I finanziamenti illeciti della Cdu: una questione europea

L'ora dei conti con Vaduz:
diplomazie in crisi

Lo scandalo dei finanziamenti illeciti alla Cdu ha riportato a galla un vecchio attrito fra il Governo di Berlino e il principato del Liechtenstein, da sempre considerato uno dei principali approdi dei capitali in fuga dalla Germania e da mezza Europa.
Proprio nel pieno del dibattito sui fondi neri dei cristiano democratici il servizio segreto tedesco, il Bnd, invia al Governo un rapporto che descrive Vaduz come un'oasi pronta ad accogliere a braccia aperte il denaro della mafia e dei narcotrafficanti di tutto il mondo, con la complicità, o quantomeno l'accondiscendenza, di politici d'alto livello come l'ex-capo dell'esecutivo Hans Brunhart.

Proprio per i forzieri del principato incastrato fra l'Austria e la Svizzera sarebbero passati diversi milioni di marchi destinati a finanziare la Cdu, dopo essere transitati, e lievitati, in società di comodo. Compreso il denaro proveniente dal gruppo petrolchimico francese Elf Aquitaine e quello dall'Assia. E tra gli avvocati di Vaduz messi sotto accusa ci sarebbe anche un amico personale di Helmut Kohl, Herbert Batliner.

Non appena il settimanale tedesco Der Spiegel, alla fine del '99 (e quindi poche settimane dopo la clamorosa ammissione di Kohl), dà notizia dell'esistenza del rapporto dei servizi segreti, nel piccolo principato scoppia un putiferio. Il più deciso sembra Hans Adam II, un monarca capo di Stato con poteri molto estesi, che minaccia di far esplodere un incidente diplomatico. Per chiarire la questione i due governi concordano un vertice, il 25 gennaio, fra il ministro della Giustizia di Vaduz Heinz Frommelt e la sua collega tedesca Herta Daeuble-Gmelin. Ma Berlino non cede di un millimetro, confermando il contenuto del rapporto. Risultato: rottura completa.

Non c'era, in realtà, bisogno di questi ultimi scandali per dimostrare che il Liechtenstein è una spina nel fianco per il fisco tedesco. Ogni anno magliaia di ricchi cittadini della Repubblica federale riescono a non pagare le tasse dirottando i propri redditi nelle casse del principato. Un fenomeno che, recentemente, si è intensificato. In Svizzera, infatti, le ultime riforme legislative hanno fatto breccia nel segreto bancario, e quello che veniva da sempre considerato il rifugio degli evasori fiscali, adesso viene percepito come un Paese a rischio. Meglio, allora, puntare sul Liechtenstein dove gli istituti di credito appaiono ancora impermeabili a qualunque indagine finanziaria.

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