dei critici di Kohl solo in un secondo momento.

Koenig Kurt. Lo chiamano così a Dresda, "Re Kurt". E' il re della Sassonia, il land della Germania orientale che governa ormai da 10 anni. Kurt Biedenkopf, un sessantanovenne dai capelli bianchi, è un ex professore di Economia. La credibilità della sua opposizione a Kohl è fuori discussione. Il metodo autocratico adottato dall'ex-cancelliere per dominare la Cdu è stato da sempre bersaglio delle sue aspre polemiche. Per questo motivo la sua posizione all'interno del partito è stata emarginata finché Kohl è rimasto in sella. Tanto che il vecchio leader della Cdu lo cacciò dalla segreteria nel 1979. Ora però la debolezza si è trasformata in punto di forza agli occhi della base elettorale. Il suo limite principale è l'età.

"La Cdu ha dinanzi a sé il compito di ridefinire la propria identità dopo l'era Kohl"
Kurt Biedenkopf

Giorno per giorno

1995 - I pubblici ministeri di Augusta, nel Sud della Germania, avviano un'inchiesta su una donazione fatta ai cristiano democratici di Kohl dal venditore d'armi Karl-Heinz Schreiber nel 1991.
28 ottobre 1999 - I Socialdemocratici lanciano una loro propria inchiesta sulle voci che vorrebbero le donazioni legate alla vendita di componenti di carri armati all'Arabia Saudita un anno dopo e indagano anche sul sospetto che la vendita della raffineria di petrolio della Germania dell'est 'Leuna' alla francese 'Elf', all'inizio degli anni '90, sia stata accompagnata da tangenti ai politici tedeschi.
4 novembre- Il pubblico ministero di Augusta emette un ordine di arresto per l'ex tesoriere della Cdu Walther Leisler Kiep con l'accusa di evasione fiscale: avrebbe ricevuto da Schreiber e tenuto per sé donazioni di un milione di marchi (un miliardo di lire) per la campagna elettorale.
5 novembre - Kiep si costituisce. Nega le accuse e si giustifica dicendo che ha depositato il denaro in un conto fiduciario a beneficio della Cdu. Viene rilasciato su cauzione.
8 novembre - Kohl afferma di non spere nulla sulle donazioni per la campagna elettorale del 1991. "Non so niente di questa faccenda, né ne sa qualcosa la leadership politica del partito".
9 novembre - Tra George Bush e Mikhail Gorbaciov, Kohl celebra il decimo anniversario della caduta del muro di Berlino e viene festeggiato come un eroe.
17 novembre - Il pm di Augusta interroga Kiep.
22 novembre - Kohl nega di aver ricevuto tangenti per dare l'assenso all'esportazione dei carri armati in Sud Arabia.
24 novembre - Kohl fa un drammatico appello in parlamento perché venga fatta chiarezza sul suo conto prima di Natale.
26 novembre -L'ex responsabile delle campagne elettorali della Cdu, Heiner Geissler, ammette che ci sono stati conti segreti del partito per finanziare i le federazioni locali.
30 novembre - Per la prima volta, Kohl ammette di aver utilizzato un sistema di conti segreti per ricevere contributi per la campagna elettorale, ma nega di aver ricevuto tangenti.
2 dicembre - Il parlamento tedesco vota all'unanimità per l'apertura di un'inchiesta ad ampio raggio sullo scandalo dei fondi neri per le campagne elettorali, in particolare con riguardo alla possibilità che i contributi abbiano influenzato decisioni governative e privatizzazioni.
6 dicembre - Il vertice dei cristiano democratici sottopone Kohl a sei ore di interrogatorio, ma ottiene poche risposte.
13 dicembre - Kohl diserta per la prima volta in trent'anni un congresso della Cdu.
16 dicembre - Nella sua prima dettagliata intervista sullo scandalo Kohl ammette di aver fatto degli errori, ma afferma di non essere mai stati corrotto. Spiega inoltre che i fondi segreti servivano per aiutare il partito nell'ex Germania dell'Est, ma rifiuta di fare i nomi dei finanziatori occulti.
20 dicembre - Il ministro della Giustizia Herta Daeubler-Gmelin accusa Kohl di aver deliberatamente infranto la legge per anni, quando era la potere.
23 dicembre - Kohl rifiuta di rivelare anche al suo partito i nomi dei finanziatori occulti.
29 dicembre - Il pubblico ministero di Bonn annuncia l'apertura di un'inchiesta a carico di Kohl.
2 gennaio 2000 - Lo scandalo dei fondi neri coinvolge anche Wolfgang Schaeuble.
3 gennaio - Il tribunale di Bonn apre ufficialmente l'inchiesta. L'accusa è malversazione e si riferisce ai finanziamenti illeciti della Cdu.
4 gennaio - La direzione del partito rinnova la sua fiducia a Schaeuble che non si dimette e invita Kohl a lasciare la presidenza onoraria.
10 gennaio - Schaeuble ammette di aver ricevuto 100 milioni di lire da Karl-Heinz Schreiber.
14 gennaio - La Cdu dell'Assia ammette di avere quasi dieci miliardi di fondi neri depositati all'estero.
Schaeuble nomina un comitato di tre saggi per dare un nuovo codice etico alla Cdu.
La commissione parlamentare che indaga sullo scandalo convoca i primi 26 testimoni.
17 gennaio - Manfred Kanter, ex-ministro della Giustizia e a lungo numero uno della Cdu dell'Assia, si dimette dal Bundestag.
18 gennaio - Kohl si dimette da presidente onorario della Cdu.
Un sondaggio dà la Cdu al 29% e la Spd al 44.
20 gennaio - Si suicida Wolfgang Huellen, direttore dell'ufficio gestione finanze del gruppo Csu-Cdu al Bundestag.
Schaeuble si scusa al Bundastag per i 100 milioni di lire presi da Schreiber.
21 gennaio - Roland Koch, presidente dell'Assia, annuncia che non si trovano le tracce di 4 dei dieci
miliardi depositati all'estero.
La Cdu minaccia azioni legali contro Kohl se non si deciderà a fare i nomi dei finanziatori.
22 gennaio - La tv pubblica tedesca Ard, in collaborazione con France 2, danno notizia dell'affare Elf-Leuna e del coinvolgimento di François Mitterand.
25 gennaio - I revisori della Ernst&Young, incaricati di fare luce nella contabilità del partito, scovano 11 miliardi di provenienza misteriosa.
26 gennaio - Si dimette il ministro delle finanze del Nord Reno Vestfalia
Heinz Schleusser per lo scandalo dei voli pagati pagati ai politici della Spd dalle banche pubbliche.
27 gennaio - Koch corregge i conti: i fondi neri dell'Assia raddoppiano, sono quasi 20 miliardi e di 8 non si trova più traccia.
28 gennaio - Sondaggio: Cdu al 32%, Spd al 41.
29 gennaio - Viene alla luce la pista che porta fino in Paraguay.
La Cdu chiede le dimissioni del presidente della repubblica federale Johannes Rau per il suo coinvolgimento nella questione dei voli privati pagati ai politici della Spd dalle banche pubbliche.
15 febbraio - Wolfgang Thierse, presidente del Bundestag, annuncia che la Cdu dovrà rimborsare 41 miliardi di lire.
16 febbraio - Schaeuble si dimette da presidente della Cdu e da capogruppo della Cdu-Csu al Bundestag.
25 febbraio - Il parlamento estende la sua inchiesta anche alla Spd.
28 febbraio - Friedrich Merz viene eletto capogruppo della coalizione Cdu-Csu al Bundestag.
10 marzo - Kohl annuncia di aver raccolto 5,9 miliardi con una colletta fra magnati dei media e industriali per aiutare la Cdu.
28 marzo - Angela Merkel viene proposta dalla dirigenza della Cdu alla guida del partito.
11 aprile - Il congresso della Cdu elegge Angela Merkel presidente del partito col 95,9% dei voti e un'ovazione di sei minuti.

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